Lara Gut-Behrami, Michelle Gisin, Beat Feuz, Marco Odermatt: sono tanti i rossocrociati in grado di puntare al titolo nelle rispettive specialità
Un poker d’assi con legittime ambizioni: così si presenta al via la squadra femminile capitanata da Lara Gut-Behrami, Michelle Gisin, Corinne Suter e Wendy Holdener, tutte campionesse in grado di puntare al titolo nelle rispettive specialità e di migliorare sensibilmente il bilancio della passata rassegna iridata che fruttò tre medaglie, tra le quali l’oro in combinata della svittese specialista dei paletti stretti.
Straordinaria in superG, Lara scatterà in veste di grande favorita nella gara in programma domani. Al collo la ticinese ha già messo cinque medaglie, ma le manca quella d’oro. Quattro successi filati nella sua disciplina prediletta fanno di lei una serissima pretendente al metallo più prezioso. L’assenza di Sofia Goggia apre scenari affascinanti anche in discesa, su una pista, l’Olimpia delle Tofane, che ha gia dimostrato di gradire. A maggior ragione in caso di successo in superG che le darebbe una spinta che potrebbe trasformare in oro anche sabato. Il terzo posto in parallelo a Lech e il secondo nell’ultimo gigante a Plan de Corones, le consentono di pensare in grande anche tra i paletti larghi.
Il ruolo di favorita lo ritrova a quattro anni di distanza da St. Moritz 2017. La stagione precedente l'aveva chiusa in trionfo, con la conquista della generale di Coppa del mondo, nell'inverno che precedette quei Mondiali si presentò con cinque successi all'attivo e nove podi (oggi le vittorie sono quattro, i podi sette). Ci sono molte similitudini, con St. Moritz. Ma c'è anche una grossa differenza che può rivelarsi un atout, a Cortina: la serenità e l'equilibrio di un'atleta maturata, più consapevole: «Mi sento libera nella testa - conferma la ticinese -. Non ho nulla da dimostrare. Certo, voglio vincere, ma non ho nulla da perdere, posso solo guadagnarci. Non dovessi impormi, saprei che comunque ho già raccolto molto, in carriera. E potrei dirmi fiera di essere tornata in alto, dopo quel 2017. Quattro anni fa avevo più pressione». Una pressione che le costò l'infortunio al ginocchio durante lo slalom per la combinata, tre giorni dopo il bronzo in superG. Fu un segnale di quanto il corpo avesse accusato il carico delle attese riposte su di lei. Il ritorno ai vertici è stato un percorso tortuoso e lungo, perturbato da brutte controprestazioni con annesse inevitabili critiche. Il doppio successo di Crans-Montana di un anno fa, il terzo rango di Bansko poco prima, che ha rappresentato il primo podio della passata stagione, hanno spazzato via glu ultimi dubbi. Anche se Lara non riesce a individuare un preciso momento chiave: «Non c'è una gara che ha significato la svolta. Si è trattato di un processo a tappe», portato avanti con il duro lavoro e la cura dei dettagli in ogni ambito, tecnico, fisico e mentale. I risultati sono lì da vedere. E promettono molto bene.
Atleta polivalente, Michelle Gisin ha brillato particolarmente nelle discipline tecniche. Vincitrice in slalom a Semmering, formidabile in gigante a Kranjska Gora, l’obvaldese avrà modo di mettersi in luce in ogni gara. È smaniosa di gareggiare, visto che ad Are marcò visita a causa di un infortunio rimediato a Garmisch, a ridosso della rassegna iridata del 2019. Campionessa olimpica di combinata, oggi è subito attesa a un primo riscontro. Se la vedrà con le solite note Petra Vlhova, Mikaela Shiffrin, Federica Brignone e Wendy Holdener.
Nelle prove di velocità, alle spalle di Lara Gut-Behrami si profila Corinne Suter, in grado di inserirsi nella lotta per le medaglie. La svittese ha cambiato marcia proprio due anni fa ad Are, dove conquistò l’argento in discesa e il bronzo in superG. Detentrice della Coppa di cristallo di discesa e superG, da due anni entra regolarmente nelle prime dieci. Quarta nella prima libera di Cortina nel 2019 poco prima dei Mondiali di Are, è una delle attese protagoniste.
Delle quattro campionesse più profilate, quella meno “in palla” sembra Wendy Holdener, reduce dalla separazione dal tecnico Klaus Mayrhofer che la seguiva dallo scorso aprile. Non è però il caso di non considerarla capace di una medaglia, benché in questa stagione sia salita una sola volta sul podio, a Flachau. Duplice campionessa del mondo di combinata, nei grandi appuntamenti è solita rispondere presente (le medaglie sono tre, i diplomi olimpici due).
Non manca certo la fiducia, alla squadra svizzera maschile, in una rassegna iridata che i rossocrociati prendono di petto, forti di una selezione che li pone potenzialmente sul podio in ogni disciplina, discesa, superG, gigante, slalom, parallelo e combinata. Con 5 vittorie e 20 podi c’è di che fare dimenticare il disastroso bilancio della passata edizione di Are (nessuna medaglia).
