I partiti si confrontano su come affrontare la crisi post coronavirus. E il Consiglio di Stato traccia il bilancio di questi mesi: 'Adesso non roviniamo tutto'
“La democrazia non è stata intaccata o andata in letargo, si è adattata a una soluzione senza precedenti”. Così, a due mesi dall’ultima seduta, il presidente del Gran Consiglio Claudio Franscella ha inaugurato oggi la sessione del Legislativo al Palazzo dei Congressi di Lugano. Un rientro “alla piena attività” da parte di un parlamento che, a causa della pandemia di coronavirus, “ha dovuto procedere con ritmi inusuali, rispettando la situazione sanitaria che è stata molto critica”. Un periodo nel quale “la collaborazione tra Consiglio di Stato, Stato maggiore cantonale di condotta, medico cantonale e Gran Consiglio è stata costante, e ci ha permesso di svolgere il nostro compito di stare a contatto e di vigilanza dell’Esecutivo”.
Mesi che “hanno portato dolore e sofferenza nelle nostre famiglie, a loro va il nostro conforto e sostegno morale” ha aggiunto. Con un pensiero particolare “ai concittadini che non ce l’hanno fatta, dedichiamo a loro questa seduta parlamentare”. E non sono mancate, comunque, alcune seppur velate tirate d’orecchie: “Il parlamento tornato pienamente operativo - ha detto Franscella - deve in questa fase poter riprendere in mano senza vincoli o restrizioni tutte le sue competenze per ridare valore e responsabilità a tutte le sue procedure demoratiche”. Il riferimento, va da sé, è alla richiesta governativa di proroga dello Stato di necessità. E in ottica futura, l’augurio di Franscella è che “l’esperienza sia di insegnamento, e che lo Stato di diritto e i rapporti tra livelli istituzionali vengano salvaguardati ancor di più pure in uno Stato di necessità, o di grave calamità”. Infine, al presidente del parlamento che domani lascerà la carica al primo vicepresidente Daniele Caverzasio, un ringraziamento è andato allo Stato maggiore cantonale di condotta e al medico cantonale Giorgio Merlani “per il forte senso di responsabilità e coraggio mostrati in una situazione senza precedenti. Essere al timone senza rete di protezione, non è stata impresa facile”.
Atteso perché Consiglio di Stato e Gran Consiglio potessero finalmente stilare un bilancio di questo periodo, il dibattito-fiume (chiusosi ben oltre le 23) ha visto i partiti affilare le armi e mettere sulla scacchiera le prime pedine in vista delle importanti decisioni in merito alla ripartenza economica. Per la capogruppo liberale radicale Alessandra Gianella occorre “alimentare incessantemente valori fondamentali come libertà e responsabilità, perché lo Stato non può sostituirsi all’impegno di cittadini, aziende, associazioni che costituiscono il vero motore della Svizzera”. Concretamente, serve investire “in posti di apprendistato e nella qualifica professionale, soprattutto in ambito sanitario”. Senza dimenticare che “per rilanciare il commercio sarà fondamentale la flessibilità degli orari e spendere nel nostro territorio”. Evitando di “gettare milioni di franchi ad annaffiatoio, sarebbe insostenibile e creerebbe una voragine nel debito pubblico”. Il leghista Boris Bignasca sostiene l’operato del governo, “ma errori, discrepanze e lezioni apprese ce ne sono: abbiamo sottovalutato quanto successo in Lombardia all’inizio, abbiamo fatto finire il Rabadan, tenuto aperte le scuole, organizzato eventi…”. In più, “dipendere da lavoratori oltreconfine si è dimostrato un grave svantaggio, ci aspettiamo contromisure per diminuire la percentuale di frontalieri in ruoli chiave a favore di persone residenti: non si deve mai più dire che se l’Italia toglie infermieri non possiamo curare i nostri malati”.
Un forte richiamo in vista del futuro arriva dal capogruppo del Ppd Maurizio Agustoni: “Gli esperti devono dare tutti gli elementi per decidere, ma la decisione finale spetta alla politica”. Una politica che “deve lavorare per la formazione di personale indigeno nel settore sociosanitario, l’esperienza di questi mesi ha reso evidente la necessità di un cambiamento”. Tra le priorità popolari democratiche “il sostegno agli indipendenti, al mondo della ristorazione, alle piccole e medie imprese e al settore vitivinicolo”. E in merito al deficit previsto di oltre 300 milioni di franchi, “nel breve e medio periodo andrà creato un equilibrio finanziario che permetta di ricreare una riserva, ma ciò non significa che si debbano lesinare risorse per un’economia che sta andando incontro a un pericolo di difficoltà”.
A sostegno di “sforzi per formare personale residente nel settore sanitario” anche il capogruppo del Ps Ivo Durisch, che pone l’accento però anche “sui piccoli artigiani, gli indipendenti e su tutte le fasce più fragili della popolazione”. Vanno aiutati “perché le disuguaglianze rischiano di ampliarsi”. E mette le mani avanti: “Il risanamento delle finanze non dovrà passare da altri tagli a servizi e nel sociale”. Da questa crisi per Durisch “dobbiamo imparare che non dobbiamo lasciare indietro nessuno, e rimettere al centro il valore sociale del lavoro: al primo posto deve esserci la persona, non il profitto”.
