Il Piano industriale delle Ffs svela le modalità di avvicinamento al 2026. Per il coordinatore della Commissione del personale c’è ancora molta incertezza
In tutto 360 unità a tempo pieno, anziché le 200 indicate inizialmente, affiancate da 80 apprendisti invece di zero. E un investimento di 580 milioni al posto degli iniziali 360. Il Piano industriale della nuova moderna officina di manutenzione che le Ffs intendono realizzare a Castione trasferendovi dal marzo 2026 una buona parte della manodopera impiegata nello stabilimento di Bellinzona, dovrebbe tranquillizzare le maestranze che attualmente fra personale fisso e interinale contano circa 500 unità a tempo pieno. Escludendo coloro che nei prossimi quattro anni andranno in pensione, un discreto numero di collaboratori rischia dunque di non trovare sbocchi professionali a Castione. E mentre i vertici delle Ferrovie assicurano e ribadiscono – l’ultima volta il 7 dicembre presentando pubblicamente il Piano industriale – che nessuno sarà lasciato a casa, fra i dipendenti monta l’apprensione sebbene, come detto, la nuova officina sarà più capiente e accoglierà più lavorazioni di quanto immaginato nel 2017 quando Ffs, Consiglio di Stato e Municipio di Bellinzona hanno firmato la Dichiarazione d’intenti
Il Piano industriale dedica il capitolo 12 alla fase di trasformazione e transizione. Il primo dipendente inizierebbe a lavorare nel nuovo stabilimento il 10 marzo 2026 e l’ultimo lascerebbe le Officine di Bellinzona nel dicembre 2027. Una transizione di 18 mesi durante la quale entrambi i siti saranno in funzione, con il personale che si sposterà dalla Turrita a Castione a squadre. Sette gli obiettivi da raggiungere cammin facendo, ossia: i cambiamenti più importanti nei vari campi professionali devono essere noti a tutti (in primis la mutazione da operatore prevalentemente di parti meccaniche a operatore soprattutto di materiale elettrico ed elettronico); le persone chiave (team leader, personale e commissione del personale) devono essere attivamente coinvolte nella definizione del processo; i dipendenti devono venire informati sul loro futuro e accompagnati nel loro processo di sviluppo verso una nuova carriera; le paure dei dipendenti devono essere ridotte ed essi devono poter affrontare il cambiamento più apertamente; ogni collaboratore deve venire preparato e formato per contribuire al successo dell’impianto di manutenzione più moderno ed efficiente d’Europa; bisogna disporre delle risorse umane necessarie (tempo, quantità, qualificazione, ubicazione) a medio e lungo termine; e occorre improntare un’attuazione socialmente accettabile della trasformazione.
Appena sotto si spiega che sono stati formati due gruppi interdisciplinari per ottenere “la più ampia rappresentanza possibile dei dipendenti”. Anzitutto il Gruppo di lavoro che è composto da specialisti delle risorse umane, rappresentanti della direzione, rappresentanti della Commissione del personale e alcuni dipendenti selezionati di officine e strutture di servizio: fra i suoi compiti vi è l’elaborazione di un piano di lavoro e la definizione di calendari dettagliati, come pure l’elaborazione del contenuto a livello concettuale e operativo, nonché uno stretto scambio con la Direzione e il Team di trasformazione. Quest’ultimo è composto da dipendenti dell’officina e della struttura di servizio: è incaricato di valutare i contenuti elaborati dal Gruppo di lavoro e di elaborare e trasmettergli proposte di miglioramento, fungendo così da portavoce in entrambe le direzioni.
Ritenuta di fondamentale importanza, appunto, la comunicazione: per raggiungere tutti i dipendenti, si legge a pagina 52, “abbiamo introdotto diversi canali di comunicazione”. Sono state create delle lavagne InfoBoard che mostrano le informazioni e le notizie più importanti del progetto e sono collocate in diversi punti dell’officina e della struttura di servizio. Pure creato un sito web cui tutto il personale può accedere ai documenti più importanti (risultati e video dei workshop). E garantita la possibilità di fare domande tramite InfoBoards e Team di trasformazione, che vengono poi registrate e alle quali si risponderà in un documento. Annunciati poi sondaggi interni. Il processo di trasformazione include quattro fasi: nella prima le attività oggi svolte sono analizzate e confrontate con le attività necessarie nel nuovo stabilimento per poter identificare le competenze chiave necessarie per i diversi profili professionali; nella fase successiva i profili professionali saranno elaborati in dettaglio; quindi i profili di lavoro richiesti nel nuovo stabilimento saranno confrontati con la disponibilità di personale “per poter offrire il lavoro giusto a ogni dipendente”. Questo comporterà “un’analisi personalizzata” delle differenze fra oggi e domani. Sulla base di questa analisi, nella fase successiva e finale sarà creato “un piano di sviluppo personalizzato per ogni dipendente” con l’obiettivo di sviluppare un piano di formazione generale e specializzata e colmare eventuali lacune.
Ivan Cozzaglio (Ti-Press)
«Sulla carta le Ffs si dicono intenzionate a sviluppare nel miglior modo possibile la transizione – spiega alla ‘Regione’ Ivan Cozzaglio, coordinatore della Commissione del personale – e ovviamente tutti i collaboratori si aspettano di superarla positivamente. Ma gli over 50-55 si chiedono se a Castione potranno avere un ruolo; di sicuro non lo avranno gli interinali, compresi quelli di lungo corso che hanno sviluppato buone competenze. Inoltre al momento non conosciamo le prospettive salariali, né se saranno indetti dei concorsi per l’attribuzione dei posti. Sappiamo solo che è cominciato il gioco delle sedie: siamo in 500 e a disposizione ce ne sono 360. Molti temono di rimanere senza». Nelle dinamiche interne a pesare è in particolare la lettera che nel marzo 2019 – due mesi prima della votazione sull’iniziativa ‘Giù le mani dall’officina’, poi respinta nell’urna dai ticinesi – oltre 200 operai avevano indirizzato ai vertici Ffs dando loro fiducia e sposando l’opzione Castione. «Oggi, quasi tre anni dopo, una parte dell’Officina interpreta quella lettera come una sorta di ‘carta bianca’ lasciata alla Direzione generale. È giunto invece il momento – conclude Cozzaglio – di tenere gli occhi bene aperti e di far sentire le nostre richieste. Al momento c’è molta incertezza».