Il copresidente Ps respinge le ‘dietrologie’ e si dice favorevole alla discussione in Gran Consiglio dell’interpellanza su molestie e mobbing
«Il Partito socialista ritiene che sul caso Unitas si debba fare chiarezza al più presto, portando la discussione in Gran Consiglio prima delle elezioni cantonali di aprile e garantendo alle vittime di mobbing e molestie – in questo come in ogni altro caso – la massima trasparenza e tutela». Il copresidente Fabrizio Sirica non usa mezzi termini per ribattere alle «dietrologie» che avrebbero investito il suo partito sul caso dell’associazione per ciechi e ipovedenti della Svizzera italiana, Unitas appunto: decenni di presunti abusi da parte di un dirigente che sono stati oggetto di un audit non ancora reso pubblico, ma che stando all’associazione e al Cantone ha evidenziato criticità e carenze nei meccanismi di organizzazione e controllo. Ora un’interpellanza interpartitica chiede risposte al Consiglio di Stato, ma salvo sorprese l’Ufficio presidenziale del Gran Consiglio la commuterà oggi in interrogazione, escludendo il dibattito in aula questa settimana in favore d’una risposta scritta. Si allungano così i tempi, forse fino a dopo le cantonali. La spiegazione: le domande poste sui fatti e le responsabilità dell’accaduto soddisfano sì il criterio dell’interesse pubblico (Unitas riceve finanziamenti dallo Stato), ma non quello dell’urgenza, anch’esso dirimente per giustificare una risposta orale e la possibilità di una discussione generale in parlamento.
Sirica, il suo partito è l’unico che non ha firmato l’interpellanza del verde Marco Noi, sottoscritta invece da Centro, Plr, Lega, Udc, Più Donne. La notizia ha destato qualche sospetto: il ‘vostro’ consigliere di Stato, Manuele Bertoli, è stato direttore e vicepresidente di Unitas e ancora oggi siede nella fondazione che vi fa capo. Cosa risponde a chi insinua che state cercando di difenderlo?
La verità è che noi condividiamo il principio alla base dell’interpellanza e la richiesta di trasparenza. Quando il primo firmatario ha chiesto ad alcuni colleghi di vari partiti di firmarla, una collega socialista ha chiesto di riformulare un paio di domande riguardanti le vittime: la richiesta di informazioni dettagliate su date e durata degli episodi di molestie e mobbing rischiava di far identificare le vittime, un aspetto al quale la Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne chiede di prestare grande attenzione. La proposta era quella di rivedere le domande in modo da chiedere conto delle responsabilità dei dirigenti senza esporre le vittime, per poi sottoscrivere l’atto. Il primo firmatario è andato avanti lo stesso per questioni di tempo, ed ecco perché non c’è la nostra firma.
Capisco la prudenza, ma col senno di poi non era meglio firmare?
Per l’importanza che la questione riveste da un punto di vista politico e sociale – lo dico nel pieno rispetto delle motivazioni della collega – sarebbe stato importante dare un segnale di vicinanza, personalmente l’avrei firmata se fossi stato interpellato. Resta comunque il fatto che noi sosteniamo lo spirito dell’interpellanza. Lo dico chiaramente: il Partito socialista non intende insabbiare nulla né difendere nessuno, sono qui a prendere chiaramente posizione perché già solo il dubbio non è per noi ammissibile, per i nostri valori, per il nostro impegno, ma soprattutto per il rispetto delle vittime. Penso che da questo punto di vista sia stato montato un caso dettato da improbabili dietrologie e la nostra disponibilità a discuterne in aula lo dimostra.
La decisione di "fare melina", passando ai tempi e ai modi della risposta scritta, viene dall’Ufficio presidenziale guidato dalla presidente del Gran Consiglio Gina La Mantia (Ps), coadiuvata dai suoi vice e dai capigruppo partitici. C’è una responsabilità socialista nella scelta?
No. Non posso naturalmente violare il segreto d’ufficio, ma voglio fugare qualsiasi dubbio: difendiamo da sempre la massima trasparenza e siamo per la discussione delle interpellanze in parlamento, fin da quando (era il 2021, ndr) si è modificata la Legge sul Gran Consiglio per introdurre il criterio dell’urgenza, che per noi deve valere ogni qualvolta un deputato ritenga un tema prioritario. Questo caso non fa eccezione. Il Ps è dunque per una discussione appena possibile, al più tardi – qualora oggi il Dipartimento sanità e socialità non abbia pronte le risposte – entro la sessione del mese prossimo. Chiarito che questa è la nostra posizione, specifico che La Mantia si è espressa come presidente e a nome della maggioranza dell’ufficio presidenziale: non può esprimersi sulla base della propria opinione personale. Avete rimarcato che l’atto è firmato da tutti i partiti tranne il Ps, eppure c’è una maggioranza che l’ha tramutata in risposta scritta. Se qualcosa non torna occorre chiedere agli altri partiti come si sono espressi e perché, altro che dietrologie sul Ps.
Si diceva di tutelare le vittime: sono proprio molte di loro che chiedono una discussione urgente e aperta.
E questa richiesta, lo ripeto, noi socialisti la sosteniamo e la sosterremo sempre. In Gran Consiglio prenderò posizione in questo senso. Andiamo dunque avanti con l’interpellanza. Le vittime hanno il diritto di sapere, anche attraverso l’accesso all’audit, e questo non solo nel caso corrente: la istituzioni e la politica devono incoraggiare chiunque si trovi in condizioni analoghe, facendo di tutto – in termini di dibattito, di legislazione e di risorse – perché nessun episodio rimanga sommerso.