Il sostituto prima parte dell’Osi ha pubblicato un cofanetto con i sei celebri lavori del ‘padre della musica, pieni di pathos, maestosità ma pure umiltà’
Composte tra 1717 e 1723 quando era Kapellmeister a Köthen, le sei Suites per violoncello di Johann Sebastian Bach sono una pietra miliare per ogni violoncellista e, più in generale, molto vicine al concetto di patrimonio dell’umanità. Non ebbero una gran fortuna all’inizio, nel romanticismo furono considerate addirittura dei semplici studi, per quanto possa essere definito ‘semplice’ qualcosa concepito da Bach. Sebbene Robert Schumann ne avesse composto un accompagnamento al pianoforte, segno che fossero comunque ben presenti nell’Ottocento, la diffusione delle Sei suites e la loro salita alla ribalta si deve al musicista spagnolo Pau Casals che le riscoprì e, nel 1936, le incise per la prima volta. Quasi novant’anni dopo, e dopo essere diventate bagaglio di ogni virtuoso dello strumento, le Sei suites toccano da vicino anche il Canton Ticino grazie a Felix Vogelsang, sostituto prima parte dell’Orchestra della Svizzera italiana, che ha recentemente pubblicato il cofanetto ‘Bach im Spiegel’. Registrate all’Auditorium Stelio Molo di Besso con la collaborazione della Rsi, e con l’aiuto del Tonmeister Michael Rast, il violoncellista dell’Osi ha eseguito le Sei suites accompagnando, al termine di ogni suite, un brano inedito affidato a un compositore contemporaneo per dare un’idea di «eredità, trasmissione e riflesso di Bach nella società di oggi, un po’ come la custodia del violoncello che si riflette nella copertina», spiega a ‘laRegione’ il professore d’orchestra tedesco che eseguirà ampie parti delle Suites nella Hall del Lac giovedì 16 febbraio alle 18 (ingresso libero).
Da cosa è nata l’idea di registrare le Sei Suites?
Dal fatto che per me Bach è sempre stato il padre della musica, è stato sempre presente nella mia infanzia. Non c’era un Natale senza l’"Oratorio di Natale", né una Pasqua senza "La passione di S. Giovanni" o quella di S. Matteo. Mi sono sempre sentito molto vicino alla musica di Bach. Le Sei Suites per violoncello sono come una Bibbia per chi suona il mio strumento. La musica è sempre uno specchio della società, ma malgrado il fatto che sono passati 300 anni, la musica di Bach è ancora molto attuale. All’epoca di Bach era in atto una guerra di trent’anni, c’era una mortalità infantile devastante, le malattie come la peste colpivano crudelmente. Poco fa abbiamo dovuto vivere anche noi una pandemia, e in Europa si svolge anche oggi una guerra. Ma l’aspetto affascinante è che malgrado tutto ciò, Bach è riuscito a creare questo ciclo di Suites e tutta la sua opera.
Quali difficoltà si incontrano davanti a un’opera simile?
È un crescendo di difficoltà tecniche, dalla prima alla sesta suite. La sesta è senz’altro la più difficile per la mano sinistra. La quinta è però la più enigmatica musicalmente, e da "rendere" musicalmente bene è molto difficile anche lei.
C’è un’architettura che tiene insieme con un filo queste Suites?
Altroché. Come tonalità si passa da Sol maggiore verso Re minore fino a Do minore, la tonalità più oscura che esista, quella della morte. Poi però c’è un Re maggiore giubilante, quasi un alleluia nella sesta, della quale il ‘prelude’ ha uno swing gioioso, un ritmo danzante con un polso che festeggia la vita. E un altro filo rosso che collega le Suites è la religione: non potremo mai capire abbastanza quanto fosse importante nel mondo barocco, in Bach c’è sempre un ‘soli Deo gloria’ di sottofondo. Con un’umiltà che stupisce sempre ancora oggi. Un’umiltà che viaggia assieme al pathos, alla maestosità nella composizione, al carattere. In Bach c’è davvero tutto.
Che sensazioni ha provato a registrarle per la prima volta dopo averle suonate e ascoltate per una vita?
Molto divertente e soddisfacente. Un esempio: visto che storicamente le Suites cominciavano spesso con una improvvisazione e non con un ‘prelude’ composto ho cercato di suonarle quasi ‘improvvisando’. Mi prendo tante libertà di fare rubati e cambio addirittura i tempi dell’esecuzione. Ma solo nel prelude! Tutti gli altri movimenti sono danze che, sebbene stilizzate, richiedono un ritmo preciso sul quale è possibile muoversi. Bisogna ricordarsi anche che ai tempi di Bach il metronomo non esisteva ancora… È stato fantastico esplorare questo repertorio sempre più profondamente, lo potrei fare per il resto della mia vita!
A cosa si deve la scelta di accompagnare le Suites a brani inediti affidati a compositori contemporanei o ‘riscoperte’ del passato?
Avevo voglia di trasmettere la continuità di Bach, un ponte tra passato e presente per far capire ancora di più l’attualità di un compositore sensazionale. Per questo ho chiesto a Gerhard Gemke, Chunhe Gao, Paul Glass, Jérémie Rhorer e Carl Theodor Hütterot di comporre brani ispirati a un movimento delle suite 1, 2, 3, 4, e 6. Per completare il progetto ho scelto la prima suite del compositore svizzero Ernest Bloch perché ha un stretto legame con il ‘prelude’ della quinta suite. E ci tenevo di rendere questo brano bellissimo più noto.