Una storia che arriva dalla Mongolia
La nostra avventura inizia a Ulan Bator, la capitale della Mongolia. È una mattina molto fredda e dieci cuccioli cominciano il loro viaggio, che li porterà a quasi 1’300 chilometri da casa. Le loro lingue rosa sono incorniciate da uno spesso strato di pelliccia nera e marrone. È un grande giorno per questi cuccioli di Bankhar. Andranno a vivere vicino alla catena montuosa Darviin Nuruu, in un paesaggio remoto e spietato, dove spesso si arriva a situazioni di conflitto tra i leopardi delle nevi e i pastori del posto. È difficile immaginare che questi fagottini di peluche saranno di grande aiuto per risolvere il problema. Eppure, è quello che accadrà: 12 famiglie di pastori adotteranno questi cuccioli e li accoglieranno sulle Montagne d’oro dell’Altaj. Questa è la patria non solo dei leopardi delle nevi, ma anche dei lupi e dei nomadi, che si spostano insieme al proprio bestiame. Qui gli inverni sono gelidi e duri. E purtroppo, a causa della scomparsa di conoscenze ecologiche tradizionali, è aumentato a dismisura il numero di capi di cammello, cavallo, bovini, pecore e capre. Questo aumento ha portato al degrado dei pascoli e i nomadi si sono spostati sempre di più verso le aree che prima erano del leopardo delle nevi.
Dopo il crollo del comunismo in Mongolia negli anni 90, il numero di bestiame al pascolo nelle vaste pianure della Mongolia è aumentato drasticamente. Ad oggi, ben 70 milioni di mandrie vagano in Mongolia. Con così tante bocche affamate che divorano i prati, il fragile paesaggio è stato danneggiato e degradato. In cerca di pascoli freschi, le mandrie si spostano nel territorio dei leopardi delle nevi. Gli elusivi animali sono estremamente sensibili ai cambiamenti nel loro ambiente, e con le loro prede naturali che si spostano a causa dell’afflusso di bestiame, ai leopardi spesso non rimane altro da fare che aggredire una mucca, una pecora o un cammello. Un solo leopardo delle nevi può uccidere fino al 20% del gregge di un pastore nel corso di una stagione. Ciò è catastrofico per le comunità le cui vite dipendono interamente dal bestiame. Per questo motivo, negli anni scorsi, i pastori passavano ai fatti e uccidevano il predatore indesiderato. Un sistema che però è una delle principali minacce per il leopardo delle nevi; oramai in via di estinzione. E con appena 4’000 esemplari rimasti in natura, è necessaria una soluzione urgente. È qui che entrano in gioco i cuccioli. I cani Bankhar, riconoscibili da una corporatura grande e atletica, sono stati un punto fermo nella vita dei pastori nomadi in Mongolia per generazioni.
I Bankhar sono un’antica razza, un tipo di cane plasmato attraverso migliaia di anni di coevoluzione con l’uomo, guidato dalla necessità di avere un efficace guardiano del bestiame.
Per molti anni, i nomadi della Mongolia avevano al loro fianco dei cani Bankhar. Con il passare del tempo, però, questa pratica tradizionale è andata via via a perdersi - i Bankhar, infatti, sono diventati molto rari e nei decenni scorsi, difficilmente li si trovava a lavorare a fianco dei pastori. La loro scomparsa, però, ha lasciato un segno nelle comunità che dipendevano da loro da molto tempo. Il Wwf spera che reintroducendo questi cani all’interno delle famiglie, i conflitti tra i pastori e i predatori si attenuerà. I cuccioli iniziano l’addestramento a soli tre mesi. Da qui in poi, vivranno tra il gregge. Una volta grandi, avranno una spessa pelliccia che li proteggerà dal duro clima mongolo. C’è chi si ricorda di quando i Bankhar erano la norma e si dice che questi cani abbiano un carattere leale e che siano molto resistenti: tutte caratteristiche essenziali per lavorare a tempo pieno come cani da protezione delle greggi. Oltre a permettere ai pastori di riposare e stare al caldo durante le lunghe notti invernali. Come tutti i cani da protezione, avranno il compito di tenere lontani i leopardi delle nevi, che dovranno spostarsi insieme alle loro prede naturali. In questo modo, scenderà il numero di leopardi uccisi o avvelenati. Tutto questo è possibile grazie al legame che i cani formano con il gregge. Come un cane da famiglia si lega ai suoi compagni umani, i Bankhar si legano ai loro animali, e si dedicano alla loro sicurezza. Questo sistema aiuterà sia le famiglie di nomadi, che dipendono molto dal proprio bestiame, che i leopardi. Per queste persone, infatti, è di vitale importanza non perdere una mucca o un cavallo, visto che vivono in zone molto remote, dove la vita è dura e la carne va venduta per garantire il minimo di sussistenza.
Attraverso la steppa mongola, gli anziani della comunità raccontano e sussurrano storie incredibili sui cani Bankhar. Ricordano i tempi passati. Si tratta sempre di racconti eroici, di cani impavidi che guidano il proprio gregge e gli esseri umani verso la salvezza. Si racconta che abbiano attraversato tempeste di neve e di sabbia. E vengono ricordati i loro ultimi istanti di vita, dopo aver passato una lunga vita al servizio della propria famiglia, scivolando verso la morte, come solo i più grandi eroi vengono descritti nelle leggende del mondo. Venerato anche dopo la morte, il corpo del cane Bankhar viene tradizionalmente deposto in cima a una montagna, dove può essere più vicino agli dèi. Il migliore amico dell’uomo. Mentre la lealtà dei cani e la loro capacità di spaventare i lupi e i leopardi delle nevi è impressionante, ciò che rappresentano è molto più profondo: i cani Bankhar servono a ricordare che la risposta ad alcuni dei problemi di conservazione più difficili spesso risiede nel sapere degli avi, che conoscono meglio il paesaggio e i suoi abitanti. Intanto, torniamo a Darviin Nuruu, dove a un anno dall’introduzione dei dieci cuccioli, non si registrano problemi tra pastori e leopardi delle nevi.
Nemmeno un esemplare di questo raro e splendido felino è stato ucciso. Viene da pensare che le leggende che girano sui Bankhar siano vere: sono cani preziosi, che proteggono il proprio gregge, proteggono gli esseri umani e anche se forse non lo sanno, proteggono anche i leopardi delle nevi.