distanza di poco più di un anno da quel primo gesto di protesta, il nome di Greta Thunberg è sinonimo di lotta contro i cambiamenti climatici
Era solo il 20 agosto dell’anno scorso quando Greta Thunberg si sedette per la prima volta davanti al Parlamento svedese con un cartello che recitava “Skolstrejk för klimatet” (“Sciopero della scuola per il clima”). Chiedeva a tutti i Paesi del mondo di ascoltare la scienza, rispettare gli impegni presi con l’Accordo di Parigi del 2015 e limitare il riscaldamento globale a un massimo di +2 °C. Il grande pubblico non sapeva ancora chi fosse e il tema dei cambiamenti climatici era lungi dall’essere in cima alle priorità della politica o alle preoccupazioni della gente. Ora, a distanza di poco più di un anno da quel primo gesto di protesta, il nome di Greta Thunberg è sinonimo di lotta contro i cambiamenti climatici e il movimento globale da lei avviato ha modificato il corso del dibattito pubblico e impresso una virata in alcuni casi significativa alle scelte politiche di diversi Paesi.
“Fridays for Future”, “Venerdì per il futuro”: così si chiama il movimento che l’attivista 16enne ha inaugurato con i suoi scioperi da scuola del venerdì: ha segnato tutto questo 2019 che si sta per concludere, portando per le strade di migliaia di città del mondo milioni di giovani (e non solo) che reclamano un’azione più incisiva e urgente da parte degli Stati per ridurre rapidamente le emissioni di gas a effetto serra. Venerdì 15 marzo, venerdì 24 maggio, la Settimana globale per il futuro del 20-27 settembre, il quarto sciopero globale per il clima del 29 novembre: queste sono le date più significative che hanno marcato il 2019, inframmezzate da un’infinità di cortei e azioni organizzate dalle sezioni locali di un movimento dalla struttura agile che corre sui social e per i corridoi degli istituti scolastici.
In Svizzera, lo “Sciopero per il clima” è organizzato in 24 gruppi regionali. Culmine dell’anno è stata la manifestazione di Berna del 28 settembre, che secondo gli organizzatori ha visto confluire nella città federale circa 100mila partecipanti. La loro richiesta: una Svizzera e una piazza finanziaria elvetica a zero emissioni nette entro il 2030. Per ora, tuttavia, la Confederazione ha fissato tale obiettivo al 2050.
Nel resto del mondo, i “Fridays for Future” hanno raggiunto risultati a tratti importanti. Oltre ad aumenti della spesa per la transizione energetica o all’introduzione di tasse per ridurre le emissioni, Regno Unito, Canada e Francia – solo per citarne alcuni – hanno dichiarato lo stato di emergenza climatica. Il 28 novembre anche il Parlamento europeo ha fatto lo stesso. Chissà che nel 2020 l’accelerazione tanto invocata non inizi ad avere luogo.