Il decano Cedraschi e la futura presidente Ghisolfi a confronto sulle sfide che attendono il parlamento. Frammentato e in attesa della manovra di rientro.
«Meno ideologia e più decisioni». È questo, in estrema sintesi, l’auspicio che in vista della prossima legislatura – che sarà inaugurata martedì 2 maggio – formulano il decano del Gran Consiglio Alessandro Cedraschi (Plr) e la prossima presidente del parlamento Nadia Ghisolfi (Centro). Che, nella sede centrale della ‘Regione’, affrontano a tutto campo problemi e possibili soluzioni per migliorare i lavori del Legislativo.
Partiamo dalla seduta inaugurale. Cedraschi, ha già in mente il discorso che farà come decano?
Cedraschi: Sì. Sarà abbastanza rivolto ai nuovi eletti, ai più giovani, che dovranno farsi una scorza in Gran Consiglio. Non portando idee astruse ma concentrandosi sulle vere necessità. Proverò a fare un appello se non alla concordia, perché a volte è difficile, almeno a un lavoro comune che faccia superare gli ostacoli ideologici per il bene di tutto il cantone: è questo il nostro scopo e il motivo per cui siamo stati eletti. Infine farò sicuramente un piccolo accenno a quanto è emerso da queste ultime elezioni: in un momento dove era importante dare un segno di vicinanza ai ticinesi, la risposta è stata la partecipazione al voto più bassa di sempre e non è un bel segnale. Se non si individuano dei rappresentanti che si vogliono portare in parlamento poi anche il reclamare lascia il tempo che trova…
Ghisolfi, secondo lei che motivi ci sono dietro questo calo della partecipazione?
Ghisolfi: Sicuramente c’è una parte di popolazione che evidentemente è contenta di come vanno le cose, e non ritiene importante esprimersi per chiedere un cambiamento. Ma non dimentichiamo che c’è anche un’altra parte della popolazione che non ha visto la possibilità di questo cambiamento tra le varie proposte sul tavolo. In più la corsa per il Consiglio di Stato era scontata, quindi sono mancati pure incentivi e spinta per andare al voto. Comunque sia è un peccato, tra i giovani ad esempio ho riscontrato che non c’è molta conoscenza di come si vota, come è il sistema, si fa confusione tra Gran Consiglio e Consiglio di Stato, a me hanno chiesto se ero candidata al Consiglio degli Stati…
Cedraschi: C’è anche da dire che oggi i partiti fanno programmi quadriennali dove anche ai giovani parlano di futuro, delle cose che si faranno… ma nel concreto i giovani si aspettano soluzioni immediate senza avere contezza dei tempi della politica, e della complessità dei temi. I partiti quindi dovrebbero far capire ai ragazzi che la politica è importante perché anche i loro interessi siano rappresentati in parlamento.
Un parlamento che, da queste elezioni, è uscito frammentato come non mai. Avvertite il timore che ci si perderà sempre più tra atti parlamentari, emendamenti e lungaggini varie a scapito della concretezza?
Ghisolfi: Sì, temo proprio di sì. I nuovi partiti e i nuovi eletti hanno diritto di parola come tutti e ci mancherebbe altro. Dopo, sta alla sensibilità di ognuno valutare se ogni intervento fatto è davvero importante e pertinente. Non so se ci sarà un rallentamento della macchina, ma quello che sicuramente vedremo sarà un allungamento dei tempi dei dibattiti e delle sessioni.
Cedraschi: La mia paura è che alla valanga di mozioni e iniziative ancora pendenti si aggiunga, con i nuovi arrivati in parlamento, un’altra valanga di atti che porteranno noi politici di milizia a non poter gestire il tutto con una riunione settimanale di commissione.
Per evitare questi ‘rallentamenti’ una soluzione può essere far entrare anche i partiti piccoli, che non fanno gruppo (minimo cinque deputati) nelle commissioni? La copresidente del Ps Laura Riget ha detto che potrebbe semplificare i lavori parlamentari.