Il gruppo rossocrociato è molto omogeneo, in grado di brillare in più. Loïc Meillard può farsi valere in combinata e in gigante. Nella velocità fari puntati su Beat Feuz e Mauro Caviezel. Il grigionese deve dimostrare di aver superato l’infortunio di gennaio a Garmisch (trauma cranico e lesione al legamento laterale del ginocchio). La libera è in programma sabato, il tempo per prepararsi c’è. Il bernese (duplice trionfatore sulla Streif) punta alla terza medaglia iridata della carriera dopo l’oro di St. Moritz del 2017 e il bronzo di Vail del 2015. A suo agio su ogni tipo di tracciato, Feuz non conosce la pista “Vertigine”, per cui dovrà per forza dedicare più attenzione alle discese di allenamento che lui è solito usare “solo” per affinare i passaggi cruciali.
Secondo a Kitzbühel e terzo sabato a Garmisch, sempre più impressionante nella velocità, Marco Odermatt si profila come un outsider in superG, tanto da inserirsi tra i favoriti. Salito sul podio a sei riprese, il nidvaldese ha quanto serve per fare un colpaccio
È però in gigante che la Svizzera sembra disporre degli argomenti di squadra più validi. Delle sei gare della stagione, cinque volte gli elvetici sono saliti sul podio. La punta di diamante è il già citato Odermatt, ma Justin Murisier, Loïc Meillard e Gino Caviezel sono tutto fuorché semplici comprimari.
In slalom, il trascinatore è Ramon Zenhäusern, forte di tre podi comprensivi dei due secondi posti ottenuti di recente a Chamonix. Tra i paletti stretti, però, le insidie non mancano. Buon per la Svizzera che nella faretra ci siano altre frecce accuminate: Luca Aerni e Loïc Meillard su tutti, e uno tra Daniel Yule, Tanguy Nef e Sandro Simonet che si contenderanno il quarto pettorale rossocrociato.
È la quarta volta che i Mondiali di sci alpino hanno luogo a Cortina. Per trovare la prima si torna indietro agli albori della lotta per i titoli iridati: correva l’anno 1932, e la località dolomitica ospitò l’edizione dell’anno successivo alla prima in assoluto, quella di Mürren nell’Oberland bernese (1931). Poi fu la volta del 1941 e del 1956, momento storico in cui i Mondiali si svolgevano - come sempre tra il 1948 e il 1980 - nell’ambito dei Giochi olimpici invernali.
Nel 1932 una delle atlete più acclamate fu la glaronese Rösli Streiff, campionessa del mondo in slalom e in combinata. Dell’edizione del 1956, lo sport ricorda soprattutto la straordinaria polivalenza del leggendario austriaco Toni Sailer, capace di trionfare in tutte le discipline. Ci fu gloria anche per i colori rossocrociati, in ambito femminile: la vodese Madeleine Berthod vinse l’oro in combinata e in discesa davanti alla bernese Frieda Dänzer, la ginevrina Renée Colliard conquistò l'oro in slalom.
E il 1941? Non ce n’è traccia, nelle statistiche ufficiali della Fis. Il settore alpino si mescolò con quello nordico, in un’edizione segnata dalla Guerra mondiale che imperversava già da diciassette mesi. Ne consegue che il numero delle nazioni partecipanti fu particolarmente esiguo. Nell’alpino, furono dieci, tra le quali la Svizzera. Le gare furono dominate da atlete e atleti del Reich tedesco e dell’Italia del regime fascista. Si divisero tutte le medaglie dello slalom, della discesa e della combinata. I rossocrociati che ottennero i risultati migliori furono il grigionese Rudolf Rominger, quinto in slalom e in combinata, e Vreni Fuchs, quarta nella libera femminile.
I risultati furono mantennero i crismi dell’ufficialità solo per poco tempo, fino all’estate del 1946. In un congresso postbellico che ebbe luogo a Pau, nei Pirenei, i delegati della Fis ne decretarono la cancellazione, motivando la decisione con il numero insufficiente di paesi partecipanti a seguito delle particolari circostanze politiche. Quel provvedimento fu però ispirato anche dal dolore per le vittime del secondo conflitto mondiale. La Fis volle infatti evitare che lo sport e la storia dello sci venissero accostati a un evento bellico.
La nazione con il maggior numero di medaglie conquistate ai Mondiali è di gran lunga l’Austria, con 294 (96 d’oro, 103 d’argento e 95 di bronzo). Segue la Svizzera con 195 (66, 69, 60).
La classifica degli atleti più titolati ai Mondiali (che tiene conto del numero di medaglie d’oro prima che del numero complessivo) è capeggiata da Marcel Hirscher, a quota 11 (7 d’oro e 4 d’argento). Il formidabile austriaco ritiratosi al termine della passata stagione precede il leggendario connazionale Toni Sailer (8 medaglie in tutto, di cui 7 d’oro, ottenute tra il 1956 e il 1958). Al terzo posto un altro mostro sacro dello sci alpino, il francese Jean-Claude Killy (1966-1968, 6 medaglie, tutte d’oro). Quarto, il norvegese Kjetil André Aamodt (1991-2003) che però è l’atleta con il maggior numero di medaglie in assoluto, ben 12 (5 d’oro). L’italiano Gustav Thöni è quinto con 7 (5 d’oro), come lo svedese Ingemar Stenmark. Primo degli svizzeri è Pirmin Zurbriggen, decimo con 9 medaglie, 4 delle quali d’oro. Al secondo posto per numero di metalli messi al collo, nono della classifica, il lussemburghese Marc Girardelli con 11 (4 d’oro).