Gli esordi ticinesi, il garage Candeletta, il ricordo di Costanzo e lo spettacolo con Vittoria Belvedere, il 19 marzo al Cinema Teatro ‘sotto la neve’
Tutto accade durante un lockdown non causato dal virus bensì dalla neve, ed è una doppia finzione: sia perché la vicenda è il soggetto di una pièce teatrale, sia perché ‘Bloccati dalla neve’ è stato scritto dal suo autore, Peter Quilter, proprio durante il primo lockdown del 2020. Patrick (Enzo Iacchetti) è un uomo di mezza età («Un po’ più di mezza età, mezza età avanzata», specifica Enzino) che tende verso la misantropia assoluta; Judith (Vittoria Belvedere) è una donna che vive poco lontano e tenta di ‘installarsi’ da Patrick, mentre la polizia locale intima a tutti di restare in casa per questioni di sicurezza. Quanto basta perché la pace di Patrick sia turbata.
«Siamo in un bel momento di repliche e di risultati. Credo che quello di Chiasso sarà uno spettacolo bellissimo». Il Canton Ticino riabbraccia Iacchetti, visto l’ultima volta in tv per lo spettacolo di Capodanno della Compagnia Flavio Sala, ‘A Natale siamo tutti Pistoni’, nei panni del proprietario del garage concorrente, il Candeletta. L’ultima volta di Iacchetti su queste pagine era il 2018, prima del programma tv ‘Politicamente scorretto’ e del successivo ‘Libera nos domine’, portato proprio a Chiasso. Da allora alcune cose sono cambiate: la Globus in Ticino non c’è più (il giovane Enzo vi lavorò, ce lo disse in quell’occasione), ma non è la sola assenza…
Oltre a Enzino, adesso possiamo chiamarti anche Alfio?
Alfio Candeletta? Enzino va bene, però nei panni di Alfio è stata una bellissima esperienza. Recitare in dialetto ticinese è stato per me una prova di studio, come faccio ogni qualvolta provo a imparare le cadenze dei posti in cui vado a lavorare. Era un’idea che avevo con Flavio Sala da parecchio tempo. Pare sia andata bene, anche se quando parlo ticinese si sente che non sono proprio del posto. Credo però che l’italiano che sta lì da vent’anni non parli troppo diversamente da come ho parlato io. Ho visto i ragazzi divertirsi molto, io ci ho messo tutto l’impegno possibile.
In fase di presentazione della commedia, Flavio Sala ci ha detto di quanto tu tenessi a recitare ‘in lingua’…
È vero, era un mio desiderio. Io frequento il Canton Ticino da quand’ero ragazzo, credo di avere cominciato proprio lì, giovane giovane, alla Rsi, prima alla radio e poi alla televisione. Parlo di trent’anni fa, il pubblico ticinese è sempre rimasto nel mio cuore. E sono molto felice di essere a Chiasso domenica.
Mi permetto un salto indietro al 2018, ai tempi del tuo ‘Politicamente scorretto’ con Nicolò Casolini alla Rsi. Dicevi: "Costanzo, che ci vede avanti chilometri anche adesso che è anziano, mi prese con sé. Per lui ero la manna dal cielo. Bastava che mi guardasse, io leggevo una sciocchezza, e lui era libero di cambiare discorso". Posso chiederti un ricordo?
È stato fondamentale per me averlo conosciuto ed esserci subito sintonizzati. Ho capito che il suo show era il posto giusto nel quale cominciare la mia carriera, e lui è stato bravo a tirar fuori tutto ciò che desiderava da me, perché con me Maurizio è stato più regista che non intervistatore, mi dava consigli, me li ha sempre dati. I primi giorni dopo la sua morte sono stati un po’ drammatici, il pensiero è ancora lì. Speriamo solo ci sia qualcosa dall’altra parte, su nelle nuvole, in modo che lui sia più sereno, tranquillo e che si riposi, perché nella sua vita non si è mai riposato.
