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Natura e paesaggio tra protezione e utilizzo

Necessaria per salvaguardare le nostre risorse vitali o estrema e controproducente? Le risposte alle principali domande sull’iniziativa biodiversità

L’iniziativa è stata lanciata nel 2020, si vota il 22 settembre
(Keystone)
30 agosto 2024
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Su che cosa votiamo?

Sull’iniziativa popolare ‘Per il futuro della nostra natura e del nostro paesaggio’, detta Iniziativa biodiversità. Chiede risorse e terreni sufficienti per proteggere meglio la biodiversità, anche al di fuori degli oggetti già tutelati (vedi infografica). La proposta di modifica costituzionale, depositata nel settembre 2020, è promossa da un’ampia alleanza formata da sette associazioni (tra le quali Pro Natura, Heimatschutz Svizzera, BirdLife Svizzera e Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio) e oltre 400 tra organizzazioni nazionali e cantonali attive nella difesa dell’ambiente e del paesaggio. A loro avviso, la Svizzera sta facendo troppo poco per proteggere il proprio patrimonio naturale, che è “la base della vita”.

Perché si vota?

Perché il parlamento ha scartato il controprogetto indiretto concepito dal Consiglio federale (proponeva di proteggere il 17% del territorio, rispetto all’attuale 13,4%), senza elaborarne uno alternativo. Il Consiglio nazionale voleva farlo, ma era contrario all’idea di iscrivere nella legge una determinata percentuale di territorio da proteggere. Alla fine, lo scorso dicembre, è stato il Consiglio degli Stati ad affossare definitivamente il controprogetto. Se non lo avesse fatto, adesso non andremmo a votare: i promotori dell’iniziativa erano infatti disposti a ritirare il loro testo in tal caso, giacché le misure previste a livello di legge sarebbero entrate in vigore subito. Per contro, ci vorrà parecchio tempo per attuare un’eventuale modifica costituzionale che richiede la doppia maggioranza di popolo e Cantoni.

Biodiversità: cos’è?

L’Ufficio federale dell’ambiente (Ufam) la definisce come “la diversità biologica a livello di ecosistemi (spazi vitali), di specie (animali, piante, funghi, microrganismi) e di geni, ossia la specificità degli individui di una specie”. La perdita di biodiversità mette a rischio le basi esistenziali dell’essere umano e la produttività economica di un Paese, scrive l’Ufam.

Biodiversità: come siamo messi?

Non così male, affermano i contrari all’iniziativa. “Quando vado all’alpe non vedo meno farfalle di prima”; “Adesso abbiamo 960 cicogne, che erano scomparse”: così il ministro dell’Ambiente Albert Rösti (Udc). La biodiversità è “gravemente minacciata” e “tende ad aggravarsi”, ammoniscono invece i promotori. L’Ufam dal canto suo definisce “insoddisfacente” la situazione: “Quasi la metà degli spazi vitali e un terzo delle specie sono a rischio”, si legge sul suo sito internet. Ancora: “La qualità e l’interconnessione degli spazi vitali non sono sufficienti a mantenere la biodiversità del nostro Paese a lungo termine”; “Gran parte delle perdite di habitat e specie è stata registrata già nel XX secolo [in particolare a seguito delle grandi correzioni fluviali e dell’industrializzazione dell’agricoltura, ndr], ma i deficit di qualità continuano a progredire silenziosamente”. La situazione è problematica soprattutto nell’Altopiano.

Cosa dicono gli esperti?

Sul tema quest’estate hanno polemizzato. Non c’è alcuna crisi della biodiversità in Svizzera, ha sostenuto – sulla base di uno studio commissionatogli dall’Unione svizzera dei contadini (Usc), risolutamente contraria all’iniziativa – il biologo Marcel Züger. “Fino all’inizio del millennio abbiamo assistito a un continuo declino della biodiversità, almeno in alcuni habitat. Da allora, però, la situazione è migliorata. Certo, ci sono ancora aree problematiche, ma il bilancio complessivo è positivo” nella misura in cui “le perdite sono compensate da aumenti altrettanto elevati di altre specie a rischio”, ha dichiarato il grigionese (con studi al Politecnico federale di Zurigo) in un’intervista alla ‘Nzz’, citando in particolare dati sulla diversità degli uccelli e delle libellule e affermando di ritenere del tutto fuori luogo gli allarmi riguardo alla mortalità degli insetti.

Le sue conclusioni sono state criticate da numerosi esperti: a loro avviso non si può parlare di una generale inversione di tendenza, ma al massimo di puntuali e circoscritti sviluppi positivi. Secondo l’Accademia svizzera di scienze naturali (Scnat), “lo stato e l’evoluzione della biodiversità in Svizzera restano preoccupanti” e la tendenza rimane “negativa”. Gli sforzi dei vari attori per proteggere e preservare la biodiversità “non sono sufficienti”. Esiste un consenso scientifico al riguardo, ha detto al ‘Tages-Anzeiger’ Loïc Pellissier, specialista di ecosistemi ed evoluzione del paesaggio e professore al Politecnico di Zurigo. In una dichiarazione pubblica (che riflette il “consenso scientifico”), oltre cento ricercatrici e ricercatori specializzati si sono detti preoccupati: a loro avviso servono misure “urgenti”. Gli esperti riconoscono l’esistenza di “successi puntuali”. Tuttavia, le misure prese finora “non sono state sufficienti per realizzare la necessaria inversione di tendenza”.