Sono cinque le cose che per Sergio Morisoli, capogruppo dell’Udc, “non bisogna assolutamente fare”. Vale a dire “impedire la selezione economica tenendo in vita artificiale attività bollite e ditte stracotte; stravolgere la rete di aiuti sociali svizzeri con invenzioni comuniste come il reddito di residenza; sprecare aiuti finanziari, sussidi e finanziamenti, cioè i soldi degli altri; abbandonare l’equilibrio finanziario accumulando deficit; allargare l’intromissione dello Stato e della burocrazia nelle decisioni imprenditoriali private”.
Guarda al futuro anche il capogruppo dei Verdi Nicola Schönenberger, secondo cui “questa pandemia è una tragedia umana, sociale ed economica: nessuno l’avrebbe voluta. Ma ora che c’è, sarebbe irresponsabile non trasformarla in opportunità, sfruttando i cambiamenti strutturali in atto per costruire un sistema più resiliente, sostenibile e con più attenzione verso i cambiamenti climatici e l’ambiente”.
Le cannonate all’operato del Consiglio di Stato in questi mesi di emergenza arrivano dall’estrema sinistra. Angelica Lepori Sergi (Mps) rileva come “nella narrazione dominante il governo è stato eroico nel gestire l’emergenza, ma in realtà proprio impeccabile tale percorso non lo è stato. La decisione di non annullare il Rabadan resta grave, e lo stop alle visite nelle case anziani è arrivato troppo in ritardo. Fin dall’inizio la preoccupazione principale del governo è stata di non abbandonare gli imprenditori ticinesi”.
Toni forti anche dal deputato del Partito comunista Massimiliano Ay, secondo cui “non abbiamo bisogno di eroi ma di lavoratori valorizzati nei loro diritti. È indecente che in alcuni cantieri durante il ‘lockdown’ siano dovuti intervenire polizia e sindacati, il padronato ha tentato di sabotare le misure per difendere la popolazione e i salariati per il suo profitto”.
Tamara Merlo (Più donne) nota dal canto suo che “bisogna formare personale sociosanitario e ripartire dalle donne, dalle mamme che spesso sono a capo di una famiglia monoparentale con un salario inferiore a quello degli uomini”.
Prima del dibattito, ogni consigliere di Stato ha aggiornato il Gran Consiglio su quanto fatto dal proprio dipartimento durante l’emergenza. “Ciò che finora abbiamo letto nei libri, visto nei film o osservato da lontano è successo qui, da noi” ha esordito il presidente del Consiglio di Stato e direttore del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi. Una “crisi nuova che ha imposto una nuova normalità che ha portato a 146 risoluzioni governative”. E sullo Stato di necessità, oggetto di un’iniziativa parlamentare dell’Udc che chiede come il suo rinnovo venga avallato dal parlamento, Gobbi ha affermato: “Non è un assegno in bianco. Ci ha permesso di fare molto e in breve tempo”. E perché prolungarlo, usciti dalla fase acuta? “Per garantire libertà di manovra al governo in caso di repentini cambiamenti della situazione epidemiologica”.
Netto è l’avvertimento giunto dal direttore del Dipartimento sanità e socialità Raffaele De Rosa: “Siamo fase convivenza con virus, una situazione ancora più difficile della prima fase. Si rischia di sacrificare sulla griglia di qualche costinata quanto fatto nella fase acuta”. Dove “abbiamo imparato giorno dopo giorno a conoscere il virus, e dove tutti i malati hanno ricevuto le cure di cui avevano bisogno, con il rimodellamento dell’assetto ospedaliero con due strutture dedicate esclusivamente ai pazienti Covid-19”. Settimane “intense e forti”, che hanno mostrato qualche ombra come “l’eccessiva dipendenza dall’estero in alcuni settori strategici sanitari, paradossalmente nella patria dell’industria farmaceutica”. E che hanno portato lutti. Tanti lutti. Da De Rosa “un pensiero di vicinanza a tutti coloro che hanno sofferto e soffrono”.
Volge lo sguardo indietro il direttore del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta, notando come “l’ottenimento dell’ultima finestra di crisi da Berna è stato fondamentale per permettere il superamento della fase acuta, permettendo ai nostri cittadini e aziende di beneficiare di aiuti federali tenendo conto della situazione nel nostro cantone”. Ricette precise per il futuro ancora non ce ne sono. Ciò che è sicuro è che sarà un futuro a tinte nere, nerissime. “Le prime previsioni in Ticino parlano di un calo del Pil pari al 5,2% per il 2020”.
Protagonista del dibattito nelle scorse settimane è stato anche il Dipartimento educazione, cultura e sport il cui direttore Manuele Bertoli, sulla riapertura o meno delle scuole, si è tolto un sassolino dalla scarpa: “Il sistema, di base, è funzionante e operativo. Solo con cause di forza maggiore si ferma. Quando questa forza maggiore non sussiste più, si ricomincia”. E la scuola “ha reagito bene, pur sapendo che gli allievi a casa vivono in contesti diversi. L’insegnamento a distanza ha mostrato buona capacità del corpo docente di adattarsi e di mettere in campo nuove idee”. In vista di settembre gli scenari sono tre: scuola in presenza, una soluzione ibrida e il ritorno dell’insegnamento a distanza. E sul mondo culturale - settore toccato molto dalla pandemia - Bertoli afferma che “soffrirà anche in futuro in maniera importante, e avrà bisogno di politiche di accompagnamento particolari”.
A prendere la parola anche il capo dello Stato maggiore cantonale di condotta Matteo Cocchi, che ha illustrato con una relazione tecnica il funzionamento del gruppo in questi mesi, e il medico cantonale Giorgio Merlani. Quest’ultimo ha avvisato: “Nell’ultimo fine settimana la mobilità è aumentata di molto rispetto a prima: il virus non aspetta altro”.