I campioni in carica Milwaukee Bucks saggiano subito la forza dei Brooklyn Nets nel match che inaugura la stagione del giubileo della lega
Comunque vada a finire - pronosticare un vincitore è un’operazione molto complicata -, quella che si apre nella notte con i Milwaukee Bucks con al dito l’anello di campioni in carica opposti ai Brooklyn Nets, antagonisti annunciati nella Conference Est e altrettanto degni pretendenti al trono, sarà una stagione storica. L’Nba festeggia infatti il suo 75esimo anniversario in un’annata che - è l’auspicio di tutti gli appassionati ma anche degli addetti ai lavori - si prospetta come la prima “normale” dopo tutte le difficoltà delle ultime due, pesantemente condizionate dalla pandemia.
Piuttosto ricca la proposta di una regular season che si ripropone con 82 partite e si concluderà con la tradizionale appendice dei playoff che scatteranno il 16 aprile 2022, con il termine massimo fissato al 19 giugno per l’eventuale gara-7 della finale per l’anello, il più ambito da molti anni a questa parte in quanto quello della celebrazione.
Oltre al citato avvio col botto tra i Bucks di Giannis Antetokounmpo e i Nets dei formidabili Kevin Durant e James Harden (faccia a faccia già nei quarti dei playoff della scorsa stagione vinti dalla franchigia del Wisconsin all’overtime della settima e decisiva partita), l’Nba manda subito nell’arena un altro duello di quelli che tengono incollati al televisore o riempiono i palazzetti, lo scontro tra i Los Angeles Lakers, la grande favorita a ovest con LeBron James - tanto per restare nell’esclusivo novero delle leggende della palla a spicchi - e Anthony Davis affiancati da Russell Westbrook, e i Golden State Warriors di Stephen Curry, ansioso di potersi avvalere della preziosa collaborazione di Klay Thompson (si prospetta un ritorno sul parquet a fine anno), così da fare della squadra forse più forte di sempre (quella ammirata tra il 2015 e il 2018) quantomeno un’aspirante a un ruolo da protagonista che nelle ultime stagioni ha dovuto momentaneamente cedere.
Nella prima settimana l’Nba svelerà i 75 migliori giocatori della sua storia, poi si entrerà nel vivo con un duello tra il nuovo che avanza rappresentato dallo sloveno Luka Doncic dei Dallas Mavericks, e quanto di meglio il campionato delle stelle sa offrire affidandosi a fuoriclasse ormai navigati quali i citati Durant, James e Curry, tra i quali si inserisce a pieno titolo anche Antetokounmpo, tutto sommato ancora giovane con i suoi 27 anni ma ormai un veterano dei parquet sui quali ha già messo la propria firma, grazie al titolo dei Bucks e a quello di Mvp delle Finals della passata stagione.
Una lotta tra titani, a tratti anche uno scontro generazionale destinato a infiammare la storica stagione della lega più spettacolare del mondo, uno dei più grandi eventi sportivi globali, visti i picchi di audience che ha nel mondo. Non mancherà il tradizionale appuntamento dell’All Star Game, in agenda il 20 febbraio: si terrà a Cleveland 25 anni dopo l’ultima volta.
Oltre che la questione tecnico-sportiva delle possibilità dei Bucks di confermarsi campioni, sull’Nba aleggia il grande interrogativo circa l’impatto dei “no vax” su una lega che ha spinto in maniera incisiva a favore di una campagna di vaccinazione il più estesa possibile, incontrando il parere favorevole delle franchigie e della stragrande maggioranza dei giocatori, ma anche la ritrosia di una minoranza capeggiata dalla stella dei Nets Kyrie Irving, oltre che del sindacato degli atleti. “Il novanta per cento dei giocatori”, ha spiegato la Nba, ma non manca chi ha fatto sentire la propria voce rivendicando il diritto di non vaccinarsi. Il più celebre, come detto, è Irving, ma l’asso di Brooklyn è in buona compagnia: Bradley Beal, dei Washington Wizards, Andrew Wiggins, giovane talento dei Golden State Warriors, Jonathan Isaac degli Orlando Magic. Con loro, una discreta fila di “ribelli”. Ne consegue che il clima generale non è idilliaco.
