Il 62enne capo della polizia cantonale bernese è stato eletto procuratore generale della Confederazione. Una buona scelta per un’istituzione fragilizzata.
Stefan Blättler era a fine carriera. Una carriera senza macchia, fatta quasi per intero nella polizia cantonale bernese, di cui è apprezzato comandante dal 2006. In primavera le dimissioni. Dal 1o gennaio 2022 avrebbe dovuto dirigere l’Istituto svizzero di polizia. Poi i suoi piani sono stati scombussolati. Il posto di procuratore generale della Confederazione – dice lui – non lo ha cercato: sarebbe stata una persona della «cerchia professionale ristretta» a suggerirgli di candidarsi. E così, anziché godersi un ‘buen retiro’ professionale sulle placide rive del lago di Neuchâtel, anticamera di una meritata pensione, questo schivo 62enne si ritroverà presto su una delle poltrone più scomode della Berna federale. Sempre al centro dell’attenzione, coi riflettori dei media puntati addosso e il fiato dei politici sul collo.
Blättler parte con un capitale di fiducia immenso. Ha fatto quasi il pieno dei voti all’Assemblea federale, che ieri lo ha eletto. La Commissione giudiziaria aveva cercato ovunque il profilo ideale, per un anno intero (tre i bandi di concorso!), costellato da indiscrezioni e polemiche. Per il suo presidente, il ‘senatore’ Andrea Caroni, questo «jolly» – che era candidato unico – è la persona giusta per portare finalmente tranquillità in seno al Ministero pubblico della Confederazione (Mpc) dopo gli ultimi, turbolenti anni di Michael Lauber. «So ciò che mi attende, so che le aspettative del pubblico e del Parlamento sono molto elevate», ha dichiarato Blättler.
Le sfide non mancano. Sul piano operativo, complesse inchieste internazionali in ambiti delicati come il terrorismo, la criminalità organizzata, il riciclaggio di denaro, i crimini di guerra; su quello organizzativo, ad esempio, la deteriorata relazione con l’autorità di vigilanza. Il Parlamento ha chiesto al Consiglio federale di concretizzare lo scenario ‘status quo plus’: una Procura federale indipendente, sempre sotto il controllo di un’autorità di vigilanza a sé stante ma rafforzata. Ugualmente da approfondire è l’ipotesi di una direzione collegiale, così come quella di una ripartizione delle competenze tra Mpc e procure cantonali.
Blättler ha al massimo sei anni di tempo. Sembra essere all’altezza del compito. Ha dimostrato di saper portare avanti progetti complessi, come è stato il caso della creazione di una polizia unica per il canton Berna. Non è del mestiere (è un poliziotto, figlio d’arte peraltro): non ha mai lavorato come procuratore. Ma in quanto comandante di lungo corso di un corpo di polizia (e non di uno qualsiasi), ha consuetudine col diritto penale e di procedura penale. D’altro canto, nel suo futuro ruolo, non per forza dovrà condurre di persona delle inchieste.
Dal 1975 quattro dei suoi otto predecessori se ne sono andati più o meno contro la loro volontà. Lui sarà solo un procuratore generale di transizione? L’impressione è che possa essere più di questo. Forse non lascerà una forte impronta. Ma sembra in grado quantomeno di prendere per mano un’istituzione dalla credibilità incrinata. «Prenderò delle misure, se delle misure andranno prese», ha detto. La stessa cautela in passato gli ha fatto dire che, prima di creare nuove leggi, bisogna applicare bene quelle esistenti; e oggi lo porta a indicare nel rafforzamento della collaborazione tra le diverse istituzioni di perseguimento penale, sui piani federale e cantonale, una delle sue priorità.
Consolidare il buono che c’è, piccoli passi in nuove direzioni, senza strattoni: è quanto serve a un’istituzione fragilizzata, che ancora sconta il danno di immagine procuratole dal ‘caso Lauber’ e dalla prescrizione dell’inchiesta Fifa.