Tutto è pronto all’Elvetico per una nuova stagione. L’ultima del presidente Cedraschi? ‘Servono persone che prendano gradatamente il nostro posto’
Lugano – La splendida vista sul golfo dall’AnaCapri fa un po’ a pugni con la vista… sulla stagione che il presidente del Basket Lugano Cedraschi dà nel preambolo della presentazione ufficiale con il campionato ormai quasi alle porte, visto che si aprirà fra tre settimane. Cedraschi dice a chiare lettere che questo potrebbe essere il suo ultimo discorso d’inizio stagione da presidente. Anche se, prima di entrare nei dettagli, lascia la parola al capodicastero di Lugano, Roberto Badaracco: «Al di là dei suoi proclami, Cedraschi è l’immagine dell’impegno, dell’entusiasmo e del cuore per la sua società. Iniziare una nuova stagione è sempre un bel momento perché si conoscono personaggi nuovi, si nutrono nuove speranze. So che non sarà facile ma dobbiamo avere tutti l’obiettivo rivolto alla votazione sul polo sportivo che porterà, ci si augura, alla costruzione del nuovo palazzetto. Lo si aspetta da cinquant’anni ma sono convinto che una nuova struttura darà un ulteriore impulso anche al basket con l’augurio di rinverdire i successi del passato. Il basket ha dato lustro, con i suoi successi, alla città di Lugano ed è per questo che la Città continuerà a sostenere questa società anche perché oggi è la sintesi di quelle squadre che un tempo non erano parte dei quartieri, Viganello e Pregassona in primis, senza dimenticare il Molino Nuovo».
Poi è il turno di Cedraschi. «Anche noi ci batteremo per il polo sportivo, che sarà pure la prossima casa del basket e potrà garantire anche a figli e nipoti una struttura degna per una città come Lugano – sono le parole del presidente –. Abbiamo alle spalle un passato glorioso, e abbiamo un presente e un futuro altrettanto belli: lo dicono i numeri del nostro settore giovanile, fra i migliori della Svizzera, con squadre in ogni categoria, dal minibasket alla U23».
Il presidente dice anche che quest’anno il Lugano affronterà il campionato di A con una squadra ‘fatta in casa’, «ciò che ha i suoi pregi e i suoi difetti. Il pregio sta nell’avere in organico una decina di giocatori provenienti dal nostro vivaio, mentre i difetti albergano nel ramo finanze: da soli non ce la facciamo più, anche perché il sostegno delle aziende è diminuito, e non solo a causa del Covid, e a noi occorrono non pochi soldi per presentarci al via della stagione. Il budget, circa 330’000 franchi, è un quinto di quanto disponevamo dieci anni fa e nel frattempo sono aumentati i costi di gestione, arbitri, strutture, tasse e allenatori. Siamo alla ricerca di persone che ci possano aiutare anche sul piano gestionale perché abbiamo bisogno di nuove persone che prendano gradatamente il posto di chi c’è ora in comitato e che ringrazio per il grande impegno che profondono ogni giorno a favore della società».
Questo, però, non è il giorno dell’addio. «Non sto dicendo che fra due mesi lascio tutto, ma vorrei tanto che si potesse programmare il futuro con un certo anticipo ed essere pronti per avere una squadra competitiva quando arriverà il nuovo palazzetto. Tutto va pianificato e lo stiamo facendo con la squadra che ingloba nove dodicesimi di giocatori cresciuti in casa. Ma di questo lascio che sia il coach a parlare».
Così arriva il tempo di Milutin Nikolic, che spiega così la scelta di tornare in campo: «Sono tornato sia per dare una mano, sia perché questo ruolo mi piace, e lo condivido, alla pari, con un Salvatore Cabibbo che ringrazio per essere rimasto al mio fianco. Porto entusiasmo ed esperienza, utili a far crescere i giovani. Sono ragazzi che devono farsi le ossa per fare un salto di qualità nel futuro. Non si esce dalle formazioni under con sufficienti capacità per la Lega A: fisico e tecnica devono essere affinati, la crescita individuale e collettiva deve salire di pari passo con le sfide sempre più toste. Sinora i ragazzi hanno risposto bene, con grande impegno e disponibilità. Avendo però in squadra solo tre o quattro giocatori esperti, questa loro crescita viene rallentata e quindi va compensata con sforzi non indifferenti. Ma sono certo che ci prenderemo delle soddisfazioni».
