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Zambia, la diga non si farà

Raccolte 200mila firme per salvare il fiume Luangwa

La bellezza immensa del fiume Luangwa © James Suter / Black Bean Productions / WWF-US
13 luglio 2019
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Il governo zambiano ha bloccato in questi giorni i piani per la costruzione di una mega-diga idroelettrica lungo il fiume Luangwa. Questo grazie a 200mila firme raccolte dai colleghi del WWF Africa. La diga avrebbe portato alla deforestazione dell’area, all’agricoltura insostenibile e alla perdita di habitat per centinaia di specie. La decisione di bloccare la costruzione della diga contribuirà anche a preservare le risorse della zona. Il fiume Luangwa, infatti, è uno dei fiumi a flusso libero più lunghi dell’Africa meridionale. Con i suoi 770 chilometri è un’ancora di salvezza per le comunità locali e rifornisce d’acqua i due parchi nazionali più rappresentativi del continente. Oltre a fornire acqua, cibo e mezzi di sussistenza a diverse famiglie, il Luangwa sostiene una ricca fauna selvatica, che comprende oltre 400 specie di uccelli, l’unico rifugio per i rinoceronti neri reintrodotti in Zambia e una varietà di specie di pesci. Elefanti, leoni, ippopotami, leopardi, cani selvatici africani e l’endemica giraffa di Thornicroft vivono lungo questo fiume.

La costruzione di una diga idroelettrica nella gola di Ndevu avrebbe frammentato il fiume, minacciando il futuro della fauna selvatica della regione, nonché le riserve ittiche d’acqua dolce, l’agricoltura e il turismo da cui dipendono le comunità. Dopo lunghe e faticose consultazioni, il governo zambiano ha messo fine ai piani esistenti per la costruzione di una diga sul Luangwa. “Mantenere il flusso libero è la decisione migliore sia per le persone che per la natura”, ha detto Nachilala Nkombo, direttore del WWF Zambia. E aggiunge: “Il WWF è pronto a sostenere il governo nello sviluppo di un piano energetico a livello di sistema che soddisfi gli obiettivi climatici ed energetici dello Zambia senza danneggiare i nostri fiumi che ancora fluiscono liberamente”. Un recente studio del WWF ha rivelato che solo un terzo dei fiumi più lunghi del mondo rimane a flusso libero, soprattutto a causa della frammentazione delle dighe. Questa frammentazione è alla base del declino dell’83% delle popolazioni di specie d’acqua dolce dal 1970. La conservazione e il ripristino della connettività fluviale è fondamentale per incrementare la biodiversità delle acque dolci.

“Il Luangwa è sempre più interessante anche dal punto di vista dell’ecoturismo, che di conseguenza protegge la fauna selvatica e aiuta le famiglie”. Ora il governo sta valutando un progetto che prevede l’utilizzo di energia solare e mulini a vento, che potrebbero essere installati lungo una scarpata, con un impatto minimo sull’ambiente.

Quando la pressione sale!

Quando si tratta di resistere alla pressione, ci sono animali che battono tutti. Ne sanno qualcosa gli “angler fish” (sottordine dei Ceratoidei), che vivono in acque profonde e molto, molto buie, fra i 500 e i 3’000 metri di profondità. Un luogo deserto, gelido e inospitale dove la pressione è centinaia di volte maggiore che sulla superficie.

Le femmine, che possono crescere oltre un metro, hanno spesso sul muso una curiosa lenza con una piccola “lanterna” in cima, che usano come esca per attirare piccole prede (pesci e gamberetti). Il maschio, rispetto alla sua compagna è un vero “nanetto”, misura appena 6-7 centimetri. Come riescano a trovarsi fra loro per riprodursi in tutto quel buio rimane ancora un vero mistero.

Forse esistono strategie di riconoscimento, tipo dei segnali luminosi… ma alcune specie (come Ceratias holboelli, Edriolychnus schmidti o Haplophryne mollis) hanno trovato un sistema ingegnoso per risolvere il problema dell’eterna oscurità: il maschio nuota libero fino a quando non incontra una femmina. Da quel momento non la molla più! Si ancora al dorso della sua compagna sfruttandone persino il sistema circolatorio. In poche parole, diviene una sua appendice, un parassita con una sola funzione: quella riproduttiva.

Schiacciati come frittelle?

È proprio quel che ci accadrebbe se provassimo a scendere negli abissi marini così come fanno le balene! Infatti, più si scende nelle profondità del mare, più aumenta il peso dell’acqua che ci preme addosso. Ogni parte del corpo che contiene aria (come polmoni e torace) verrebbe schiacciata e noi non potremmo più respirare. Non solo: riporteremmo gravi danni in tutto il corpo, compresi cervello e sistema nervoso. E allora come fanno le balene o gli elefanti marini ad andare così in profondità, senza subire danni? Semplicissimo! Quando s’immergono (anziché prenderla!) buttano via tutta l’aria che hanno nei polmoni. Poi, ad una profondità di circa 50 metri, le loro costole si comprimono, riuscendo a spingere fuori tutta l’aria rimasta, evitando che si “riformi” nel sangue sotto forma di pericolose bollicine.

Vuoi sapere come fanno i mammiferi marini a resistere sott’acqua dai 20 ai 50 minuti? Prima d’immergersi immagazzinano ossigeno direttamente nei muscoli e nei tessuti.

Comunque, il record lo detiene uno strano pesce, che potrebbe far parte dei “pesci lumaca”, scoperto qualche anno fa a oltre 8’100 metri di profondità. I pesci sono più resistenti di noi, grazie a un enzima.