Sono ancora scintille tra agricoltori e ambientalisti. Ma Omar Pedrini (Unione contadini ticinesi) e Serena Britos (Pro Natura) anelano a una tregua
Li abbiamo invitati a dibattere dell’iniziativa biodiversità. Perché a livello nazionale, sui mass media e i ‘social’, è scontro aperto fra le organizzazioni ambientaliste, che l’hanno lanciata, e l’Unione svizzera dei contadini (Usc), in prima linea a combatterla. Ma Serena Britos e Omar Pedrini si conoscono. E si rispettano. La direttrice di Pro Natura Ticino e il presidente dell’Unione contadini ticinesi da tempo lavorano assieme nel Gruppo grandi carnivori del Cantone. Tra loro non c’è traccia di acredine. Per cui s’è anche potuto parlare d’altro: la gestione del lupo, il poligono del Giappone, il coleottero giapponese, i pesticidi, e via dicendo. Ma questo è stato prima e dopo. In mezzo, il dibattito sull’iniziativa in votazione tra poco più di due settimane.
Ecologisti contro contadini: negli ultimi anni era già successo, quando si è votato sulle iniziative anti pesticidi e su quella contro l’allevamento intensivo. Siamo alle solite?
Britos: Si percepisce una certa tensione. Che non viene solo da quelle due iniziative. Sarebbe meglio smorzare un po’ i toni, dialogare, anziché combattersi. Come abbiamo fatto prima, parlando del lupo. E come peraltro facciamo in tantissimi progetti sul territorio, nei quali contadini e organizzazioni di difesa dell’ambiente collaborano molto bene, lavorando fianco a fianco da parecchio tempo. In fondo, entrambi ci occupiamo della natura.
Pedrini: Rispetto agli ultimi anni, i toni sono molto più pacati. Non vediamo in giro cartelloni devastati o imbrattati, non sentiamo minacce. I contadini però cominciano a essere sfiancati. Non so se è una strategia del mondo ecologista…
A cosa si riferisce?
Pedrini: Il fatto è che i favorevoli a queste iniziative sono in buona parte abitanti delle città. Spesso si tratta di persone che non conoscono bene la realtà del mondo agricolo, ma che per una certa ideologia imparata a scuola tendono a vedere la campagna come un grande parco giochi. Senza rendersi conto che lì succedono tante cose: si produce il cibo che loro mangiano tre volte al giorno, ad esempio.
Britos: Questo divario tra città e campagna esiste. E Pro Natura è sempre aperta al dialogo e al confronto, al fine di ridurlo. Ci tengo a sottolinearlo: questa iniziativa – che è sostenuta pure da numerose associazioni attive nelle zone rurali (bosco, pesca, montagna, la stessa agricoltura) – non è un’iniziativa ‘agricola’. Non nego che gli agricoltori siano sotto pressione, per svariate ragioni. Ma faccio fatica a capire tanto accanimento contro un’iniziativa dove l’agricoltura non viene nemmeno nominata. Ad esempio: uno dei punti fondamentali è la biodiversità nelle città e nei comuni. Servono più mezzi per permettere loro di far fronte all’enorme problema delle neofite invasive, ad esempio, o al fenomeno delle isole di calore.
Pedrini: Ecco, ma dove lo troviamo questo punto nel testo dell’iniziativa? Dove li troviamo i punti che non vanno a toccare il territorio agricolo, gli alpeggi, i boschi? Se volevate fare qualcosa per le città, dove la biodiversità in genere è messa davvero male, perché non avete messo nell’iniziativa un divieto dei robottini tagliaerba che la biodiversità la tritano? Perché non avete lanciato un’iniziativa ad hoc sui centri urbani, che ad esempio imponga alle città di destinare alla biodiversità un ettaro di superficie attorno al campo di calcio che vogliono realizzare? Ve lo dico io perché: perché è più facile andare contro i contadini.
Britos: No, non è così. La nostra iniziativa non prende di mira i contadini, non è ‘estrema’ [come afferma l’Unione svizzera dei contadini, ndr]. Essendo una modifica costituzionale, doveva per forza di cose essere formulata in modo vago. Toccherà casomai al Parlamento concretizzarla. Noi chiediamo semplicemente le superfici, i mezzi e gli strumenti necessari per la salvaguardia e il rafforzamento della biodiversità spazi e più mezzi: da nessuna parte sta scritto che questi devono essere presi a scapito dell’agricoltura.
Pedrini: Continuate a dire la stessa cosa, ma poi – come ha fatto BirdLife ancora pochi giorni fa – rimandate a trattati internazionali che indicano un 30% di superficie sotto tutela. Prendiamo il Ticino: il 54% del suo territorio è bosco, e il bosco sottostà a una legge federale severissima. Se l’iniziativa passa, la gestione del bosco diventerà di fatto impossibile.
