Meno carne, più frutta e verdura
In un mondo in cui oltre 800 milioni di persone soffrono la fame e la crisi climatica è una realtà incontestabile, vanno rivisti i nostri sistemi alimentari. Oggi, nella Giornata mondiale dell’alimentazione, ricordiamo che i sistemi alimentari producono circa il 30% di tutte le emissioni di gas serra.
Cambiare il modo in cui produciamo e consumiamo i nostri generi alimentari è uno dei modi più significativi con cui possiamo mantenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi. Quello che mangiamo e come lo produciamo è una delle più grandi minacce per il nostro pianeta.
I sistemi alimentari sono responsabili dell’80% della deforestazione, del 70% della perdita di biodiversità sulla Terra e del 50% dell’acqua dolce. Più di un terzo di tutto il cibo che produciamo va sprecato, anche se ben 811 milioni di persone hanno sofferto la fame nel 2020 (dato emerso durante il Food System Summit di un mese fa). Le diete malsane sono la più grande causa di morte in tutto il mondo, con oltre 2 miliardi di persone che soffrono di cattiva alimentazione e di malattie legate alla dieta, tra cui obesità, malattie cardiache e diabete.
Non c’è nessun ingrediente o tipo di alimento che sia universalmente sostenibile o insostenibile: tutto dipende da come viene coltivato, tenuto o pescato. I prodotti sostenibili hanno un impatto minimo sulla natura – visto che vengono prodotti in modo responsabile e non minacciano le popolazioni di animali selvatici o i loro habitat. Le specie non vengono cacciate a livelli critici e le foreste pluviali o le praterie non devono fare spazio a grandi piantagioni. Né questi prodotti inquinano l’acqua o lasciano il suolo meno sano, perché non dipendono da un’eccessiva applicazione di fertilizzanti e pesticidi. Il modo migliore per sapere se il cibo che finisce nei nostri piatti viene prodotto in maniera sostenibile è conoscere gli agricoltori che li hanno prodotti – se possibile, di persona. Dove invece non sia possibile raggiungere gli agricoltori del posto, si può fare affidamento su diverse certificazioni che dimostrano, per esempio, se una mela è stata coltivata in maniera biologica o meno. Quando si scelgono frutta e verdura locali o biologiche e si cercano carne e uova da allevamento all’aperto, l’impronta ecologica personale diminuisce e in contemporanea facciamo del bene all’ambiente. Se poi aumentiamo l’uso di verdure e diminuiamo la carne, si fa un passo ulteriore nella direzione giusta. Che sia chiaro, a livello globale, carne, pesce, uova e latticini sono tutti importanti fonti di nutrimento e in molti luoghi non c’è bisogno di ridurre il loro consumo. Altrove però, soprattutto nelle comunità più ricche e urbane, è possibile aumentare il consumo di ortaggi senza problemi.
I sistemi alimentari vanno cambiati. I nostri stili di vita, con l’avanzare dei cambiamenti climatici, cambieranno. Dobbiamo farci trovare pronti, ma soprattutto dobbiamo fare la nostra parte per garantire alle prossime generazioni un futuro. Per prima cosa vanno cambiate le varie diete, per poter sbloccare una moltitudine di benefici per l’ambiente. Alleviando lo stress idrico e frenando la crisi della biodiversità, salviamo vite umane. Ma questi cambiamenti devono avvenire in modo diverso nei Paesi di tutto il mondo e devono essere valutati separatamente per ogni Paese. Bisogna puntare a dei cambiamenti alimentari e andare verso diete più rispettose per il pianeta (primi fra tutti la riduzione del consumo di carne e degli sprechi alimentari). Solo in questo modo si possono raggiungere i cosiddetti Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) delle Nazioni Unite. Si tratta di 17 obiettivi che costituiscono il nucleo dell’Agenda 2030. Questi obiettivi devono essere raggiunti appunto entro il 2030 e tengono conto dello sviluppo sostenibile economico, sociale ed ecologico. Ma sono essenziali anche le linee guida dietetiche nazionali (NDGs) e hanno il compito di fungere da ponte tra le raccomandazioni dietetiche globali e il contesto locale. Purtroppo, queste linee guida al momento non sono abbastanza ambiziose e andrebbero riviste e aggiornate.
Sono cinque le strategie che devono essere realizzate per cambiare la curva del sistema alimentare, che al momento sfrutta la natura oltre le sue capacità di rigenerazione: invertire la perdita di biodiversità; vivere entro il bilancio globale del carbonio per il cibo; nutrire l’umanità sui terreni coltivati già esistenti; ridurre le emissioni; migliorare l’uso dell’acqua e ridurre i fertilizzanti. Solo così possiamo fare la nostra parte.
Queste le esortazioni del WWF e di tutte le organizzazioni ambientali che lottano contro i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità. 1) Rivedere immediatamente e aggiornare gli NDGs o sviluppare nuovi NDGs che integrano la salute umana e l’ambiente e gli obiettivi di sostenibilità ambientale. Ricordiamo che lo stile di vita attuale costa migliaia di vite ogni anno. 2) Assegnare una responsabilità condivisa per l’aggiornamento degli NDGs ai Ministeri della salute e ai ministeri di Ambiente o Agricoltura, o alle loro agenzie associate. 3) Garantire che gli NDGs aggiornati siano sviluppati da un organismo scientifico e indipendente, ma soprattutto senza vincoli con grosse industrie alimentari, che potrebbero voler influenzare la direzione di tali obiettivi nazionali. 4) Integrare gli NDGs in quadri politici e nella politica ambientale nazionale, incluso l’Accordo di Parigi e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Solo agendo tutti uniti si può cambiare rotta. Le varie popolazioni vanno affiancate da esperti. Riuscire a cambiare le varie diete nel mondo richiede un’azione su tutto il sistema alimentare. Come individui, possiamo fare scelte sane e sostenibili, ridurre gli sprechi, mangiare meno carne e, casomai, solo biologica. Ma i governi, i rivenditori e i produttori devono tutti contribuire a rendere disponibile cibo più sano e sostenibile. Il WWF lavorerà con tutte queste parti interessate, e altre, per costruire piani nazionali che possano aiutare a guidare l’adozione di diete basate sulla sostenibilità.