Nell’incarto da visionare prima di dare il via libera alla nomina, il governo non ha trovato informazioni sulla sanzione amministrativa inflitta
Quel documento non c’era. Il Consiglio di Stato – all’atto di dare il via libera alla promozione dell’agente condannato per istigazione all’odio razziale per aver postato su Facebook frasi inneggianti al nazifascismo – non era stato informato della sanzione amministrativa decisa nei confronti del poliziotto. Sanzione inflitta dal governo stesso, con una risoluzione del 26 aprile 2016. Ma che ‘‘non figurava nell’incarto in occasione della nomina’’, fa sapere l’Esecutivo rispondendo a un’interrogazione del capogruppo socialista Ivo Durisch.
Il motivo di questa mancanza? Più di uno, visto che ‘‘sono state considerate le numerose nomine sottoposte settimanalmente al Consiglio di Stato, il lungo tempo trascorso dalla summenzionata decisione, la struttura e la composizione particolarmente stringata di tutti i dossier relativi alle singole nomine trasmesse ai consiglieri di Stato’’. Eccezione? Dimenticanza? No, prassi.
Da noi interpellato, Norman Gobbi, direttore del Dipartimento delle istituzioni, annota che «per quanto concerne le nomine del personale, di solito nei lavori preparatori che precedono la seduta i quattro consiglieri di Stato e il Cancelliere ricevono un dossier». Dentro al quale, continua Gobbi, «sono presenti il bando di concorso, i nominativi di tutti i candidati con la graduatoria delle persone idonee e delle non idonee ad assumere la carica». Punto, perché «le informazioni concernenti le sanzioni, pertanto, non vengono formalmente inserite nell’incarto che la Direzione dipartimentale fornisce agli altri membri del governo». E sul merito della questione, vale a dire la promozione che tanto polverone ha sollevato, il direttore delle Istituzioni tiene a sottolineare che «la procedura seguita per questo incarto è stata conforme alle disposizioni vigenti e alla prassi. Per questo motivo ho sostenuto la proposta del Comando della Polizia cantonale, assumendomi la responsabilità di questa nomina».
Nomina che è stata argomento di un confronto, avvenuto nelle scorse settimane, tra lo stesso Norman Gobbi e la Federazione svizzera delle comunità israelite (Fsci). Se in queste ultime permangono dubbi su questa promozione (vedi articolo sotto), il Dipartimento delle istituzioni con un comunicato diffuso ieri ha ricordato come ‘‘a prescidere dal caso in oggetto, il Di e la Polizia cantonale confermano la piena condanna di ogni forma di discriminazione razziale’’. Di più: ‘‘Non si intende tollerare eventuali comportamenti inadeguati da parte degli agenti. Chi di loro dovesse violare tali principi sarà sanzionato’’.
Gobbi, ad ogni modo, intende sfruttare l’occasione per guardare al futuro, avendo discusso ‘‘con i colleghi di governo in merito all’opportunità di verificare anche la sfera digitale (leggasi, quel che si pubblica sui social network, ndr) nei processi di selezione e promozione per determinate funzioni in seno all’Amministrazione cantonale’’. Anche se, chiaramente, occorrerà ‘‘che ulteriori verifiche di questo tipo vengano effettuate ponderando i rischi operativi e di reputazione delle unità amministrative con la protezione della sfera privata e della libertà di espressione del candidato”.
Sempre sul caso dell’agente promosso nonostante una condanna per istigazione al razzismo, anche il deputato del Partito comunista Massimiliano Ay aveva interrogato il governo. Chiedendo, soprattutto, se la carica di sergente maggiore della PolCantonale fosse compatibile con chi inneggia all’eversione anti-costituzionale. La replica del Consiglio di Stato è netta: ‘‘Ovviamente la risposta non può che essere negativa, a fronte dell’attenzione dedicata al rispetto dei valori etici condivisi dalla società e dagli appartenenti alle forze dell’ordine’’. Comunque sia, ‘‘tutte le condizioni poste dalle normative e dai regolamenti in vigore sono rispettate e l’agente può pertanto svolgere il suo incarico’’.
Due mesi fa, era il 26 luglio, la richiesta di spiegazioni sulla promozione dell’agente. Ieri, la delusione. Dall’incontro avuto con Gobbi, e dal comunicato diffuso dal Di, non si può dire che la Federazione svizzera delle comunità israelite (Fsci) sia uscita soddisfatta, anzi. Perché sì, da una parte ‘‘la disponibilità’’ e la ‘‘franca discussione’’ avute con Gobbi ‘‘sono state apprezzate’’. Ma ‘‘molte preoccupazioni e riserve restano irrisolte’’. A partire da un punto fermo: ‘‘Le convinzioni razziste – scrive la Fsci in un comunicato – devono essere un motivo di esclusione dalla polizia’’. Secondo Herbert Winter, infatti, ‘‘nella futura valutazione dei candidati alla scuola di polizia o a posizioni di comando dovrebbe essere garantita anche la ponderazione di comportamenti inadeguati e posizioni ideologiche non tollerabili, pur se non strettamente perseguibili penalmente’’. Detta altrimenti: secondo la Fsci questa nomina non è meritata né fondata, e in futuro occorrerà prestare più attenzione. ‘‘Prendiamo atto – prosegue la nota diramata ieri – del fatto che non è stato possibile, in questo incontro, raggiungere un’opinione condivisa sull’idoneità della persona in questione alla professione di agente o sottufficiale di polizia, né sulle circostanze della promozione’’. Promozione che ‘‘a causa della precedente condanna per esternazioni razziste nota e iscritta nel casellario giudiziario non avrebbe dovuto aver luogo’’. Va da sé che per la Federazione svizzera delle comunità israelite la presenza in polizia di questa persona sia da considerare ‘‘un fatto molto preoccupante e inquietante’’. Questo perché le condizioni fondamentali per bene esercitare la propria funzione di agente di polizia sono ‘‘una mentalità e un atteggiamento irreprensibili e liberi da pregiudizi nei confronti di tutte le persone’’. Dei passi avanti, comunque, sono stati fatti: ‘‘Il consigliere di Stato Gobbi (vedi sopra) ha ribadito che Polizia cantonale e governo si oppongono inequivocabilmente alla discriminazione razziale e alle ideologie radicali, e che comportamenti del genere non sono tollerati all’interno della polizia. Condividiamo appieno, come anche la disponibilità delle autorità di trarre le conseguenze di questo caso per il futuro’’.