Il consigliere nazionale Bruno Storni sollecita Berna sui criteri in vigore per finanziare le pareti foniche: ‘Risalgono al lontano 2006’
Durante l’ultimo decennio il tema è ciclicamente tornato alla ribalta della cronaca politica cittadina. Ma questa volta supera il livello istituzionale locale, varca le Alpi e va a planare sul tavolo del Consiglio federale. Parliamo dell’impatto fonico di cui soffre la golena di Bellinzona. Nell’edizione di sabato 30 luglio abbiamo riportato le opinioni critiche raccolte durante una nostra visita sul posto: tutte le persone incontrate e interpellate hanno posto il rumore proveniente dalla vicina autostrada al primo posto delle pecche di un luogo preposto allo svago e al relax ma dove in realtà il fastidioso sottofondo la fa da padrone. Un problema, ricordiamo, che il Municipio aveva preso a cuore già nel 2011 inoltrando un’opposizione contro il progetto di protezione fonica autostradale elaborato dall’Ufficio federale delle strade (Ustra) per il tratto compreso fra gli svincoli di Camorino e Castione poiché non prevedeva (come non lo prevede tutt’oggi) la costruzione di ripari antirumore in corrispondenza delle zone golenali situate al di fuori degli abitati di Sementina, Monte Carasso, Carasso e della Torretta. Il ricorso di dieci anni fa non venne accolto avendo l’Ufficio federale dei trasporti ritenuto il progetto conforme all’Ordinanza federale contro l’inquinamento fonico e non essendo riuscito nemmeno l’Ufficio federale dell’ambiente – che a voce sosteneva la posizione municipale – a portare un metodo di calcolo che giustificasse la sostenibilità finanziaria dell’auspicato completamento. Ufficio che in definitiva, per iscritto, finì per dichiarare che il progetto – entrato proprio in questi mesi nella fase realizzativa – risponde a criteri basati essenzialmente sulla presenza di contenuti residenziali. Da qui, al termine dell’iter ricorsuale, la crescita in giudicato avvenuta nel 2017.
«Il problema sta dunque nel manico e la soluzione va perciò ricercata a monte modificando la base legale federale», dichiara alla ‘Regione’ il consigliere nazionale socialista Bruno Storni, che in qualità di membro della Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni si è ripetutamente attivato con l’obiettivo di mitigare l’impatto autostradale sul territorio elvetico. «Dal vostro articolo emerge chiaramente, dando voce per una volta ai molti utenti, che la situazione in golena è chiaramente inaccettabile. Per conto mio l’impossibilità di posare pareti foniche non sta in piedi, perciò ritengo che Legge e Regolamenti vadano modificati». Risale difatti allo scorso maggio la sua interrogazione denominata ‘Stato risanamento inquinamento fonico autostradale nelle zone di svago con un grado di sensibilità al rumore 1’. Così facendo «miro a capire la situazione in generale e in quale forma presentare una mozione che mirerà a correggere la base legale». La tempistica indica una risposta di Berna entro settembre. «L’argomento sollevato dal vostro giornale è importante – aggiunge Bruno Storni – e a mio avviso anche le zone di svago, soprattutto in ambito urbano, vanno protette dalle immissioni di rumore in particolare autostradale. Emblematico è proprio il caso della bellissima area golenale della Città di Bellinzona, oltretutto oggetto di notevoli investimenti per rinaturare l’alveo e le sponde del fiume Ticino. Stiamo parlando di svago a chilometro zero e non esiste che venga compromesso da un tale baccano». Quanto alla base legale, il consigliere nazionale evidenzia che Ustra «purtroppo si basa su un indice di fattibilità delle protezioni foniche con criteri del 2006, i quali prevedono benefici monetizzabili che si possono calcolare su edifici ma non su aree di svago. Probabilmente in Svizzera ci sono altre situazioni, analoghe a quella di Bellinzona, che andrebbero risanate. Chiedo al governo d’indicare dove sono».
Da qui le sue domande pendenti davanti al Consiglio federale. L’Ordinanza contro l’inquinamento fonico – premette Storni nel testo – determina in Gradi di sensibilità (Gds) i valori limite d’esposizione al rumore e di conseguenza le esigenze di protezione fonica: "Il Gds 1 è attribuito alle zone con il più elevato bisogno di protezione dal rumore, ossia in particolare le aree destinate allo svago e al riposo come i parchi e gli spazi verdi". Tuttavia la fattibilità dell’implementazione di misure fisiche di protezione contro il rumore, ad esempio le pareti foniche, "viene calcolata secondo criteri economici abbastanza severi analizzati in due fasi: dapprima la fase A che include la sostenibilità economica e la proporzionalità (Sep); poi la fase B che include l’Indice di sostenibilità economica (Ise). Ebbene, sovente l’Ise risultante non permette la realizzazione di adeguate protezioni in particolare per zone ricreative (Gds 1) sebbene facciano parte dell’area urbana e quindi siano caratterizzate da una grande fruizione da parte della popolazione", come appunto Bellinzona. "Si tratta di zone spesso esposte a livelli di rumore oltre i limiti definiti dal Gds 1".
Dal profilo legislativo i criteri per la valutazione della proporzionalità dei costi e della ponderazione degli interessi, definiti inizialmente nel 1998 nell’opuscolo 301 dell’Ufficio federale dell’ambiente, delle foreste e del paesaggio sono stati aggiornati nel 2006 nel documento denominato ‘Sostenibilità economica e proporzionalità di provvedimenti antirumore: ottimizzazione della ponderazione di interessi’: "Purtroppo laddove non risulta un beneficio monetizzabile – di regola calcolato su edifici residenziali esposti al rumore da proteggere che troviamo raramente nelle aree di svago – assistiamo a un nulla di fatto in termini di realizzazioni di protezioni foniche". Da qui le domande volte a sapere quante situazioni con Gds 1 (zone ricreative) esposte a livelli di rumore superiori ai valori limite sono state censite in particolare lungo le autostrade e strade nazionali; quante di queste situazioni sono state risanate o sono in procinto di esserlo; in quanti casi il risanamento non è avvenuto per insufficiente valore dell’Ise, cioè economicamente non sostenibile secondo i parametri federali aggiornati nel 2006.