Cedraschi: No non è così, anche perché è una proposta che arriva da chi tira più per le lunghe i dossier… Loro tengono molto di più alle questioni ideologiche rispetto a quelle pratiche, per risolvere i problemi. E più ci sono gruppi in commissione, più sarà sistematico il rapporto di minoranza.
Ghisolfi: Nemmeno io sono convinta che risolverebbe il problema. Adesso fanno emendamenti, in commissione farebbero dei rapporti di minoranza. Cambierebbe solo il termine.
La politica di milizia è ancora conciliabile con lo sforzo che viene richiesto a ogni singolo parlamentare?
Cedraschi: Bisogna avere una professione che permetta di liberarsi per gli impegni parlamentari. O sei un professionista, un indipendente o è difficile: uno studente ha difficoltà enormi, ad esempio. Questo sistema è da mantenere, ha un alto valore nella nostra democrazia, perché serve una vicinanza alle persone e al mondo fuori dal palazzo: serve un parlamento il più rappresentativo possibile.
Ghisolfi: Condivido. Ma per me bisognerebbe professionalizzare un poco questo sistema. È importante mantenere un lavoro che permetta un contatto con la società, ma un po’ più di tempo e di retribuzione aprirebbero la possibilità di entrare in parlamento a categorie che adesso non hanno accesso. Se fosse riconosciuto ad esempio come un lavoro al 50%, potrebbero entrare fasce di popolazione oggi non rappresentate. Sarebbe già più facile di adesso, che il lavoro parlamentare chiede magari un 20% ma è spesso la sera e i fine settimana.
In quest’ottica la proposta del Plr di stabilire una soglia di sbarramento al 4% come la vedete? Lei Cedraschi non era tra i firmatari, la sostiene?
Cedraschi: Questa soglia è presente in molti cantoni, anche al 6 o 7%. Sono convinto che il premio a un partito presente sul territorio e viene votato deve essere dato. Le minoranze devono esserci ovviamente, ma non con percentuali così basse. Se chi prende neanche l’1,5% ha due deputati, di quanti elettori è rappresentativo? Di quante schede? Oppure, a questo punto, si passi al maggioritario.
Ghisolfi: Il maggioritario sarebbe proprio un cambio di paradigma, invece la soglia di sbarramento è sicuramente da approfondire: permetterebbe di tenere quello che abbiamo già oggi migliorando i lavori. La critica è che non si sarebbe più democratici, però temo che non saremmo comunque più democratici mantenendo la situazione attuale. Perché si allungano i lavori, aumentano pertanto i costi e non si trovano soluzioni migliori solo perché più partiti sono rappresentati in Gran Consiglio.
Cedraschi: Poi, adesso, ci sono partiti tematici che entrano in parlamento con una sola ragione, non per portare il proprio contributo su ogni tema.
Ghisolfi, durante la sua presidenza il parlamento affronterà un grosso e controverso dossier: quello della manovra di rientro che il Consiglio di Stato presenterà per raggiungere il dichiarato obiettivo del pareggio dei conti cantonali entro fine 2025. Lei dirigerà i lavori ma non potrà né esprimersi sul merito né votare: da sindacalista le dispiace?
Ghisolfi: In questi due anni da vicepresidente del Gran Consiglio, e dunque in un certo senso di apprendistato, ho imparato anche a distinguere i ruoli. Sì, mancherà il mio voto, ma spero di contribuire in maniera diversa al buon esito dei lavori parlamentari, anche in questo caso. Ed è il mio obiettivo principale dell’anno di presidenza, che è, lo riconosco, piuttosto ambizioso considerate le premesse di cui si parlava prima. Farò del mio meglio, ma conto anche di trovare collaborazione.
Al di là dei bottoni che Ghisolfi non premerà in aula, quello della manovra rimane un tema fondamentale che potrebbe condizionare buona parte della legislatura. Il confronto politico si preannuncia acceso, a maggior ragione in un parlamento molto frammentato. Peraltro le elezioni federali si avvicinano e ci sono partiti che stanno già pensando alle comunali del 2024. Rischio bagarre, con conseguente spettacolo indecoroso agli occhi degli elettori, oltretutto in un momento in cui la partecipazione al voto è in calo?
