La figura dell’ex consigliere di Stato nei ricordi di colleghi di partito e non. Dalla riforma della Costituzione a quella dei Comuni, a ‘Marche Blanche’
“Quattro partiti in governo, in mancanza di una concreta volontà di mediazione, danno un’accozzaglia di tenori che inonda l’aria di una cacofonia stonata. Alcuni di noi, poi, sembrano ventriloqui, perché quando esprimono un pensiero questo non sembra venire dalla loro bocca o dalla loro mente”. Nell’intervento, riportato sulla ‘Regione’ del 15 maggio 1995 dall’allora notista politico del giornale Michele De Lauretis, che Alex Pedrazzini, da presidente del Consiglio di Stato, tenne al congresso dei Giovani Ppd due giorni prima (il 13 era un sabato) c’è tutto quello che ha rappresentato il già ministro del Ppd, morto oggi a 70 anni all’Ospedale San Giovanni di Bellinzona dove era stato ricoverato nei giorni scorsi in seguito all’aggravarsi delle sue condizioni dovuto a una grave malattia. Caparbio, senza peli sulla lingua, schiena dritta. Nei suoi otto anni in Consiglio di Stato tra 1991 e 1999 non ha mai fatto mancare la sua voce anche critica, anche tonante. Come quella mattina in cui, raggiunto uno degli apici della dialettica, avvisò con fermezza i colleghi del governo entrato in carica da poche settimane: “Si cerchi il consenso, non la maggioranza; si eviti di fare di questo quadriennio una campagna elettorale perenne”, fu il benvenuto riservato a Marina Masoni e Marco Borradori, primo consigliere di Stato leghista dopo aver sottratto al Ppd il secondo seggio, cui andò il Dipartimento del territorio dopo il “gran rifiuto” di Pedrazzini che ha anche di recente ricordato Pietro Martinelli nella sua autobiografia.
Una fermezza, quella di Alex Pedrazzini, mostrata anche dopo il sanguinoso tentativo di evasione dal penitenziario della Stampa, quando davanti ai giornalisti convocati per due volte – e di domenica, altri tempi – affermò che “la Polizia doveva aprire il fuoco”, legittimando quindi l’intervento e respingendo con forza le accuse mosse alle forze dell’ordine: “Cosa credete, che la polizia abbia aperto le porte agli otto detenuti per freddarli a pochi passi dal cancello?” tuonò.
Ma è attraverso i ricordi che si forma ancora di più il lascito dell’uomo e del politico Alex Pedrazzini, tra la nuova Costituzione ticinese e le battaglie per la tutela dei bambini culminate con l’iniziativa ‘Marche Blanche’. Passando per il cantiere delle fusioni comunali e per la gestione del caso della Granville Gold Trust: caso, rivelato dalla ‘Regione’, che aveva visto il Cantone inizialmente (nel 1994) condannato da un giudice di New York al pagamento di un risarcimento di 125 miliardi di dollari e alla fine (nel 1997) uscire vittorioso dalla vertenza con l’annullamento del primo verdetto da parte del tribunale d’appello di Manhattan.
«Ci eravamo visti non molto tempo fa, qui in piazza Governo, durante una pausa per il caffè. E con lui abbiamo parlato ancora di alcuni avvenimenti politici, passando da un tema all’altro, perché per lui la politica, ma quella con la P maiuscola, era una passione, era vita». È il ricordo di un uomo attivo e appassionato quello che il direttore del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi affida alla ‘Regione’. Quel Dipartimento, prima e dopo la riforma del Lago d’Orta, diretto per otto anni da Pedrazzini che, prosegue Gobbi, «non per nulla è stato il “padre” della nuova Costituzione cantonale, votata nel 1997. Siamo stati colleghi in Gran Consiglio per due legislature. Non sempre allineati sulle stesse posizioni, ma sempre nel solco del rispetto personale e del dialogo. Dirigendo poi quello che era stato anche il ‘suo’ Dipartimento, ho visto durante il mio lavoro anche i segni che aveva lasciato, in particolare continuando il cantiere delle aggregazioni». La testimonianza che porta Gobbi di Pedrazzini è quella di «una persona arguta, ironica, anche autoironica, in una parola: intelligente. Negli anni aveva poi messo molte energie nel sostegno dei più indifesi, in particolare dei bambini. Lo vedevo dietro le sue bancarelle per raccogliere fondi o firme a sostegno di ‘Marche Blanche’ per esempio. E negli ultimi due anni, dopo la sua uscita dal parlamento, lo incrociavo per le vie del centro di Bellinzona, spesso con la mascherina e lo zaino in spalla». Per Gobbi, Pedrazzini è stato anche un precursore, dal momento che «è stato un consigliere di Stato brillante, il primo a utilizzare un tipo di comunicazione più moderno, con meno ‘politichese’ e più messaggi e slogan incisivi. Un antesignano del linguaggio degli attuali social… Il ‘monello’ della politica ticinese ci mancherà».
