Riaperta la fase istruttoria per approfondire il caso dopo che la radiologa ha detto, per la prima volta a processo, di non aver visto né ordinato il test
Ci vogliono ulteriori approfondimenti per stabilire le eventuali responsabilità della radiologa 52enne residente a Lugano nel presunto errore medico che provocò gravi danni di salute e l’asportazione di un seno alla donna visitata nel 2019 alla clinica Moncucco. Occorrerà un altro dibattimento per il quale verrà richiesta, forse, una nuova perizia oppure l’audizione della perita che ha allestito il referto. Lo ha stabilito il giudice Siro Quadri oggi, nella giornata in cui era attesa la sentenza. Nel processo celebrato lo scorso 9 novembre, infatti, per la prima volta, la radiologa ha detto di non essere stata a conoscenza della tomosintesi (mammografia a raggi X) chiesta ed effettuata sulla paziente, ma ordinata da un altro medico. Un elemento nuovo, questo, che ha impedito al giudice di stabilire le eventuali responsabilità dell’imputata, che oggi lavora in uno studio privato.
L’imputata, lo ricordiamo, ha contestato il decreto d’accusa allestito dal procuratore pubblico Zaccaria Akbas, con la relativa condanna a 120 aliquote giornaliere, in altre parole sei mesi sotto forma di pena pecuniaria di 61’200 franchi. Il referto peritale, ha ricordato il rappresentante dell’accusa in aula penale, aveva già stabilito che la tomosintesi evidenziava una opacità anomala, visibile su due immagini, e questo avrebbe imposto un altro approfondimento, come una nuova ecografia ed eventualmente una nuova mammografia dello stesso genere sei mesi dopo. Perché? Perché le analisi svolte all’insaputa della radiologa hanno evidenziato diversi indizi di un possibile tumore. Nella requisitoria pronunciata lo scorso 9 novembre, il procuratore pubblico ha ribadito la stessa richiesta di pena, confermando la svista diagnostica, o meglio, l’omissione a carico della dottoressa. Filippo Ferrari, legale della 52enne, nell’arringa, ha invece messo in dubbio gli accertamenti svolti e, per la sua assistita, ha chiesto il proscioglimento dal reato di lesioni colpose.
Il fatto nuovo è emerso soltanto al processo celebrato a Mendrisio, siccome l’imputata, come suo diritto, durante le indagini si è avvalsa della facoltà di non rispondere. Da qui, la decisione del giudice Quadri, che, tecnicamente ha riaperto la fase istruttoria, vuole capire se l’imputata avrebbe comunque potuto riconoscere gli indizi di tumore al seno anche senza la tomosintesi, per quali ragioni la 52enne non ha ordinato l’esame e se avrebbe dovuto farlo.