Dalle analisi è emersa la presenza del perfluoro-ottansulfonato e adesso la falda è sotto osservazione. L'Age ha attivato delle misure precauzionali
Dopo il clorotalonil alla popolazione del Mendrisiotto tocca fare la conoscenza con un'altra sostanza chimica finita in una delle falde del Distretto. Si tratta del perfluoro-ottansulfonato, noto a chi mastica di chimica come Pfos. Finito nel terreno, con tutta probabilità, da anni, di recente è riaffiorato nel Pozzo Prà Tiro, fra Chiasso e Balerna. Ovvero in una delle fonti a cui si disseta il comprensorio chiassese (ma non solo), interessando i Comuni di Balerna, Morbio Inferiore, Novazzano, Vacallo e Coldrerio. La sua presenza è venuta a galla il maggio scorso al seguito di indagini ambientali condotte dalla Sezione della protezione dell’aria, dell’acqua e del suolo del Dipartimento del territorio, che si sta muovendo di concerto con le autorità locali e quelle federali. La preoccupazione per quanto accertato, analisi alla mano, era già nell'aria in questi giorni fra le istituzioni regionali, convocate venerdì a una lunga riunione per fare il punto sulla situazione e concordare la strategia comunicativa, sfociata oggi, lunedì, in una nota stampa. Un fatto è certo: dover fare a meno di quella sorgente sarebbe un problema per questo territorio e i suo abitanti, che da decenni sentono parlare di pozzi a rischio e di captazione a lago.
Se la preoccupazione è palpabile (almeno fra i politici del posto), a restituire una analisi scientifico-tenica ci pensa l'Age, l'Azienda acqua, gas ed elettricità cittadina. Oggi, fa sapere l'Azienda diretta da Corrado Noseda, sgombrando subito il campo, l'acqua del Pozzo Prà Tiro resta 'potabile' e i limiti imposti dalle normative sono rispettati. Ciò non toglie che la falda a ridosso del Penz e dell'area ferroviaria resta una osservata speciale. È vero che la concentrazione del perfluoro-ottansulfonato al momento resta 'al di sotto del limite di legge', l'Age, però, ha ritenuto di 'adottare precauzionalmente alcune misure per contenerla e mantenerla durevolmente su valori sensibilmente inferiori a quelli riscontrati'.
Attivati dei 'prelievi periodici per valutare l’evoluzione della concentrazione di Pfos nel tempo e misurare i benefici apportati dagli interventi messi in campo', si sono predisposti altri provvedimenti tecnici. In particolare, spiega l'Age, si è modificato il regime di pompaggio dell’acqua dalla falda, si sono aggiunti nei filtri esistenti di un quantitativo di carbone attivo specifico per questo tipo di sostanze e, infine, si sono realizzati dei pozzi scudo a protezione della captazione del Prà Tiro. Secondo la letteratura scientifica, del resto, qualche problema all'ambiente e alla salute questa sostanza lo cagiona. Tant'è che a livello federale è stata vietata: il veto è caduto nel 2011 per la sua commercializzazione, sebbene il suo utilizzo 'per alcune applicazioni particolari è stato tollerato fino alla fine del 2018', annota ancora l'Azienda chiassese.
Quale può essere stata però la sua origine? 'Il Pfos veniva diffusamente impiegato nell’industria, per esempio nei processi galvanici di rivestimento dei metalli, e come additivo alle schiume usate nella lotta antincendio', si chiarisce. Gli appronfondimenti della Spaas si focalizzeranno in effetti su quelle cause e sui luoghi sensibili. 'Tra questi - si conferma nella nota - figurano i siti che hanno ospitato in passato determinate attività industriali oppure soggetti all’impiego ripetuto di schiume per la lotta antincendio. Sappiamo che alcune aree attorno a quella in cui si trova la falda del Prà Tiro sono state interessate in passato da vari eventi che hanno chiamato in causa i pompieri, con lo spargimento di notevoli quantità di schiumogeni', oltre a essere sede di diverse esercitazioni.