La medaglia d'oro di Lara Gut-Behrami è frutto di un'evoluzione che le ha permesso di trovare un equilibrio tra la vita fuori e dentro la pista
Le mancava, se l'è preso. L'oro. Alla prima occasione, nella sua gara prediletta ma forse proprio per questo anche la più insidiosa, perché al cancelletto di partenza del superG di Cortina e di una pista Olympia che aveva già domato tre volte in passato, Lara Gut-Behrami si è presentata con addosso la pressione della favorita numero uno, di chi non poteva sbagliare dopo aver dominato le ultime quattro prove disputate in Coppa del mondo e più in generale dimostrato di essere tornata ai suoi migliori livelli. Da domare e dominare, prima ancora che le insidie del tracciato ai piedi delle Dolomiti o le avversarie, c'erano le emozioni. E forse più per questo che per tirare linee e curve alla perfezione, serviva la Lara migliore.
Non quella del passato però, bensì una sciatrice e una donna nuova, resa più forte dalla vita e da quelle stesse difficoltà che dopo averla "abbattuta", le hanno permesso di crescere. Come? Aiutandola - lo ha più volte dichiarato anche lei - a trovare un equilibrio, in pista ma prima ancora nella vita, in cui è diventata la signora Behrami (nel 2018) e ha ridefinito le sue priorità. Tra le quali beninteso lo sci non è comunque mai venuto meno, anche se nel cuore e nella testa di Lara la competizione ha dovuto lasciar spazio (e importanza) anche ad altro. Lo ha detto lei stessa dopo la prova che l’ha incoronata: al cancelletto di partenza era nervosa, sì, ma per il desiderio di dimostrare tutto il suo valore e di giocarsi le sue chance di vittoria, non per la necessità di mettere in bacheca quell’oro per certi versi maledetto. Oggi, più importante per la ticinese è chi le sta accanto nella stanza dei trofei, nonché il piacere provato nel tentare di riempirla, più che la soddisfazione nel vedere la collezione allargarsi.
Un'evoluzione – ma anche una sorta di ritorno alle origini, a quando da ragazzina metteva gli sci a piedi sulle nevi di Airolo per puro divertimento – che le ha permesso di andare oltre a quella che era prima (del grave infortunio al ginocchio sinistro ai Mondiali di St. Moritz 2017) e diventare una versione ancora più performante dell'atleta capace di conquistare la Coppa del mondo generale 2016, due coppette di superG, 57 podi nel Circo Bianco e sei medaglie tra Mondiali (tre argenti e due bronzi) e Olimpiadi (terza a Sochi). Ma non l'oro. Per quello c'è voluto appunto una Lara 3.0, capace di lasciare al cancelletto di partenza della gara più attesa le pressioni (esterne e interne), le paure, gli infortuni e le lacrime del passato – come dimenticare quelle amare sul podio olimpico 2014 per la vittoria in discesa sfumata di 10 centesimi; o quelle versate per la medaglia mancata di 0”01 nel superG dei Giochi di Pyeongchang –, per accarezzare come solo lei sa fare le sinuosità del pendio e andare a prendersi un titolo mondiale che lancia alla grandissima un Mondiale nel quale avrà ancora almeno altre due chance di medaglia (a cominciare dalla discesa di domani, poi ci sarà il gigante ed eventualmente il parallelo). E che le riserva un posto tra i più grandi di sempre.
Dall'Olympia all'Olimpo, il passo non è stato breve e nemmeno semplice, ma di certo più che meritato.