Cedraschi: Sarà fondamentale il ruolo dei partiti di governo. Che in parlamento dovranno sostenere i propri rappresentanti in Consiglio di Stato. Dovranno sostenerli nelle loro decisioni, che saranno sicuramente difficilissime. Io auspico che nella confezione di questa manovra tutti abbiano il coraggio di fare un passo indietro, perché altrimenti non ci muoveremo di un millimetro. Si marcerà sul posto e non si conseguirà il pareggio di bilancio.
Tutti devono fare un passo indietro, ha detto. Eppure, in base al decreto Morisoli, approvato lo scorso maggio in votazione popolare, il pareggio di bilancio dovrà essere ottenuto senza aumentare le imposte e limitando la crescita della spesa pubblica, per l’opposizione tagliandola…
Cedraschi: Dobbiamo essere in grado anche di dire di no, accantonando ciò che può essere accantonato, posticipando ciò che può essere è posticipato. Del resto succede, o dovrebbe succedere, nella vita: posso acquistare quell’auto di lusso? Se non ho abbastanza soldi, se mi indebito eccessivamente, no, non posso permettermela. E poi bisogna chiedersi se tutte le necessità debbano ricevere una risposta.
Beh, dipende dalle necessità.
Cedraschi: D’accordo, ma è normale che tutti vogliano avere, per fare un esempio, un ospedale sotto casa?!
Ghisolfi: In questi anni da deputata mi sarebbe piaciuto vedere un lavoro vero all’interno dell’Amministrazione cantonale a livello di revisione dei compiti. Ma non per andare a tagliare il personale, sarei la prima a non volerlo. Però anche lo stesso personale non è del tutto contento di come si sta lavorando. Ci sono uffici che lavorano troppo e sono in burnout. Altri che hanno poco da fare. Un accento va posto sulle risorse umane e sulla loro gestione. Se si fa questo tipo di analisi in seno all’Amministrazione, si riuscirà a risparmiare.
In Gran Consiglio si partirà col botto: il plenum dovrà decidere sulla ripartizione dei seggi nelle commissioni parlamentari dopo il reclamo del Ps, che secondo i nuovi calcoli perderebbe una poltrona. Come mai ci si accorge solo ora delle implicazioni pratiche di una disposizione di legge, quella sull’esercizio dei diritti politici, entrata in vigore nel 2019?
Ghisolfi: Ci si sarebbe dovuti accorgere prima delle implicazioni. Emergono ora perché è la prima volta che questa disposizione della legge sull’esercizio dei diritti politici viene applicata in relazione alle elezioni cantonali e quindi alla legge sul Gran Consiglio. Se la si considera da sola, non pone problemi di interpretazione, perché dice che il quoziente va approssimato, arrotondato al numero intero superiore. C’è però chi sostiene, citando anche la legge sul Gran Consiglio e la Costituzione cantonale, che la suddivisione dei seggi nelle commissioni basata sul quoziente intero limita la portata del principio della proporzionalità, ciò che non sarebbe la volontà del legislatore. Deciderà il Gran Consiglio.
Cedraschi: Si vota su cosa?! Su come vada interpretata una norma?! Come ha scritto Bruno Cereghetti (ex deputato del Ps, ndr) sul Corriere del Ticino di oggi (ieri, ndr), la disposizione legislativa è molto chiara.
Ghisolfi: Il problema è che se il plenum del Gran Consiglio non si pronuncia, le commissioni non possono iniziare a lavorare e non vi è la possibilità di un eventuale ricorso. Se non c’è una decisione non ci può essere un ricorso.
Cedraschi: Mi auguro che in questi giorni che precedono la seduta i gruppi parlamentari si mettano d’accordo, per evitare almeno la gazzarra in aula nella seduta costitutiva.
Marco Romano non si ricandiderà a ottobre per il Consiglio nazionale. Ghisolfi, sta pensando di mettersi a disposizione?
Ghisolfi: Sono convinta che nella nostra rosa di candidati per il Nazionale ci vogliano anche profili femminili, e che ci vuole una lista forte. Detto questo, non sto facendo alcuna riflessione: per ora voglio concentrarmi su questo anno di presidenza del Gran Consiglio.