Ricordi la tua prima puntata al Maurizio Costanzo Show?
Ho ricordi tanto nitidi che dovremmo stare al telefono altre due ore. Ricordo che era una puntata sulla Guerra del Golfo, quella del primo Bush, e io ero l’unico chiamato a far ridere; ero molto preoccupato perché c’erano i ministri delle nazioni coinvolte nel conflitto; ho dovuto far ridere in un momento di drammaticità e quando Maurizio l’ha capito, ha mollato la guerra ed è venuto lì da me, ad ascoltare le mie sciocchezzuole. Ha alleggerito di molto la trasmissione. Subito dopo, mi ha dato tante altre puntate. Nei quattro anni successivi ne ho fatte quasi duecento.
‘Regista’, Costanzo, ma anche ‘spalla’...
Lui è stato spalla di tutti, poi toccava agli altri capire questa sua predisposizione. Io l’ho capita subito, e del suo essere così bravo in quel ruolo ne ho un po’ approfittato.
Rileggendo le tue parole ci si accorge che non c’è più nemmeno Gigi Proietti. Avevi detto: "È lui il vero comico, il vero attore a 360 gradi. Tutti gli altri, tutti noi altri siamo solo normalissimi ‘figli di’". Come si convive con i punti fermi che se ne vanno?
Si convive con il lavoro che si fa. Quando porto in scena le commedie penso sempre alle persone che lo hanno fatto prima di me, che hanno avuto grande successo e sono state tanto amate dal pubblico. Gigi apparteneva a questa categoria e nella mia generazione, e in quella di qualche anno dopo, lui è stato il numero uno della commedia, del teatro leggero, anche se la sua carriera include cose importanti come il Globe Theatre di Roma. Questi maestri sono sempre davanti: senza fare paragoni, tra di noi ci si racconta l’aneddotica di una vita in giro, perché alla fine siamo sempre in giro, e lo sono sempre stati anche loro.
Venendo a Chiasso: detto in forma bonsai, cos’è ‘Bloccati dalla neve’?
È la storia di due solitudini, lui che ha passato tutta la vita da solo e lei che da sola ci è rimasta. ‘Bloccati dalla neve’ è pieno di gag, di cose belle, e lancia un solo messaggio, in modo molto tenero: quello di volersi bene, di stare insieme il più possibile, di non chiudersi mai in solitudine totale, perché la vita è una sola.
Patrick, il tuo personaggio, viene definito "uomo solitario e un po’ scorbutico": da dove hai attinto?
Da me stesso, naturalmente (ride, ndr). La fatica più grossa per arrivare al personaggio l’ha fatta Vittoria, perché Judith è particolare, ma alla fine si rivela teneramente sola come Patrick. Io sono sempre da solo e mi ci trovo bene. Sarà che più divento vecchio e più sono portato a selezionare, sono sempre più esigente nel decidere con chi stare. Poi, quando trovo la compagnia giusta, divento anche allegro, sia chiaro…
Per concludere. Nel 2018 era febbraio, e a marzo in Italia ci sarebbero state le elezioni. Ti definivi "deluso", in un certo senso ‘spiazzato’. Le ultime elezioni non sono passate da molto: spiazzato lo sei ancora?
Sempre, lo sarò sempre, e ora lo sono di più, dico la verità. Non ha buone tradizioni politiche l’Italia, che è bella per miliardi di cose e per la politica un po’ meno. Ma credo sia così ovunque: a volte, noi cittadini che paghiamo le tasse non sappiamo renderci conto di cosa possa significare guidare un Paese, o trarre vantaggi dal fatto di essere un Paese meraviglioso. Politicamente, forse questa opportunità non è stata ancora capita. Che vuoi che ti dica: alla mia età ho smesso di preoccuparmi, mio figlio è grande, e non è un discorso egoistico. Adoro i giovani, li aiuto volentieri, soprattutto quelli che resistono e non si lasciano andare. Un po’ come abbiamo fatto noi, quando siamo stati una generazione piena di speranze.