Quello che ci dicono i volatili
Per quanto riguarda gli uccelli marini, l’alca minore crestata è una sorta di indicatore della salute dei nostri oceani settentrionali. Questi affascinanti uccelli sociali e carismatici ci aiutano a monitorare interi ecosistemi. Quando facciamo ricerche sulle loro attività contandoli, raccogliendo campioni e trascorrendo del tempo vicino a loro, ci danno l’opportunità di comprendere meglio anche i mari. Questi importanti studi a lungo termine ci aiutano a identificare le tendenze del clima e degli oceani e indicano come stanno cambiando le cose. Dal 2016, il biologo del WWF Alexis Will sta monitorando le specie di alca che nidificano in Alaska, sull’isola di Sivuqaq nel mezzo del Mare di Bering settentrionale. La colonia è formata da sei sottospecie totali, tra cui due che si riproducono nelle fessure delle rocce lungo le scogliere battute dal vento che costeggiano l’oceano. A livello numerico, il gruppo è formato da oltre 146mila esemplari. Può sembrare un numero elevato, ma quando si riproducono le colonie più grandi se ne contano tra uno e tre milioni. Durante i mesi riproduttivi, sono costantemente in volo e in cerca di gustosi copepodi (un raggruppamento di crostacei molto piccoli), così come plancton e krill. Depongono un solo uovo e allevano un solo pulcino ogni estate.
“Adoro gli alca perché sono agguerriti, energici, animati, sociali e vivaci”, ci racconta l’esperto Will. “Per me sono misteriosi e rivelano cose interessanti sull’oceano”, prosegue. La crisi climatica, però, sta danneggiando la fonte principale di cibo degli uccelli marini: lo zooplancton. Per capire meglio quanto nutrimento abbiano a disposizione, Will e il suo team hanno analizzato le porzioni di cibo che portano ai loro pulcini. L’alca minore crestata adulta vomita il cibo – sì, proprio così – che trasporta nel suo sacco golare, una sacca “a gola” accessibile sotto la lingua, per i suoi pulcini. Al termine di questa procedura, i ricercatori raccolgono i resti dalle rocce. In genere, il vomito arancione indica la presenza di molti copepodi e quello viola di krill, ma i campioni vengono comunque riportati in laboratorio dove vengono selezionati e identificati da un esperto di plancton. “Le informazioni fornite dagli uccelli contribuiscono alla nostra comprensione delle conseguenze dei cambiamenti ambientali e forniscono indizi su come le comunità e i processi ecosistemici rispondono alle forze fisiche”, ha dichiarato Will. “Un riscaldamento continuo, come quello registrato negli ultimi anni, è motivo di preoccupazione per tutti gli altri esseri marini, soprattutto se si alterasse la disponibilità di prede”. È irrealistico – e potenzialmente molto dannoso per la salute mentale di tutti – aggrapparsi alla visione di ciò che l’Artico era un tempo. Dovremo invece lavorare insieme per garantire che rimangano ancora posti per le specie che hanno bisogno del ghiaccio marino per prosperare.
Il gruppo WWF misura lo stress nutrizionale dell’alca minore per capire in che modo i cambiamenti nella dieta, il ghiaccio marino o la maggiore presenza di grandi pesci predatori che si spostano a nord dal Mare di Bering sudorientale, influenzano i volatili. Non sono molte le cose che stressano un uccello marino in fase di riproduzione. Se sono in condizioni sufficienti per presentarsi alla colonia e tentare di riprodursi, l’unico potenziale ostacolo che devono affrontare è la scarsità di cibo o altre condizioni che limitano i nutrienti, come prede a basso contenuto calorico, difficili da raggiungere, da catturare o presenti in numero troppo esiguo. Il corticosterone è un ormone dello stress e può essere misurato nel sangue, nelle piume e nelle feci. La squadra raccoglie campioni di sangue e di piume per monitorarlo durante l’anno. Questa misura è complementare alla raccolta della dieta perché interpreta il significato della composizione delle prede per gli uccelli e il modo in cui altri fattori ecologici possono influenzare la loro capacità di ottenere cibo adeguato. Se combinati con i dati regionali di monitoraggio degli uccelli marini, altri dati ecologici (come le distribuzioni di plancton e pesci) e dati fisici (come l’estensione del ghiaccio marino), le informazioni di monitoraggio raccolti a Sivuqaq contribuiscono a una più ampia comprensione di come l’ecosistema del Mare di Bering settentrionale stia rispondendo ai cambiamenti climatici. Unitamente alle osservazioni dei membri della comunità locale sono parte del rapporto sullo stato dell’ecosistema della National Oceanic and Atmospheric Administration, consegnato ogni anno al Consiglio di gestione della pesca del Pacifico settentrionale per essere utilizzato nel suo approccio di gestione basato sugli ecosistemi.
Per coloro che vivono o studiano l’Artico e per coloro la cui cultura e il cui benessere sono inestricabilmente legati alla salute del suo ecosistema, i cambiamenti climatici hanno ripercussioni che vanno al di là di impatti concreti come la perdita di ghiaccio marino. I nativi dell’Alaska, sopravvissuti all’assimilazione e alla persecuzione da parte del governo degli Stati Uniti, vivono ora una nuova minaccia sia per la loro cultura che il loro stile di vita. Le popolazioni artiche devono adattarsi rapidamente al cambiamento, modificando le tecniche di caccia e collaborando con i ricercatori per capire come la crisi climatica stia influenzando le popolazioni di fauna selvatica, in modo da poter continuare a vivere grazie al supporto della vita marina in modo sostenibile. L’alca minore è forse il miglior esempio di resistenza dell’ecosistema artico. La loro distribuzione nel Mare di Bering è probabilmente cambiata in risposta ai cambiamenti climatici a lungo termine, espandendosi e contraendosi con l’avanzare e lo scioglimento dei ghiacciai, sfruttando i punti caldi di produttività emergenti negli ultimi 50 anni. Mentre il Mare di Bering settentrionale cambia e l’ecosistema si ristruttura, gli uccelli selvatici possono aiutarci a capire come cambiano le interazioni tra le specie e se cambia il numero di specie che può ospitare. Questi uccelli possono essere messaggeri di sofferenza quando le loro colonie si svuotano e i loro pulcini muoiono di fame, ma ci ricordano anche che non tutto è perduto e che è possibile avere una stagione riproduttiva di successo dopo una serie di fallimenti.