#gaia #wwf

L’ermellino, emblema dell’inverno

Piccoli animali in grandi habitat

L’ermellino con il suo manto estivo
18 gennaio 2021
|

Osservando questo piccolo mammifero dall’aria tenera e innocua, non possiamo fare a meno di pensare ad ampi pascoli innevati. L’ermellino è noto per il suo manto straordinario che, con l’arrivo della stagione fredda, dal marrone estivo si tramuta in un bianco purissimo, e che lo erge di fatto a simbolo del candore invernale. Ma dietro questo musetto grazioso si nasconde un temperamento inaspettatamente focoso! Pochi sanno che l’ermellino è imparentato con puzzole, donnole, martore e faine, astuti ed energici carnivori della famiglia dei mustelidi che, tra l’altro, condividono la capacità di rilasciare un secreto repellente tramite delle ghiandole anali maleodoranti. Altrettanto sorprendenti sono le sue abitudini riproduttive. Di natura solitaria, tra aprile e fine giugno gli ermellini si incontrano per l’accoppiamento. La gestazione comincia subito ma si interrompe dopo due settimane, rimanendo in “stand-by” per i dieci mesi successivi. L’arrivo della primavera innesca poi la ripresa della gravidanza, e dopo un mese nascono in media da 3 a 9 piccoli. Grazie a questo trucco bizzarro, chiamato diapausa embrionale, l’ermellino riesce a concentrare parto e concepimento nello stesso periodo, caldo e ricco di cibo.

Piccoli animali in grandi habitat

L’ermellino è un predatore quasi insaziabile, capace di attaccare animali fino a cinque volte più grandi di lui. Nella sua dieta troviamo topi selvatici, uccelli e persino lepri, ma soprattutto arvicole (per la gioia degli agricoltori in perenne lotta con questi roditori). Per cacciare ha bisogno di spazi appropriati: nonostante la piccola statura, questo mammifero occupa fino a 50 km quadrati di territorio. Gli habitat più favorevoli sono paesaggi aperti costellati di prati e cespugli, dove microstrutture come muri a secco, cataste di rami o strisce d’erba alta permettono all’animale di trovare un rifugio.
In Svizzera l’ermellino è diffuso quasi ovunque, dal fondovalle fino ai 3’000 metri di quota. Tuttavia, negli ultimi decenni il numero di esemplari è fortemente diminuito. Un rilevamento condotto da Info Fauna ha dimostrato che già nel 2010 questo animale non era più presente sul Piano di Magadino. La maggior parte delle superfici agricole sono oggi intensamente sfruttate e troppo frammentate per poter offrire cibo e rifugi a sufficienza. Spazi naturali adatti all’ermellino esistono ancora, ma essendo isolati non permettono agli individui di incontrarsi. E se gli incontri non sono possibili, si rischia l’estinzione.
Pro Natura ogni anno elegge un animale per attirare l’attenzione sulle esigenze in termini di habitat della fauna locale. Nel 2018, Pro Natura ha eletto l’ermellino animale dell’anno, ritenendolo ambasciatore ideale dei paesaggi diversificati con un pizzico di natura selvaggia.
Vari progetti di salvaguardia sono pubblicati sul sito: pronatura-ti.ch/documentazione.

Predatore o preda?

Predatore energico ma di piccole dimensioni, l’ermellino rischia spesso di diventare una ghiotta preda per cacciatori più grandi di lui: rapaci, volpi, cicogne e aironi sono suoi nemici naturali, per non parlare dei gatti domestici, che gli rendono la vita alquanto difficile. Il nemico più pericoloso di tutti rimane tuttavia… l’essere umano. Già nel Medioevo e nel Rinascimento, il povero ermellino aveva rischiato l’estinzione a causa del suo pregiato manto invernale: migliaia di esemplari venivano infatti abbattuti per soddisfare i capricci di nobili e monarchi, che sfoggiavano mantelli di pelliccia bianca come simbolo di regalità e di alto rango.
In tempi più recenti, ad inizio ‘900, l’ermellino viene addirittura inserito nella categoria degli “animali nocivi”, ed è quindi permesso abbatterlo tutto l’anno. Come si legge nella Rivista Speciale di Pro Natura dedicata a questo animale (2018), il Canton Lucerna aveva addirittura istituito un premio di 50 centesimi per ogni ermellino o donnola uccisi. Soltanto quando il piccolo mammifero ha iniziato a sparire dal paesaggio è stato stralciato dalla lista delle specie cacciabili. In Svizzera è protetto dal 1986. Oggi sono soprattutto gli insediamenti urbani ad avere un impatto altamente negativo sull’ermellino. Ma non solo: gli inverni sempre più miti e privi di neve, conseguenza del riscaldamento globale, espongono il candido mustelide ai suoi nemici naturali come mai prima d’ora. Se fino a qualche decennio fa il manto bianco gli permetteva di mimetizzarsi perfettamente nel paesaggio innevato, con i mutamenti climatici questo suo pregio diventa un difetto.

Il Ciuffolotto

Il Ciuffolotto, in dialetto chiamato anche “ùl gemùn”, è un Fringillide piuttosto grande con un chiaro dimorfismo sessuale (maschio e femmina sono molto diversi tra essi). Il maschio è riconoscibile per le parti inferiori rosso-rosate, la femmina invece camoscio-grigiastre. Becco nero corto ma largo. Entrambi i sessi hanno cappuccio nero e parti superiori grigie. Il termine dialettale prende origine dall’abitudine di nutrirsi delle gemme degli alberi all’inizio della primavera. Si avvicina alle mangiatoie specialmente nei periodi con il suolo coperto dalla neve. In inverno, come per altre specie di migratori a corto raggio, c’è uno scambio di popolazioni. I ciuffolotti che nidificano in Ticino si spostano verso il sud della Francia e vengono sostituiti da altri individui nordici. Alcuni provengono dall’Austria, dalla Baviera ma possono arrivare anche dal lontano Nord: regioni baltiche, oppure da Est; qualche inverno anche in Ticino c’è una cosiddetta “invasione”. Chissà se questo saremo fortunati da vederne tanti individui. Chi lo osservasse aiuterebbe la ricerca se condividesse le sue informazioni. Gli indicheremo come fare su: www.ficedula.ch. Il Ciuffolotto è una delle specie più ambita dal pubblico per il suo piumaggio. Ha invece un verso assai modesto e quasi insignificante oltre che poco percettibile: un flebile”dije diü düt pfüb”. In primavera l’habitat riproduttivo è costituito da boschi o boscaglie di conifere o latifoglie freschi dove occupa solitamente le zone marginali fra gli 800 e i 1800 m. In calo generalizzato a nord delle Alpi e nei paesi vicini, in Ticino la situazione è invece soddisfacente. Il Sopraceneri ha ancora ambienti idonei stabili e gli interventi di ringiovanimento delle peccete sono favorevoli per la specie.