Il territorio come un museo: Serena Britos, è questa la concezione che avete della Svizzera?
Non è assolutamente nostra intenzione mettere la natura sotto una campana di vetro. Siamo convinti che conservazione e utilizzo non debbano andare l’una a scapito dell’altro, o viceversa. Non dobbiamo nemmeno dimenticare, però, che per molti spazi già oggi protetti, a livello cantonale o nazionale, non viene fatto abbastanza. Molte riserve protette non ricevono la cura che meriterebbero. E ora addirittura si vorrebbe tagliare i fondi per gestire i biotopi di importanza nazionale, come le Bolle di Magadino, che sono i gioielli della biodiversità.
Pedrini: Allora è questo che si doveva fare: menzionare esplicitamente nell’iniziativa queste superfici già protette, ma da proteggere meglio. Così si sarebbe fatta chiarezza.
Britos: La nostra iniziativa è la risposta lungimirante a un dato di fatto, corroborato dal ‘consenso scientifico’: il pessimo stato della biodiversità in Svizzera. Il problema è generale, va ben al di là del settore agricolo. Un terzo delle specie rimanenti è minacciato nella Confederazione. Occorre agire ora, prima che queste scompaiano, perché poi non torneranno più. Dobbiamo evitare che la situazione si degradi al punto che si trasformi in un boomerang. Dico questo pensando anche agli stessi contadini, sempre più confrontati con problemi a livello di approvvigionamento di acqua sugli alpeggi, di perdita di fertilità dei terreni, e così via. Una natura diversificata è la carta migliore che abbiamo per proteggerci, anche dai pericoli naturali. Si fa un gran parlare di questi 400 milioni di franchi di costi supplementari, in caso di sì all’iniziativa. Ma se adesso non facciamo niente, lo stesso Consiglio federale calcola che a partire dal 2050 avremo spese per 14-16 miliardi di franchi all’anno per l’ente pubblico. Basti pensare a quanto si spende già oggi per la gestione delle neofite invasive. Lo stesso discorso vale per l’agricoltura, i cui costi sono destinati a crescere.
Omar Pedrini, è vero? Siete poco lungimiranti?
Riduzione dell’impiego di prodotti fitosanitari, pascoli e prati sfruttati in modo estensivo, siepi, boschetti: l’agricoltura da anni si è adeguata e fa la sua parte per la biodiversità, anche a titolo spontaneo. Però dobbiamo anche garantire un certo livello di approvvigionamento in un Paese dove la popolazione continua a crescere. Prima di portare un’iniziativa così, bisognava sedersi attorno a un tavolo – lasciando fuori dalla porta gli estremisti, da entrambe le parti – per fare il punto della situazione. Il famoso ‘dialogo’, di cui si parlava in entrata, per dire ‘facciamo una specie di trattato di pace’ e ragioniamo assieme.
Britos: Facciamolo, dai! Facciamolo! Sappiamo che in molti cantoni gli agricoltori hanno fatto e fanno molto. Nel Klettgau, il ‘granaio’ del Canton Sciaffusa, c’è ad esempio un progetto meraviglioso per la promozione della biodiversità in ambito agricolo. Funziona benissimo, e senza alcuna riduzione del rendimento per i contadini! Nell’Altopiano, dove si concentrano principalmente i deficit più importanti a livello di biodiversità, servirebbero più esempi di questo tipo.
Pedrini: Il fatto è che siamo uno dei Paesi con la più bassa superficie agricola per abitante. Oggi il 19,3% della superficie coltivabile [alberi inclusi, ndr] è riservata a misure per la biodiversità, mentre la legge prevede un 7%. E il 51% delle superfici ecologiche nell’agricoltura sono connesse fra loro. Questa primavera in Francia e in altri Paesi i contadini protestavano per delle regole che noi applichiamo da più di vent’anni. Come la rotazione delle colture, che adesso però qualcuno vuole addirittura mettere in discussione con una nuova iniziativa popolare [detta per ‘alimenti sicuri’ e lanciata da Franziska Herren, già all’origine dell’iniziativa ‘per l’acqua potabile’, ndr].
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Serena Britos è direttrice di Pro Natura Ticino
Gli esperti dell’Istituto di ricerca in agricoltura biologica (Fibl) affermano che solo la metà di queste superfici hanno una qualità ecologica sufficiente.
Pedrini: Che cos’è la qualità? I tecnici dell’Ufficio federale dell’agricoltura hanno deciso che ci sono 11 specie faro di ‘qualità’. Ma non in tutta la Svizzera abbiamo lo stesso terreno, le stesse specie. Quando mi sento dire che un prato estensivo deve raggiungere la ‘qualità 2’, non so cosa pensare. Io di prati estensivi ne ho diversi sulla sponda sinistra del fiume Ticino, in Leventina. Si trovano in una zona acida, dove la pianta dominante è sempre stata e sarà sempre il nardo. Qualcuno mi spiega come possono diventare aree di ‘qualità 2’ dal punto di vista della biodiversità.
