L’ex arbitro ticinese Francesco Bianchi traccia un primo bilancio positivo del Video Assistant Referee
Inutile girarci attorno: assieme a Ronaldo, al Messico, ai colorati tifosi che animano stadi e strade della Russia, c’è un altro grande protagonista di questo inizio dei Mondiali, tanto nascosto e discreto quando non interviene, quanto prorompente e potenzialmente decisivo quando invece è chiamato in causa. Stiamo parlando del Video Assistant Referee (Var), che da questa edizione della Coppa del mondo assiste appunto gli arbitri delle partite mondiali. E chi meglio di un ex direttore di gara ad alti livelli, oggi osservatore dei suoi ex colleghi per conto dell’Uefa, per stilare un primo bilancio sull’uso della nuova tecnologia?
«Mi stanno piacendo questi Mondiali, ovviamente ci sono state partite più noiose, come il primo tempo di Svizzera-Brasile, ma anche altre molto entusiasmanti, come Portogallo-Spagna o anche Germania-Messico, tra l’altro quest’ultima diretta con grande classe dall’arbitro iraniano Faghani – afferma Francesco Bianchi, dal 1985 al 1994 impegnato in Lega Nazionale A e in seguito per 12 anni alla presidenza della Commissione arbitri della Federcalcio svizzera di calcio –. È un Campionato del mondo in cui la tecnologia, rappresentando il Var una novità, gioca di diritto un ruolo da protagonista. Non a caso dopo le prime partite da questo punto di vista tranquille, ha già messo lo zampino in più situazioni, ma finora devo dire che ne è stato fatto un uso equilibrato, molto rispettoso del protocollo e soprattutto corretto. C’è infatti una precisa regolamentazione sull’utilizzo, con casi specifici in cui può venir utilizzato, ma non bisogna dimenticare che, come dice la definizione stessa, è un’assistenza per l’arbitro, che rimane l’attore principale. Ad esempio nel match tra lusitani e iberici (sia sul rigore di Ronaldo sia sul gol di Diego Costa), così come in occasione della rete della Svizzera con la leggera spinta di Zuber all’avversario, il direttore di gara ha preso la sua decisione e il Var l’ha solo confermata. Nel caso del rigore assegnato alla Francia invece è stato l’assistente dalla sala di controllo a segnalare il fallo, ma alla fine è stato l’arbitro a prendere la decisione definitiva. E a prescindere dal Var, ci tengo a dire che finora ho visto un ottimo arbitraggio».
Sarà forse che la presenza del Var toglie anche un po’ di pressione dalle spalle dei direttori di gara, in questo modo più sereni e più performanti? «Certamente, anche perché c’è un’altra conseguenza dell’introduzione del Var molto interessante: le proteste dei giocatori nei confronti degli arbitri sono diminuite. E di tanto. Ce ne sono e ce ne saranno ancora, soprattutto nelle partite ad alta tensione, ma per il momento quelle scene bruttissime che nuocciono all’immagine del calcio, con le aggressioni-mobbing da parte dei giocatori nei confronti dei direttori di gara, a volte letteralmente accerchiati, non se ne sono viste e sono certo che se ne vedranno sempre di meno. Perché con il Var i giocatori stessi si sentono più tutelati da eventuali ingiustizie, sanno che c’è un controllo e sono più tranquilli. Allo stesso modo, proprio per questo maggior controllo, sono diminuite le simulazioni, perché i calciatori sanno che magari riuscirebbero a ingannare l’arbitro, ma due è molto più difficile. Con questa tecnologia, in generale il clima in campo e per certi versi pure sugli spalti – perché grazie a una comunicazione molto chiara, tutti sono sempre informati su quanto sta succedendo sul terreno, decisioni dell’arbitro comprese – è molto più sereno, e questo non può che giovare allo spettacolo».
A livello di club, il Var è realtà in Serie A, Bundesliga e dalla prossima stagione anche in Liga e Ligue 1, ma non in Premier League e nemmeno in Champions ed Europa League... «Un conto è una competizione unica e chiusa come i Mondiali, un conto una Champions League che si disputa in più Paesi. Il Var, oltre a necessitare determinate condizioni logistiche (ad esempio a livello di telecamere), bisogna saperlo utilizzare e in questo senso sono piuttosto d’accordo con la posizione prudente dell’Uefa, perlomeno finché non vi sarà un uso più generalizzato in tutti i Paesi. In Svizzera considerando che ci vuole (oltre a un investimento importante) almeno un anno di prova “offline”, potrebbe essere realistico ipotizzare un entrata in scena del Var nella stagione 2020/2021».