Poi c’è il capitolo stranieri. «Sia Markel Humphrey, ala-post, sia Arkim Robertson, pivot-post, sono due buoni giocatori che ci garantiscono fisicità e rimbalzi. Humphrey conosce bene il basket svizzero, avendo avuto esperienze a Ginevra, Monthey e Neuchâtel, mentre Robertson è alla sua seconda esperienza in Europa dopo aver giocato nel campionato croato a Skrljevo. Il loro inserimento è stato positivo, ora vedremo sul campo».
Tuttavia alle porte potrebbe esserci un altro straniero: «Vedremo: il presidente sta cercando di darci un ulteriore rinforzo che potrebbe arrivare a giorni. Le amichevoli ci hanno detto che ci manca un tiratore esterno, speriamo di poter fare un buon colpo».
Quindi tocca a Carlos Lopez, responsabile del settore giovanile, illustrare le cifre del suo “impero”. «Abbiamo 216 giocatori tesserati, con 12 squadre attivi delle quali 3 nei campionati nazionali giovanili (U16, U18 e U23); il nostro Centro di formazione è riconosciuto da Swiss Olympic, con 2 allenatori Swiss Olympic, 3 allenatori professionisti e 18 istruttori. Gestiamo il doposcuola di basket all’Elvetico, alle Elementari di Ruvigliana e di Breganzona e poi tutte le under con due squadre per categoria. Belli anche i successi a livello cantonale e a livello svizzero, vicecampioni nelle U17 e U20. Insomma, un movimento di primissima qualità che porterà ad avere un futuro roseo per la nostra società. Il valore della prima squadra è proprio quello di essere elemento trainante di tutto il nostro club».
In chiusura i ringraziamenti del presidente agli sponsor, grandi e piccoli, che permettono la sopravvivenza alla società: in particolare alle Ail, alla Città di Lugano, Axim, Montansthal, Zurigo Assicurazioni, Visetti, La Mobiliare e via via tutti gli altri, compresi AnaCapri e Buffet della Stazione che garantiscono il vitto ai giocatori professionisti.
Play-guardia di 24 anni, Mattia Cafisi è tornato in Svizzera dopo la sua esperienza negli Stati Uniti, dove ha concluso il suo percorso scolastico alla Wyland Baptis University a Pleinwiew in Texas, dove ha ottenuto il bachelor in scienze. Quale esperienza hai vissuto? «Sia dal punto di vista scolastico, sia da quello cestistico è stata un’esperienza fondamentale. La struttura scolastica era di prim’ordine lo stesso si può dire per il basket».
Le differenze più evidenti a livello sportivo? «La cultura dello sport negli States è al top: si hanno a disposizione tutte le componenti utili alla crescita di un giocatore, dalle strutture agli allenatori. Il livello competitivo è molto alto e tutto quanto concorre a farti crescere. Sei molto responsabilizzato, l’ambiente ti fa sentire l’appartenenza all’Università e ti senti molto legato ai compagni di squadra. Ritengo di essere cresciuto molto sul piano tecnico e spero che questo aspetto mi possa dare i giusti spazi nel nostro basket. Sono venuto a Lugano per dare il massimo e continuare il mio processo di crescita potendomi confrontare con giocatori di calibro ed esperti. Ciò perché dal basket universitario a quello professionistico il salto rimane comunque importante, anche se sappiamo che il livello medio in Svizzera non è paragonabile a quello statunitense».
Come va l’inserimento? «Direi bene, anche se a singhiozzo, visti alcuni infortuni che hanno condizionato la mia preparazione. Ma il tempo non manca perché il mio contributo sia adeguato ai bisogni della squadra per l’inizio del campionato».