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Alimentazione e climate change

21 ottobre 2017
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Entro il 2050 la Terra sarà abitata da oltre 9 miliardi di persone e la domanda di cibo continuerà a crescere. Perché sia possibile nutrire tutti senza distruggere il Pianeta e frenare i cambiamenti climatici, dobbiamo rivoluzionare il nostro sistema alimentare.Secondo la FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) l’impatto degli allevamenti per la produzione di alimenti di origine animale è responsabile del 18% delle emissioni complessive di gas serra, una quantità maggiore all’intero settore dei trasporti. L’impatto sul clima è provocato principalmente dalle emissioni di due potenti gas serra: il metano (35-40% delle emissioni globali derivanti dall’attività umana) e il monossido di diazoto (65% delle emissioni globali derivanti dall’attività umana) che hanno un potenziale di riscaldamento climatico rispettivamente di 23 volte e di 296 volte quello del CO2. Da non dimenticare le emissioni di ammoniaca che ammontano al 64% delle emissioni globali derivanti dall’attività umana. Le emissioni avvengono per via diretta cioè per respirazione, digestione, letame, urine e per via indiretta cioè per i combustibili fossili usati nella produzione di foraggio, nella trasformazione e nell’uso del suolo (per esempio le deforestazioni per creare pascoli o coltivazioni destinate a foraggio). L’allevamento di bestiame causa il più grande sfruttamento di territorio da parte dell’uomo, il 70% dei terreni agricoli è destinato alle produzioni animali così come il 30% delle terre emerse (superficie equivalente alle foreste mondiali). L’allevamento ha anche un ruolo chiave nell’esaurimento delle risorse idriche e nella perdita di biodiversità. Se si pensa che un bovino ha bisogno circa di 7 kg di cereali per ogni kg di peso, si capisce come il processo sia strutturalmente inefficiente e soprattutto possa considerarsi uno spreco di terreno agricolo a livello mondiale che potrebbe essere destinato all’alimentazione umana. Per il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, l’allevamento animale entra nelle prime priorità di intervento in tema di impatto ambientale (insieme alla produzione di veicoli e dell’acciaio) e auspica un cambio della dieta mondiale che abbandoni i derivati animali. Infine, secondo il World Watch institute, il contributo dei gas serra derivante dai prodotti animali si attesterebbe ben al 51%. L’alimentazione non è da considerare un ambito secondario. Una nostra scelta personale può avere un grande impatto sul cambiamento climatico e sulla vita di miliardi di animali: è una grande opportunità. Basterebbe mangiare meno carne.

di Carlo Gambato, WWF Ticino

 

L’impatto del nostro pranzo

L’impronta ecologica mostra l’impatto che l’uomo ha sull’ambiente con i propri consumi ed è calcolata in superfici che sarebbero necessarie per ripristinare le risorse utilizzate.
Uno stile di vita sostenibile prevede che l’impronta ecologica umana non sia superiore alla capacità biologica, ovvero la possibilità da parte della natura di creare materie prime e smaltire le sostanze nocive da noi prodotte. Se l’impronta ecologica è maggiore della bio-capacità, la Terra è in deficit di risorse. “One planet living lifestyle” rappresenta quindi uno stile di vita che rispetta i limiti naturali dell’unico pianeta di cui disponiamo.

L’attenzione della società sul tema dell’impatto ambientale è spesso direzionata alla volontà di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra prodotte dalla combustione di idrocarburi, in particolare per il riscaldamento degli edifici e per la mobilità.
Suddividendo i consumi relativi all’impronta ecologica individuale scopriamo che un terzo dell’impatto ambientale è però dovuto all’alimentazione. L’allevamento di animali nel mondo è la prima causa di produzione di gas metano (a effetto serra), è motivo della deforestazione per un’agricoltura intensiva per la produzione di mangimi, nonché dell’erosione e acidificazione del suolo. Così i motivi energetici di una scelta consapevole per una diminuzione dei consumi di alimenti di origine animale si ampliano anche ad una visione più etica della vita.

Abbiamo solo un Pianeta e se non affrontiamo la nostra vita con scelte sostenibili, rischiamo di mettere in pericolo quella delle generazioni future. Oggigiorno sono fortunatamente sempre di più le persone che scelgono di divenire vegetariane o vegane. I consigli del WWF per avere un’alimentazione più sostenibile sono i seguenti: privilegia un’alimentazione vegetariana o vegana e considera la carne come uno sfizio da concederti solo una volta ogni tanto. In Svizzera il consumo medio pro capite di carne è di un chilo alla settimana, ossia circa 140 grammi al giorno. I nutrizionisti consigliano però di non superare gli 86 grammi al giorno, ossia meno di una salsiccia o di un cervelat. Se tutti i cittadini elvetici seguissero questo suggerimento, le importazioni di mangimi per animali potrebbero essere ridotte quasi a zero. Acquista prodotti di stagione e locali.

Massimo Mobiglia, presidente del comitato WWF sezione Svizzera italiana.