Oltre cento scienziati hanno firmato una dichiarazione pubblica nella quale affermano che in Svizzera non si fa abbastanza per arrestare il degrado della biodiversità. L’Usc invece insiste sul fatto che già si fa abbastanza. Mettete in discussione il consenso scientifico?
Pedrini: Bisogna anche dare il tempo alle misure messe in atto di dare i loro frutti! Se ci sono voluti 50 anni perché molte specie scomparissero, ce ne vorranno forse altrettanti per invertire la tendenza. Nel frattempo, purtroppo continueremo nonostante tutti gli sforzi in atto ad avere una perdita di biodiversità. Perché il danno ormai è stato fatto.
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Omar Pedrini è presidente dell’Unione contadini ticinesi
Affermate che l’iniziativa limiterebbe la produzione energetica sostenibile e la gestione dei boschi. “Addio regioni di montagna”, si legge sui vostri cartelloni. Allo stesso tempo sapete bene che, semmai l’iniziativa dovesse essere accolta, ad attuarla sarà un Parlamento molto sensibile alle preoccupazioni della lobby dei contadini. Il vostro allarmismo è fuori luogo.
Pedrini: Sui temi legati alla protezione dell’ambiente, diversi parlamentari dei partiti di destra e del centro votano assieme alla sinistra. Si prende sempre di mira la ‘potente’ lobby contadina, ma quella dei contadini è la lobby dei poveri. Il budget per la politica agricola è rimasto praticamente invariato [in termini reali, ndr] da 25 anni: non succede con nessun altro settore! Se la nostra lobby – al di là del numero dei deputati – fosse veramente così forte come si dice, oggi sarei venuto a Bellinzona in Ferrari. Invece, in questo lasso di tempo i nostri prezzi sono calati e i costi aumentati. Le famiglie contadine vivono in un equilibrio fragile, per questo ogni iniziativa che ci riguarda più o meno da vicino viene vista male. Con quest’iniziativa, ad esempio, non sarà quasi più possibile fare una bonifica, cioè recuperare zone dove il bosco ha preso piede. Anche la gestione stessa del bosco verrà limitata.
Britos: Non sta scritto da nessuna parte nel testo dell’iniziativa. Il reddito ricavato dalla gestione delle zone boschive non verrà toccato. Già oggi non si sfrutta appieno questa risorsa, per svariate ragioni. Non da ultimo il prezzo del legno d’importazione, molto meno caro – perché meno controllato – di quello svizzero. L’iniziativa non pone alcun vincolo supplementare su questo piano. Lo stesso discorso vale per la costruzione di impianti per la produzione di energia rinnovabile. Pro Natura ha chiesto un parere giuridico sulla ‘compatibilità’ fra la nostra iniziativa e la legge per lo sviluppo delle rinnovabili [accolta in votazione popolare il 9 giugno, e che le associazioni promotrici dell’iniziativa hanno sostenuto, ndr]: la conclusione è che quest’ultima potrà essere attuata anche in caso di sì il 22 settembre.
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‘La nostra iniziativa non prende di mira i contadini e non è estrema’
Classe 1979, è biologa e antropologa. Direttrice di Pro Natura Ticino, si occupa tra le altre cose della gestione della riserva del Laghetto di Muzzano. Coordina la campagna per il sì all’iniziativa nella Svizzera italiana. Abita a Bedigliora con la famiglia.
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‘L’agricoltura da anni si è adeguata e fa la sua parte per la biodiversità’
Classe 1982, è presidente dell’Unione contadini ticinesi e della Società agricola Alta Leventina. Vive con la famiglia e lavora a Chiggiogna (Faido), dove dal 2013 gestisce l’azienda agricola ‘Da l’Omar’.
L’iniziativa popolare ‘Per il futuro della nostra natura e del nostro paesaggio’, detta Iniziativa biodiversità, chiede risorse e superfici suff icienti per proteggere meglio la biodiversità sia negli oggetti protetti che al di fuori di essi. Esige inoltre che gli elementi caratterizzanti di un biotopo, un paesaggio protetto o un sito caratteristico siano conservati intatti. La proposta di modifica costituzionale, depositata nel settembre 2020, è promossa da un’ampia alleanza formata da sette associazioni (tra le quali Pro Natura, Heimatschutz Svizzera, BirdLife Svizzera e Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio) e oltre 400 tra organizzazioni nazionali e cantonali attive nella difesa dell’ambiente e del paesaggio. Si vota il 22 settembre