Arte

Arnold Nesselrath, vi racconto 'Raffaello!'

All'interno della rassegna 'Metamorfosi', la voce più autorevole sull'artista urbinate nell'Aula Magna dell'Usi, lunedì 28 settembre.

26 settembre 2020
|

Epoca di cambiamenti la nostra. Repentini, non definitivi, non pianificabili. In risposta alle inquietudini più recenti, la rassegna Metamorfosi, organizzata dall’Associazione Fare Arte NEL nostro tempo, propone una riflessione che conduce a due figure identificabili con il concetto di cambiamento. E dove il soggetto, se un contagio è capace di portare, è puramente artistico. Partendo dal futuro per venire a noi: il 30 novembre l’argomento sarà Leonardo, nella conferenza con Francesco Caglioti: il prossimo lunedì 28 settembre alle 20.30 invece, nell'Aula Magna dell'Università della Svizzera italiana, di Raffaello a cinquecento anni dalla morte parlerà Arnold Nesselrath, la voce più autorevole sul pittore e architetto urbinate. Professore di Storia dell'Arte alla Humboldt Universität di Berlino, direttore dei dipartimenti dell’arte bizantina e moderna dei Musei Vaticani dal 2009 al 2017, Nesselrath ha da poco pubblicato per Rizzoli la monografia intitolata ‘Raffaello!’. Introdurrà l’incontro Howard Burns, professore emerito di storia dell'architettura presso la Scuola Normale Superiore di Pisa; modererà Stefano Vassere, direttore delle Biblioteche cantonali.

Professor Nesselrath, di cosa parlerà a Lugano?

Parlerò di pazienza e potere. Raffaello lavorava alla corte dei Papi, quindi cercherò di dimostrare la sua arte come pittore e architetto e studioso dell’antico, naturalmente, ma anche la sua personalità, la sua capacità di adattarsi ai continui cambiamenti delle richieste, grazie al suo carattere molto sereno che gli consentiva di trovare una soluzione, una qualità che gli serviva per fare ‘colpo’.

A questo proposito: quanto si sa di Raffaello che non siano specificatamente le sue opere?

Di lui c’è una descrizione dei primi biografi, e cioè Paolo Giovio e Giorgio Vasari, che ne specificano questo carattere benevolo, l’inclinazione ad aiutare il prossimo, il rispetto per gli animali. Questo viene confermato anche dai suoi contemporanei, in sintonia coi primi biografi. Essendo Raffaello un personaggio con molto lavoro da eseguire, era fondamentale per lui accontentare i molti committenti in tutta Italia e in tutta Europa. Nello stesso tempo doveva, per esempio, assumersi la responsabilità della nuova Basilica di San Pietro. Era uno che dava anche un nuovo indirizzo all’architettura, uno dei massimi esperti in questo campo non solo dei suoi anni. E dal punto di vista della metodologia era un personaggio che riusciva a captare il senso dell’antico sia intellettualmente sia traducendolo in opere, come sta a dimostrare la cappella Chigi a Santa Maria del Popolo.

Nel suo ‘Raffaello!’, il punto esclamativo ha un significato particolare?

Certo! Vuole propagare la sua arte e il suo atteggiamento, che è creativo e critico insieme. È un po' provocatorio, ma soprattutto vorrei stimolare il lettore e lo spettatore a cercare il proprio Raffaello, che rimane sempre lo stesso, ma che ispira ognuno in modo individuale, come tutti i geni.

Si dice che Raffaello sia una delle ‘star del mondo delle mostre’, come dimostrato da quella chiusasi in agosto a Roma nelle Scuderie del Quirinale…

Questo è vero. Purtroppo, da un lato. Ci sono talmente tante mostre e non tutte necessariamente approfondiscono la conoscenza della bellezza dell’artista. Poi c’è la questione legata ai prestiti, che corrono sempre più rischi per motivi conservativi. E quando i prestiti non ci sono, la qualità, l’importanza e la grandezza di Raffaello diventa assai difficile da comunicare. La mostra delle Scuderie, molto valida, è stato un grande successo e nel contempo ha cercato di presentare l’artista anche nella sua universalità. L'inflazione delle mostre, soprattutto per scopi commerciali, vale anche per mostre di altri artisti.

