Consiglio della magistratura, la presidente della commissione parlamentare dopo la sentenza del Tribunale d‘appello. ’C’è un problema istituzionale’
«Da quanto riferito dai media, che hanno anche citato diversi passaggi della sentenza, le critiche del Tribunale d’appello al Consiglio della magistratura sono oggettivamente esplicite e dure - osserva Aldi -. Ed è, dopo quelle pronunciate dal perito Rouiller e dalla Commissione di ricorso sulla magistratura, la terza bocciatura dell’operato del Cdm in vista dell’ultimo rinnovo delle cariche al Ministero pubblico. Ora, tenuto conto della separazione dei poteri, non sta a me dire cosa debba fare a questo punto il Consiglio, se debba o non debba dimettersi. Tuttavia ha perso autorevolezza, cosa che credo l’opinione pubblica abbia percepito. C’è insomma un problema istituzionale. La situazione merita pertanto un’attenta riflessione da parte dello stesso Consiglio. Ma pure da parte nostra come deputati, visto che per legge il Gran Consiglio designa quattro dei sette membri del Cdm». Interpellata dalla ‘Regione’, la leghista Sabrina Aldi, presidente della commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’, si esprime così a proposito del recente verdetto (vedi l’edizione dell’altro ieri) con cui la maggioranza dei giudici d’Appello bacchetta sonoramente il Consiglio della magistratura - l’organo chiamato a vigilare sul funzionamento delle autorità giudiziarie ticinesi - per le modalità con le quali lo scorso anno ha esaminato le candidature - ritenendole per finire non idonee - di cinque procuratori che avevano sollecitato un nuovo mandato. Nonostante gli insolitamente impietosi giudizi, nei contenuti e nella forma, partoriti dal Cdm, il Gran Consiglio ha riconfermato i cinque dopo che gli approfondimenti della ’Giustizia e diritti’, rivoltasi fra l’altro per un parere giuridico al già presidente del Tribunale federale Claude Rouiller, avevano portato alla luce importanti lacune nella procedura adottata dal Consiglio della magistratura presieduto dal giudice Werner Walser. Lacune/irregolarità come la violazione del diritto di essere sentito. La sentenza del Tribunale d’appello è stata innescata dall’istanza di ricusa - accolta - nei confronti dei membri del Cdm inoltrata da uno dei pp la cui rielezione non era stata raccomandata dal Consiglio.
Il momento, riprende Aldi, «è delicato». È delicato perché la commissione ‘Giustizia e diritti’, come da mandato conferitole dal plenum del parlamento nel dicembre 2020, sta ragionando anche su eventuali correttivi da apportare al sistema di designazione dei magistrati e alle competenze, in questo contesto, del Consiglio della magistratura, tenuto in base alle disposizioni di legge vigenti a pronunciarsi sull’idoneità di procuratori e giudici che alla scadenza del periodo di nomina, di dieci anni, si candidano alla medesima funzione.
A prescindere da ciò che farà o non farà il Consiglio della magistratura in carica, come intende muoversi la ‘Giustizia e diritti’ in seguito alla sentenza del Tribunale d’appello?
Intanto non è ancora agli atti della commissione. Uno dei punti all’ordine del giorno della riunione che terremo lunedì (dopodomani, ndr) è proprio la richiesta di copia della sentenza all’Ufficio presidenziale del Gran Consiglio, cui è stata trasmessa dal Tribunale. Per la ‘Giustizia e diritti’ è importante accedere al verdetto, poiché è la commissione del parlamento cantonale che, istituzionalmente parlando, tiene i contatti con il Consiglio della magistratura. Ho comunque già individuato un paio di aspetti che secondo me vanno discussi in ‘Giustizia e diritti’.
Quali?
Il primo: dobbiamo chiederci se debba essere il Tribunale d’appello in corpore a deliberare su una richiesta di ricusazione del Consiglio della magistratura, quando il Tribunale d’appello è sottoposto, come qualsiasi altra autorità giudiziaria cantonale, alla sorveglianza del Cdm. Siamo nella situazione un po’ anomala nella quale il controllato controlla il controllore. Il secondo aspetto: mi chiedo se non sia il caso di lasciare al Consiglio della magistratura soltanto la vigilanza sul funzionamento della giustizia, con la facoltà di adottare sanzioni disciplinari nei riguardi dei magistrati.
Il motivo?
Quanto avvenuto potrebbe accadere ogni volta che un procuratore o un giudice, raggiunto da una segnalazione, presenti un’istanza di ricusa nei confronti del Consiglio della magistratura che ne aveva preavvisato negativamente la candidatura, ma che il Gran Consiglio, autorità di nomina, ha poi rieletto. In altre parole la sua richiesta di ricusazione passa al vaglio dei componenti dell’organo che lo avevano considerato non idoneo a svolgere un nuovo mandato. Il dubbio che il Cdm sia prevenuto nei confronti di questo procuratore o di questo giudice è dunque elevato.
A chi demandare allora il compito di valutare l’idoneità dei magistrati che alla scadenza del periodo di nomina si ricandidano?
Potrebbe essere affidato alla Commissione di esperti indipendenti, che attualmente esamina e preavvisa, all’indirizzo del Gran Consiglio, le nuove candidature, quelle di coloro che aspirano a entrare in magistratura. Sia chiaro: sono tutte ipotesi che formulo a titolo personale. Ma che ritengo valga la pena approfondire in commissione.