Grigioni

Simulazione di emergenza in Mesolcina per la peste suina africana

Catene umane, cani da ricerca e droni in azione a Grono per prevenire un’eventuale diffusione del virus

(Canton Grigioni)
3 aprile 2025
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E se scoppiassero dei focolai di peste suina africana in Mesolcina e Calanca? Un’ipotesi non così irreale: anche se in Svizzera non sono ancora stati registrati casi, in Italia, a 60 chilometri dal confine con il Ticino, sono stati trovati animali infetti. Di conseguenza il Cantone dei Grigioni ha voluto verificare l’efficacia degli scenari di crisi simulando la diffusione del virus tra i cinghiali della Regione Moesa. L’esercitazione si è tenuta recentemente a Grono.

‘Anche se la situazione in Italia è stabile, il rischio è reale’

“Approfittiamo di questo periodo di pace per prepararci”, ha detto a Keystone-Ats Claudio Paganini, capo del settore epizoozie dell’Ufficio per la sicurezza delle derrate alimentari e la salute degli animali (Usda) che ha organizzato la simulazione in collaborazione con l’Ufficio del militare e della protezione civile (Umpc). Per le autorità retiche, infatti, la peste suina africana può rappresentare un rischio anche per i Grigioni in particolare per le valli meridionali di Mesolcina e Calanca. “Anche se la situazione in Italia al momento è stabile, il rischio è reale”, ha sottolineato Paganini.

Imponente dispiegamento di mezzi

Per prepararsi l’Usda e l’Umpc hanno simulato uno scenario reale: cadaveri di cinghiali non infetti sono stati nascosti a Grono e a San Vittore. Per scovarli sono stati applicati tre metodi di ricerca: droni, cani da ricerca e catene umane. Il dispiegamento di mezzi in Mesolcina è stato imponente: una sessantina di militi della Protezione civile, partner esterni dal Canton Turgovia e Nidvaldo e volontari delle società locali di caccia. Tutti impiegati per setacciare il perimetro a tappeto. La miglior misura per debellare il virus secondo il veterinario cantonale, Giochen Bearth, è la ricerca e lo smaltimento tempestivo delle carcasse di cinghiali infetti. In ogni caso l’esercitazione ha avuto successo e tutti i partecipanti si sono dimostrati all’altezza dei propri compiti.

Innocua per l’uomo ma letale per i cinghiali

La peste suina africana è una malattia infettiva virale che colpisce i cinghiali e i suini domestici e non è pericolosa per l’uomo. Il 95% degli animali malati muore in pochi giorni, ma il virus può sopravvivere a lungo: nel sangue delle carcasse addirittura fino a un anno e mezzo. La trasmissione del virus può avvenire attraverso il contatto diretto con un animale malato, attraverso il contatto con carne di maiale contenente il virus (come avanzi di salumi che vengono gettati nel bosco dopo un picnic) o con oggetti contaminati (vestiti, scarpe, veicoli, ecc.). Un’altra fonte di contagio nei cinghiali è il contatto di individui sani con carcasse o secrezioni di cinghiali infetti (feci, urina, sangue, ecc.). “La diffusione va a due velocità. Attraverso le attività umane è molto più veloce. Da parte dei cinghiali invece è più lenta e copre distanze più brevi. Questo bisogna tenerlo presente”, ha sottolineato Bearth. Paragonando questi scenari, la probabilità che il virus arrivi in Svizzera per cause umane è dunque più alto.

Lo scenario di un’epidemia preoccupa gli agricoltori

L’esercitazione ha dato anche la possibilità di sensibilizzare sul tema nella regione dei Grigioni che sarebbe probabilmente colpita per prima in caso di un’epidemia. Epidemia che avrebbe conseguenze sia sul piano della protezione degli animali (che muoiono tra gravi sofferenze) sia di carattere socioeconomico: in caso del ritrovamento di un cinghiale infetto, nella zona contaminata potrebbe essere introdotto un divieto d’accesso e di caccia. Anche il settore agricolo sarebbe colpito: se degli animali da reddito risultano infetti, i veterinari accertano gli spostamenti dei capi e dispongono misure di sequestro dell’allevamento colpito. Secondo la presidente della società agricola Moesano, Aurelia Berta, nella regione non ci sono allevamenti grandi di suini: solo un’azienda conta diversi capi. “Ci sono molte preoccupazioni. Soprattutto la chiusura di un perimetro e il non potersi muovere liberamente mette incertezza”, ha spiegato.

I Grigioni sono pronti

In conclusione, secondo gli enti coinvolti, la collaborazione tra autorità, protezione civile, unità cinofile, piloti di droni, partner privati volontari e la ditta responsabile dello smaltimento è avvenuta “in modo rapido ed efficiente”. Quanto prima viene individuata un’epizoozia altamente infettiva, tanto più mirate possono essere le misure adottate per minimizzare o addirittura impedire una sua diffusione. In un caso reale l’osservazione dei privati e il comportamento corretto delle organizzazioni partner sono fondamentali. Insomma, i Grigioni sono quindi pronti in caso la peste suina africana arrivi per davvero.