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Faccio un gesto e manifesto

Partiamo da ‘Fuga dal Natale’ per tentare di conoscere lo street artist Andrea Villa che, con ironia, si beffa delle brutture della società

‘Fuga dal Natale’
(© Andrea Villa )
24 dicembre 2022
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Gesù è stanco di doversi sacrificare ogni anno (da duemila anni) per un’umanità che continua a fare guerre, che è sempre più razzista e poco incline a imparare dagli errori commessi in passato. Gesù è stanco e sfiduciato, decide quindi di tornarsene in cielo e fregarsene di salvare le anime di tutti noi. Lo fa appendendosi a un palloncino rosso, mentre San Giuseppe e la Vergine Maria lo guardano allontanarsi increduli. Grossomodo, questa è la storia che sta dietro a ‘Fuga dal Natale’ di Andrea Villa, di Torino. Il manifesto è l’ultimo in ordine di tempo realizzato dallo street artist 2.0, che si è ispirato all’olio su tavola di Lorenzo Lotto ‘Adorazione del bambino’, affisso lo scorso 14 dicembre in Corso San Maurizio a Torino (non la pala d’altare, specifichiamo, che è custodita alla National Gallery of Art di Washington).

Il periodo è quello giusto, il soggetto del manifesto anche, prendiamo quindi la proverbiale palla al balzo e facciamo due chiacchiere con Andrea Villa, definito da Forbes uno fra gli street artist più influenti del 2022, pubblicando il suo manifesto raffigurante Putin con un rasoio a mo’ di baffetto hitleriano (parte di un’intera "campagna" con volti noti della politica). Nientedimeno.

Anonimato

Se da un lato è possibile scrivere dei suoi manifesti perché ampiamente descritti, alcuni dei quali con una considerevole eco mediatica; dall’altro, le informazioni circa la personalità dello street artist sono scarne. Ah, non l’ho scritto prima: Andrea Villa non si chiama Villa Andrea, che è uno pseudonimo (e il nome vero non è noto alla redazione). L’Andrea quello vero è un passante qualunque che condivise su Twitter la foto di un manifesto affisso dal ventenne (questa, almeno, è la narrazione corrente). Il giornale ‘Libero’ pubblicò la foto del vero Villa attribuendogli anche il cartellone. Il nome rimase quello. «L’ho assunto per esplicare come il successo, la visibilità e la percezione del reale sono dati quasi solo ed esclusivamente dalla visione dei media», spiega. (E qui, iniziamo a fare attenzione a ciò che ci dice, non vorremmo essere fra quei media). Di là dal nome, l’artista non si mostra mai in pubblico a viso scoperto, vestendo una maschera riflettente. In un’epoca in cui l’egocentrismo artistico è in certi frangenti preponderante sull’espressione (spesso soffocandone il contenuto), fare una scelta di anonimato – così come coprirsi il volto – sembra andare controcorrente. Ma la scelta ha precise ragioni: «Noi siamo nel mondo ciò che i social dicono che siamo. Siamo oltre l’era dell’opera d’arte nella sua riproducibilità tecnica; siamo nell’epoca dell’individuo nella sua riproducibilità visiva. Quindi la mia maschera rappresenta uno schermo, perché noi siamo lo schermo che ci rappresenta, non il nostro volto». Ma aggiunge anche che non è propriamente «un artista classico»: lavora con i media e con i mezzi di informazione, elaborandone «significati e significanti», realizzando un ibrido fra capolavori della storia dell’arte e meme.


© Andrea Villa
In maschera

Di lamette, baci e capelli

Compiendo una visita virtuale del suo account Instagram (andrealvilla), ci si imbatte in un bestiario moderno (la definizione va allargata) con politici, sportivi e personaggi del mondo dello spettacolo che Villa raffigura su manifesti satirici. Fra i lavori citiamo uno degli ultimi ‘Hanno FIFA dei gay?’, esposto all’incirca un mese fa, prima dell’inizio dei Mondiali in Qatar. Con il bacio fra i calciatori Henry (che potrebbe essere pure Mbappé) e Ronaldo, divenuto virale, l’artista ha voluto lanciare il dibattito sulla questione dell’omosessualità nel calcio professionistico, un tabù ancora oggi molto forte, polemizzando fors’anche con il divieto di sventolare la bandiera arcobaleno durante le partite della coppa del mondo. C’è poi una Venere botticelliana rivisitata, che con forbici rosse si taglia una ciocca di capelli a sostegno delle proteste delle donne contro il regime in Iran.