Il fronte, insomma, è spaccato. Quello del “no” è nettamente minoritario, ma fa rumore. E la questione non è stata risolta. LeBron James ha annunciato di essersi vaccinato. Lo ha fatto «per proteggere se stesso, la famiglia e gli amici. Ma ha anche ribadito di non voler influenzare i colleghi. «Parliamo di corpi, di esseri umani, non di temi generali come razzismo o brutalità della polizia. Sono aspetti che riguardano la sfera personale. Non è compito mio convincere i colleghi».
Interrogati sulla questione, altri atleti hanno preferito glissare sulla risposta o non entrare nel merito, quasi scocciati. Irving, costretto ai margini dalla scelta dei Nets di non schierarlo in quanto non vaccinato, spingendosi addirittura oltre le misure straordinarie dello stato di New York che vietano allenamenti e partite agli adulti non vaccinati, ha promesso che sarà «presente ogni giorno e resterà uno dei leader del gruppo».
«Kyrie ha fatto una scelta personale che rispettiamo - ha reagito il direttore generale dei Nets Sean Marks, -, tuttavia non possiamo permettere ad alcun membro della nostra squadra di essere a disposizione solo a tempo parziale. Il nostro obiettivo è quello di diventare campioni, e per centrarlo occorre che ciascuno di noi remi nella medesima direzione». Va ricordato, a tale proposito, che le autorità comunali di New York avevano trovato il modo di permettere a Irving di allenarsi, confinandolo in strutture della franchigia ma considerate private. Ma i Nets hanno detto no.
Il caso Irving è il più eclatante, ma non è l’unico. Wiggins ha così commentato la sua scelta, ai media. «Non è affare vostro, questo è tutto». Beal ha addirittura chiesto ai giornalisti che fossero loro a spiegare alla gente il motivo per il quale, secondo lui, «le persone vaccinate continuano a contagiarsi».
La Lega di basket, come del resto ha fatto la National Football League (Nfl), in un primo tempo aveva deciso di rendere obbligatoria la vaccinazione, salvo poi rinunciare di fronte alle proteste del potente sindacato dei giocatori (Nbpa). Ora i responsabili della Lega spingono per un protocollo di ben 61 pagine estremamente rigido per i non vaccinati:test quotidiani e anche più volte in base, in base a riunioni tecniche e allenamenti in programma.pasti consumati in isolamento, uscite e relazioni limitatissime). Previsti test rapidi quotidiani, ma tamponi di laboratorio il giorno delle gare. I vaccinati non saranno più costretti alla quarantena, anche se risulteranno essere stati in contatto con persone risultate positive. I no vax sì, per almeno sette giorni. Non potranno mangiare, al chiuso, assieme al resto della squadra, e viaggiare accanto a un compagno, dovranno indossare sempre la mascherina e non potranno accedere alle piscine e all’idroterapia se sarà presente anche un solo atleta vaccinato. Negli spogliatoi disporranno di un armadietto distanziato dagli altri.
Tutte regole che metteranno in serie difficoltà i “ribelli” del vaccino, chiamati alla cassa anche in termini di stipendio. Irving è stato pressoché messo alla porta dai Nets, poco intenzionati al suo impiego part-time ma pronti a riconoscergli lo stipendio per i match che avrebbe potuto sostenere in trasferta. Wiggins non potrà giocare le partite in programma a New York e San Francisco a causa dell’obbligo di vaccino deciso dalle rispettive autorità comunali per i rispettivi delle due città per tutte le attività sportive al chiuso. Potrebbero quindi saltare tutte le gare in casa, con il rischio di vedersi dimezzato lo stipendio (31,6 milioni di dollari).
A Est, considerato l’annunciato dominio di Bucks e Nets, del ruolo di guastafeste si fanno carico i Philadelphia 76ers e gli Atlanta Hawks, la squadra del centro ginevrino Clint Capela che nella passata stagione si è spinta fino alla Finals di Conference, prima di arrendersi in sei partite ai futuri campioni.
Coach Nate McMillan ha allestito una squadra attrattiva, giovane, dinamica, flessibile e spettacolare. Della quale Capela è un punto fermo, grazie alle spiccate doti difensive e di rimbalzista (record della Lega con una media di 14,3 a partita) che lo scorso settembre gli hanno fruttato un contratto di due anni del valore di 46 milioni di dollari. I progressi del ginevrino non sono sfuggiti alla stampa. Il magazine sportivo "Sport Illustrated” che ogni anno decreta i cento migliori giocatori della Nba lo ha infatti promosso dal 69esimo al 48esimo rango.