Il presidente cantonale del Ppd Fiorenzo Dadò racconta della «immensa gratitudine» verso Pedrazzini «perché con lui ho potuto condividere tante battaglie a tutela dell’infanzia, battaglie delle quali lui in Ticino è stato senza dubbio l’autore principale. L’ultima grande vittoria conseguita è stata l’iniziativa ‘Marche Blanche’, di cui era promotore». Il rapporto di Dadò con Pedrazzini è di lunga data, perché, spiega, «l’ho conosciuto che ero ancora nei movimenti giovanili, per noi è sempre stato un simbolo di intelligenza, originalità e indipendenza perché era tutto tranne che il classico politico ingessato». Un rapporto che si è sviluppato poi nei tanti anni passati insieme in Gran Consiglio, «sia quando ero capogruppo sia quando sono diventato presidente – annota Dadò –. Nei miei primi anni è stato una persona di riferimento, gli chiedevo consigli, spunti, suggerimenti e lui era sempre a disposizione, sempre pronto ad aiutare». Anche il partito, «perché Pedrazzini è stato sicuramente uno dei più assidui frequentatori del nostro segretariato e del Comitato cantonale. La sua amicizia ci mancherà, come ci mancheranno i suoi messaggi di auguri per Natale o per i compleanni sempre personalizzati e mai banali».
«Fondamentalmente abbiamo iniziato e finito insieme: quando è stato eletto in Consiglio di Stato io sono entrato in Gran Consiglio, e il mio mandato in governo è terminato quando è terminato il suo in parlamento». È una vita politica a livello cantonale passata insieme quella di Pedrazzini e l’ex consigliere di Stato popolare democratico Paolo Beltraminelli. «Ho tantissimi ricordi che mi legano a lui – racconta –, in particolare della campagna elettorale del 1991, che ha portato all’ultima grande vittoria del Ppd con la riconquista, proprio con Alex, del secondo seggio perso nel 1987. Un anno euforico, una campagna bellissima e molto intensa – continua Beltraminelli – con una persona che prima non conoscevo, nonostante le nostre famiglie si frequentassero. In quelle settimane, ricordo con dolcezza quando mi chiese se conoscevo qualcuno a Tesserete per un comizio, ci siamo avvicinati e condiviso un bel percorso». Il 1991 «è stato un anno di trasformazione per il Ticino, con la Lega che ha avuto un buon successo grazie alla sua forza dirompente e antisistema: chi più del direttore del Dipartimento istituzioni rappresentava il bersaglio giusto? Lui è stato bravissimo perché era un politico innovativo, moderno e ha saputo interpretare questa trasformazione con molta fermezza». Insomma, «era il contraltare della Lega e si è visto subito con la Carovana della libertà con il Nano Bignasca e Flavio Maspoli incontenibili. Ha mantenuto polso fermo e fatto fronte in modo eccellente a una situazione di caos generalizzato».
«Andai nell’autunno del 1990 a Losanna a trovarlo per chiedergli, a nome dell’Ufficio presidenziale del Ppd, se fosse disponibile a candidarsi per il Consiglio di Stato: all’epoca – continua Luigi Pedrazzini, già presidente cantonale del Partito popolare democratico, in governo dal 1999 al 2011 – Alex era a capo dei servizi carcerari romandi. Accettò la proposta e ci rendemmo subito conto di avere a che fare con una persona fuori degli schemi. Comunque con lui nelle elezioni del 1991 il Ppd riottenne in Consiglio di Stato il secondo seggio». Alex Pedrazzini «non fu mai un uomo di partito, ma con esso fu sempre leale, rappresentandolo correttamente nei vari consessi. Fu molto innovativo nel modo di comunicare e di dialogare con il Gran Consiglio. Insomma Alex rivendicò sempre una propria autonomia di giudizio. E con molta tenacia portò avanti dossier importanti, come la nuova Costituzione cantonale».
E sul ruolo avuto da Alex Pedrazzini nella riforma della Costituzione ticinese pone l’accento Guido Corti, ex consulente giuridico del governo cantonale. «Si impegnò molto per concretizzare la revisione totale della Carta, entrata poi in vigore nel gennaio 1998 – afferma Corti –. Alex, che prese in mano il rapporto redatto nel 1986 dalla commissione speciale presieduta da Argante Righetti, era il coordinatore del gruppo di lavoro – di cui facevano parte il sottoscritto, Giorgio Battaglioni, Rodolfo Schnyder e Giampiero Gianella – che si occupò dell’elaborazione della bozza di messaggio governativo all’indirizzo del Gran Consiglio. Rammento che intervenendo in parlamento sulla riforma costituzionale Alex disse fra l’altro che “il futuro del Cantone è nei Comuni, a patto che funzionino”. Ed è anche per questo che avviò il processo aggregativo». Era «un politico intelligente e brillante. Con delle battute che spiazzavano».
Dice il municipale leghista di Lugano Michele Foletti, il decano del Gran Consiglio, dove siede dal 1995: «Tra il nostro movimento e Alex Pedrazzini, quando era in Consiglio di Stato, ci furono delle incomprensioni e degli screzi, ma poi sul piano personale i rapporti erano diversi. Di certo, era uno di quei politici con cui non ci si annoia mai. Gli va riconosciuto di aver avuto il coraggio politico di aprire il cantiere delle aggregazioni comunali: all’epoca mettere in discussione un assetto istituzionale consolidato e quindi dei centri di potere consolidati non era affatto scontato».
Giorgio Battaglioni, già segretario generale del Dipartimento istituzioni e direttore della Divisione giustizia, si rivolge direttamente all’ex consigliere di Stato appena scomparso: «Caro Alex, da mio subalterno (e lo dico con un sorriso), sei diventato il mio direttore di Dipartimento. Negli anni ti ho apprezzato soprattutto per la tua umanità, sensibilità, rispetto della dignità umana e non da ultimo, per me importante, per essere stato un prezioso confidente. Per tutto questo, caro Alex, ti ringrazio. Ti ricorderò con riconoscenza, stima e affetto».