Prima la messa in riga di Prigozhin e dei suoi mercenari, poi l’arresto di Strelkov. Così il Cremlino risponde all’inedita sfida lanciata dai ‘patrioti’
Il Cremlino impone il silenzio; la narrativa può essere solo la sua; lo stesso discorso vale per le interpretazioni della storia. Ecco la ragione del clamoroso giro di vite contro gli ultranazionalisti russi dopo quelli ripetuti contro i liberali, i dissenzienti in generale e i pacifisti.
Il nervosismo, provocato dall’ammutinamento della compagnia di mercenari Wagner del 24 giugno scorso, non è passato. Mai prima di allora si era registrata una sfida così seria al potere del presidente Putin. E le conseguenze finanziario-economiche del sollevamento sono sotto gli occhi di tutti. In un mese il cambio del rublo contro euro e dollaro è crollato del 20%, tanto da costringere la Banca centrale ad alzare d’urgenza il tasso d’interesse di un punto, visto che anche l’inflazione ha rialzato la testa e la fuga di capitali è massiccia.
All’orizzonte si osservano segnali sinistri. L’opinione pubblica, ubriacata da anni di propaganda sconsiderata, ora pretende la vittoria in Ucraina. Per questo appare delusa e cerca qualcuno con cui prendersela. Prigozhin e la sua Wagner – come gli ultranazionalisti – hanno dato la colpa agli Alti comandi militari. Il Cremlino si è visto superato nella sua dialettica patriottica, quella che fa veramente breccia nella società russa. Quindi è dovuto intervenire per mettere a tacere Prigozhin e ha arrestato per “istigazione all’estremismo” l’ultranazionalista Strelkov.
Igor Girkin-Strelkov è forse il più conosciuto ultranazionalista. Nella primavera 2014, insieme ai suoi uomini, mise a soqquadro il Donbass e contribuì a fondare la “repubblica popolare di Donetsk” – separatasi da Kiev –, diventandone il ‘ministro della Difesa’. Il Tribunale internazionale dell’Aja l’ha condannato all’ergastolo per l’abbattimento del Boeing malese in cui persero la vita 298 persone nel luglio 2014.
Grazie ai suoi social media, molto seguiti e con il consenso del Cremlino, Strelkov è diventato uno dei punti di riferimento dei cosiddetti “patrioti”. Quanti siano numericamente questi ‘patrioti’ nella realtà è difficile a dirsi. Il suo canale Telegram conta su 800mila sottoscrittori. Qui è comparso un messaggio in cui si lancia la campagna per la liberazione del “detenuto politico” Strelkov. Negli ultimi tempi l’ex ufficiale dei Servizi segreti russi se l’era presa sui social sia con gli Alti comandi militari russi – rei di non fare quello che si deve in Ucraina – sia con Prigozhin, con cui i rapporti sono tesi.
La settimana scorsa i suoi strali erano stati rivolti addirittura alla Presidenza della Federazione. “Il Paese – ha scritto Strelkov – non sopravviverà ad altri 6 anni di questa codarda mediocrità al potere”. Il che significa ‘no’ alla rielezione di Putin, il cui mandato scade la primavera prossima.
Senza andare troppo in là col tempo, oggi il potere non vuole soprattutto più sentire critiche contro i Comandi militari, perché queste parole avvelenate possono spaccare la società russa. Per riprendere l’iniziativa Putin ha così rilanciato la sua particolare visione del mondo, affermando che la Polonia ha ricevuto un “regalo” da Stalin nel 1945 per confini a lei convenienti. Da queste parole si comprende che la crisi psicologica russa, una delle cause della tragedia ucraina, è lungi dall’essere superata. Anzi.