Che libro è ‘Raffaello!’? Cosa aggiunge ai precedenti?

È una monografia senza essere la solita biografia, perché così come abbiamo troppe mostre su Raffaello, abbiamo anche troppe biografie (sorride, ndr). Ho cercato di dare un taglio molto diverso dalla discussione di attribuzioni e datazioni. Mi sono domandato quale sensazione avessero artisti contemporanei di massimo livello dei nostri tempi come Anselm Kiefer, Damien Hirst, Georg Baselitz, Bill Viola al cospetto col maestro, toccando con mano le opere di Raffaello. Con questi quattro grandi artisti siamo saliti sui ponteggi nelle Stanze nei Musei Vaticani, ho raccolto lì le loro sensazioni. Parlo della grande bottega di Raffaello, cerco di dimostrare la virtuosità dell’artista. In generale, in tutti e cinque i capitoli, sette se includiamo l’introduzione e l’epilogo, ho cercato di trattare l’universalità di Raffaello, sia come pittore, che è forse la parte più nota al mondo intero, sia come architetto, un aspetto di lui troppo poco considerato. E poi il Raffaello studioso dell’antico, il Raffaello che riusciva a guidare le persone, cosa che a distanza di cinquecento anni riesce, in un certo senso, a fare ancora oggi.

Quanto vi è ancora da scoprire di Raffaello Sanzio che ancora non si conosce?

Non lo sappiamo. Bisogna sempre guardare la qualità di questo artista, bisogna fare i conti con il contributo della bottega, oltre al dover confermare l’autenticità dell’opera, la sua genuinità. Ci sono naturalmente opere smarrite che conosciamo da documenti, come per esempio un secondo ritratto di Baldassare Castiglione, o come opere grandissime come i cartoni per gli arazzi della Cappella Sistina, grandi dipinti a tempera inviati a Bruxelles per essere trasformati in arazzi, solo sette dei quali sono al Victoria and Albert Museum di Londra e che dovrebbero essere sedici. C’è poi il ritratto del poeta Tebaldeo, ci sono opere che mancano ma non sappiamo se ancora esistono. Quanto ai disegni, quanto si possa ancora scoprire è difficile dirlo. È qualcosa che richiede grande competenza per assicurare certezza alle eventuali scoperte. Ma non è soltanto quello. È anche l’interpretazione che dobbiamo fare, l’atteggiamento critico. Se pensiamo al suo grande monito alla conservazione dei monumenti antichi che si stavano deteriorando, questo è lo stesso identico monito che vale oggi. Tutti questi elementi sono importanti per avere una visione più completa possibile di un genio quale Raffaello, dal quale c’è da imparare molto. È lo stesso fascino provato dagli artisti contemporanei nel momento della visione ravvicinata delle sue opere.

Con i 500 anni dalla nascita dell’artista si è tornati a parlare di Rinascimento, auspicandosene uno. Auspicio che assume ulteriore attualità uscendo, o cercando di uscire, dal buio dell’evento pandemico… 

Se davvero ci si auspica un Rinascimento, allora deve trattarsi di un Rinascimento della nostra società. Gli artisti ci sono, ci provano, ci mettono grandi idee. Sta nell’educazione, nella formazione delle singole persone il compito di riconoscere, di avere un atteggiamento critico, che è quello che serve alla nostra società. In quest’ottica, la cultura svolge un ruolo molto importante. È grazie a iniziative come quella dell’Associazione Fare arte NEL nostro tempo, è grazie all’onere che si è preso la Rizzoli con un libro di questo tipo che possono aiutare a formare i giovani e le coscienze. Se si chiama Rinascimento o se si chiama Espressionismo o Stile Liberty, quello non importa. È di critica e di cultura di cui abbiamo bisogno. Per questo la figura di Raffaello è importante, perché semina questa cultura nel mondo e il mondo reagisce. Paesi come la Francia, l’Inghilterra, la Germania hanno tutti un proprio Raffaello, come l’Italia ha il suo. L’importante è mettersi in relazione con questo artista. Naturalmente perché questo accada l’artista dev’essere attraente, e nel caso di Raffaello si può ben dire sia così.

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