© Andrea Villa
Venere

Citare tutti i suoi lavori, facendoli stare in questo spazio, è impossibile; procediamo allora spediti nel viaggio a ritroso e arriviamo al 2014, quando lo street artist ha realizzato uno dei suoi primi manifesti: ‘Il quinto stato - Solo chiacchiere e vitalizio’ (2014). Nel cartellone una ridda di politici italiani marcia verso l’osservatore: i capifila sono Casini, Renzi e Santanché con un piccolo Berlusconi fra le braccia. L’opera si ispira al potente ‘Il quarto stato’ del pittore piemontese Pellizza da Volpedo ed è postillata con la riformulazione della celebre battuta tratta da ‘Gli intoccabili’ di Brian De Palma: "sei solo chiacchiere e distintivo", detta da Al Capone. L’intento è cristallino, il manifesto è una rappresentazione beffarda della classe politica di allora, messa alla berlina dall’arte con molta efficacia.


© Andrea Villa
Il quinto stato

Minimalismo di forma e contenuto

L’espressione creativa di Andrea pesca da più fonti: la storia dell’arte, la cultura popolare e di massa, il mondo della pubblicità, tanto per citare le principali. Il risultato della sua ricerca viene affisso nottetempo, fotografato, postato sui social dove inizia il suo viaggio nel mare magnum della rete, approdando anche sui portali di organi informativi.

Circa i contenuti – che nel corso degli anni dal locale si sono aperti al globale – il nostro interlocutore se la prende con tutto ciò che di storto c’è nell’attualità, lo rielabora cristallizzandolo. L’idea è innestata su capolavori di Pellizza da Volpedo, Guttuso, Botticelli, Lotto, che sono alcuni dei maestri dell’arte che Andrea Villa cita nei suoi lavori. Il linguaggio pubblicitario è il perno su cui costruire la composizione, guardando in particolare al lavoro di «Armando Testa: immagini sintetiche e di impatto, claim asciutti e incisivi». Insomma la regola d’oro è ‘less is more’, perché «più tolgo, più il concetto emerge». I suoi manifesti, spesso dissacranti, hanno tre livelli di lettura, partendo da quello superficiale «che fa ridere o arrabbiare; uno intermedio che spiega il problema e un terzo più profondo e riflessivo, dove lo spettatore cerca la soluzione al problema posto».

Dall’omosessualità nel calcio, alla questione ambientale (con la campagna #maskpollution), a quella politica tout-court, ai fatti d’attualità (come le proteste delle donne iraniane), i lavori del piemontese si fanno portatori di un messaggio su cui è necessario riflettere o almeno soffermarsi.


© Andrea Villa
Hanno FIFA dei gay? Il bacio di Henry (Mbappé?) e Ronaldo

Calderone sociale

Evocato spesso come il "Banksy torinese", Andrea è definito principalmente uno street artist 2.0: parte dalla strada, ma soprattutto si muove in rete, disponendo così di due spazi espositivi. Il rapporto con il web è cruciale, perché il supporto cartaceo del manifesto è effimero, mentre la diffusione online permette ai suoi lavori di sopravvivere e raggiungere più persone. «Il mio lavoro vive in rete perché la rete è il vero calderone sociale del nostro tempo. È un media freddo anzi, gelido (citando McLuhan): è plasmato dagli utenti, quindi necessita di una grande partecipazione collettiva. Altri invece dicono che sia caldo, perché inonda di informazioni gli utenti, che non riescono più a capire cosa sia reale e cosa no. Io cerco di esserne distaccato, anche se spesso è facile farsi coinvolgere» e cadere nelle fake news (a meno che non sia egli stesso una bufala).

Andrea Villa realizza e affigge manifesti da una manciata di anni, da quando ha cominciato dice «avere uno scopo. E se hai uno scopo, sei sempre felice».
© Keystone
Zelensky e Putin