Intervista ad Andrea Fazioli che per Casagrande ha 'completato' il libro rimasto incompiuto dello scrittore svizzero Friedrich Glauser
Il corpo di una giovane donna viene ritrovato nei pressi del Monte Verità. Un baule pieno di manoscritti viene alla luce. Un editore propone a uno scrittore di completare un romanzo incompiuto.
Sono alcuni degli ingredienti che si trovano in ‘Le vacanze di Studer’ (Edizioni Casagrande 2020), romanzo di Friedrich Glauser rimasto incompiuto alla morte del grande scrittore e adesso completato, per così dire, da Andrea Fazioli.
Andrea Fazioli, iniziamo dalla doppia firma che troviamo sulla copertina. Potremmo considerarlo un romanzo ‘quattro mani’, per quanto anomalo?
Certo parlare di “romanzo a quattro mani” è un po’ difficile, visto che Glauser è morto nel 1938. Tra l’altro quando aveva la mia età: quando ha lasciato in sospeso questo romanzo aveva 42 anni, anche se l’aveva iniziato negli anni Venti.
Quando l’editore Casagrande mi ha proposto di continuare questo romanzo incompiuto, ero un po’ scettico: è lo stile di Glauser, è il personaggio di Glauser, perché dovrei continuarlo, qual è il senso? Poi ho letto il manoscritto e ho capito che si trattava di fare qualcosa d’altro, perché Glauser non aveva semplicemente scritto metà romanzo lasciandolo lì: il suo inedito consiste in più inizi del romanzo.
Da qui l’idea di procedere su più livelli.
Ho pensato che si potesse fare sì un romanzo compiuto – devi pur raccontare qualcosa al lettore – ma al contempo rendere omaggio a Glauser facendo in modo che la narrazione girasse intorno a questi frammenti. Non è possibile metterli semplicemente uno dopo l’altro e poi continuare, più che una aggiunta è un mio lavoro intorno ai frammenti di Glauser. In questo senso si può parlare di un lavoro “a quattro mani”, perché mi sono continuamente confrontato sia con quei frammenti, sia con tutto quello che Glauser ha scritto. Per me è stata un’immersione totale nell’opera di Glauser, arrivando comunque a sistemare quei frammenti in qualcosa che avesse comunque un inizio, uno svolgimento e una fine.
Glauser è un autore che ho sempre amato, fin da ragazzino: questo lavoro è stato bello, emozionante. E lungo, perché come accennato all’inizio avevo mille cautele, mille paure.
Anche perché quali parti sono di Andrea Fazioli e quali di Friedrich Glauser lo si scopre, se si vuole, alla fine, leggendo la nota ai testi.
Esatto. I capitoli scritti da Glauser sono immutati, li ho lasciati come li ho ricevuti dalla traduttrice Gabriella de’Grandi. Se uno vuole può leggere solo quelli: la nota ai testi è alla fine, ma ci tenevo a mettere un’avvertenza all’inizio perché, giustamente, se uno è un appassionato di Glauser e non gliene frega niente di leggere Fazioli, può leggersi solo l’inedito.
Ma volevo anche una lettura che procedesse filata, seguendo il sergente Studer in questa sua vacanza ad Ascona e per fare questo ho creato due filoni narrativi.
Con da una parte il commissario Studer in vacanza, dall’altra lo scrittore Andrea Fazioli che riceve una proposta da un editore.
Volevo scrivere una storia in cui almeno all’inizio non si distinguessero le parti scritte da Glauser da quelle scritte da me, in modo che il lettore potesse seguire le avventure di Studer dall’inizio alla fine. Ma perché ciò fosse possibile, giustificando anche alcune incongruenze nelle parti di Glauser che erano ancora da rivedere, ho messo in scena me stesso. Ho anche usato alcuni topoi letterari del genere – anche ironicamente, per sconfessarli, come del resto piaceva fare a Glauser. Diceva che non si scrive per dare ai lettori un colpevole, ma alla maniera di Simenon Glauser era un’indagatore dell’atmosfera, dei luoghi, dell’animo umano. Ho usato alcuni cliché del romanzo poliziesco classico per creare una sorta di gioco narrativo, per riflettere sul genere.
E questo anche per la storia: non è il tradizionale giallo perché a Glauser stesso non sarebbe piaciuto. Ho voluto fare uno scavo nell’interiorità dei protagonisti, una riflessione sulla loro solitudine. E, mettendo in scena me che scrivo, anche una riflessione sullo scrivere.
La conclusione però è di Fazioli, non di Glauser.
Alla fine c’è un’ironia ‘glauseriana’ che ho fatto mia.
Ho cercato di capire, leggendo anche sue lettere, che cosa gli sarebbe piaciuto fare con questo suo romanzo. Penso in particolare a questo ambiente degli anni Venti, dove nello stesso luogo si trovavano realtà così diverse. I contadini e la gente del luogo, poi questi intellettuali del Monte Verità per i quali Glauser provava un certo fascino ma verso i quali provava anche una certa perplessità, per il loro allontanarsi dalla realtà, mentre lui nella sua vita avventurosa è sempre stato uno che ha giocato dentro la realtà. E poi abbiamo ricchi che davano alloggio a questi intellettuali, e i primi turisti. Si avverte un fermento sociale molto particolare, di grande cambiamento. La gente di Ascona che si trova con questi Balabiot, le ville dei ricchi, la danza, l’antroposofia…
Una società stratificata.
Studer è uno che lavora dal basso, che arriva dalle classi popolari e Glauser questo lo rimarca. Secondo me si vede come volesse mettere in evidenza questa frattura sociale. Ed è un aspetto al quel tengo anche perché mi sembra molto attuale, con una dimensione popolare scollata dalla dimensione culturale e anora di più scollata dalla dimensione di questi ricchi.
Il valore di Studer è quello di stare nella realtà e in questo è certamente più vicino al popolo di Ascona che non agli artisti del Monte Verità. Con una eccezione: Marianne Werefkin, che è l’autrice del quadro in copertina. A un certo punto lei sarà di fondamentale aiuto per Studer, proprio perché lei era diversa da tutti gli altri artisti, aveva un rapporto di vicinanza con la popolazione di Ascona che gli altri artisti non avevano. La sua è una storia particolare: prima devota al marito, poi da lui abbandonata, seppe trovare una sua strada, una fedeltà al luogo di Ascona, diventando come pittrice secondo me migliore del marito… lei, personaggio vero, incontra il personaggio finto di Studer ma entrambi mi sembra manifestano quello che Glauser stesso pensava di Ascona, quello che Glauser ha tratto dal suo soggiorno ad Ascona.
In una delle tante tappe della sua avventurosa vita.
Un soggiorno finito in maniera tempestosa: Glauser ricadde nella dipendenza di morfina, fu arrestato a Bellinzona per il famoso furto di bicicletta.
Io infatti l’avevo detto all’editore: mettere la biografia di Glauser a fianco della mia rischia di essere pericoloso. Da una parte hai soldato nella Legione straniera, minatore in Belgio, dadaismo, Monte Verità… dall’altra “Andrea Fazioli, vive a Bellinzona”.
La vita di Glauser emerge anche nel romanzo: con un espediente narrativo ho dato voce allo stesso Glauser, mi interessava che rientrasse anche lui, il suo modo di vedere il mondo, il suo modo di vedere la scrittura.