Chi è a favore? Chi è contrario?

Oltre alla vasta alleanza che l’ha promossa, l’iniziativa è sostenuta da Verdi, Ps e Partito verde liberale. Anche singoli esponenti di Centro (le Donne del partito, ad esempio), Plr e Partito evangelico sono schierati per il sì, così come Bio Suisse e l’Associazione dei piccoli contadini. In prima fila tra i contrari c’è l’Usc (che non lesina mezzi: il budget è di 2,1 milioni di franchi), com’era stato il caso nel 2021 in occasione delle votazioni (vinte) sulle iniziative per vietare o ridurre l’uso dei pesticidi. Anche l’Udc, il Plr e il Centro raccomandano di votare no; lo stesso fanno numerose organizzazioni economiche (tra le quali l’Unione svizzera delle arti e mestieri e Swissmem).

Perché votare sì?

Perché la biodiversità in Svizzera versa in “pessime condizioni”. A causa di una molteplicità di fenomeni (cementificazione, dispersione degli insediamenti, canalizzazione dei corsi d’acqua, agricoltura intensiva, neofite invasive, cambiamenti climatici ecc.), circa la metà degli habitat naturali è minacciata e più di un terzo delle nostre specie animali e vegetali è in pericolo o già estinto.

La biodiversità è fondamentale non solo per sopravvivere e per la qualità della vita: è anche un fattore cruciale per l’agricoltura, il turismo e altre attività economiche. L’iniziativa inoltre non pregiudica la transizione energetica: impianti per la produzione di energia rinnovabile potrebbero essere realizzati anche nelle aree protette, in presenza di interessi prevalenti di importanza nazionale.

Le autorità tergiversano, o addirittura fanno passi indietro: il Consiglio federale ha ridotto di 276 milioni nei prossimi tre anni il credito d’impegno destinato alla natura e al paesaggio; e il parlamento in giugno ha respinto l’obbligo – previsto dal governo – di riservare il 3,5% di superficie dei terreni coltivabili alla promozione della biodiversità. Le misure adottate in agricoltura, nelle zone urbanizzate e nelle foreste non sono sufficienti: serve un cambio di passo. Se si andasse avanti così, l’estinzione delle specie costerebbe 14-16 miliardi di franchi l’anno in Svizzera dal 2050.

Paludi e boschi sani immagazzinano CO2, alberi e corsi d’acqua rinfrescano l’atmosfera: promuovere la biodiversità significa dunque anche lottare contro gli effetti del cambiamento climatico. Inoltre, corsi d’acqua semi-naturali e boschi sani proteggono gli abitati da inondazioni, valanghe e colate detritiche.

Non basta mettere porzioni pur estese del territorio sotto protezione, perché queste aree col passare del tempo perdono qualità: ciò succede a causa, tra le altre cose, di un’interconnessione insufficiente, degli effetti dei cambiamenti climatici e della mancanza di fondi per la manutenzione.

Perché votare no?

Circa un quarto del territorio già figura in un inventario per la natura o il paesaggio, mentre in quello degli insediamenti svizzeri da proteggere d’importanza nazionale (Isos) è registrato un quinto dei siti caratteristici. Ciononostante, i promotori vorrebbero che il 30% della superficie del Paese (quota non precisata nel testo dell’iniziativa, ndr) fosse a disposizione per la biodiversità.

I costi aggiuntivi (da 375 a 443 milioni di franchi l’anno per le casse di Confederazione e Cantoni) sarebbero eccessivi.

L’iniziativa è “estrema”: troppo rigida, si spinge troppo lontano. Le autorità, in particolare i Cantoni e i Comuni, vedrebbero restringersi il loro margine di manovra: regolamentazioni più severe frenerebbero ad esempio lo sviluppo urbano e metterebbero a rischio importanti infrastrutture come linee elettriche e ferroviarie; anche lo sviluppo delle energie rinnovabili e i settori forestale e immobiliare subirebbero restrizioni eccessive.

Si indebolirebbe la produzione agricola indigena, a discapito della sicurezza alimentare. Dovremmo quindi importare più beni alimentari, e ciò significa semplicemente ‘esportare’ il problema della biodiversità. Per giunta i contadini (che alla sua promozione riservano il 19% della superficie agricola totale) già fanno parecchio, in molti casi più di quanto la legge prescriva (7%) per poter beneficiare dei pagamenti diretti. Senza contare che nelle zone di estivazione ci sono ben 220mila ettari di superfici inerbite ricche di specie.

Come andrà a finire?

Il primo sondaggio realizzato dall’istituto gfs.bern per conto della Ssr indica che a inizio agosto il 51% avrebbe votato sì o tendenzialmente sì (margine d’errore: +/- 2,8%). I contrari sarebbero stati il 43%. Pochi gli indecisi (6%). Lo stesso risultato (51% di favorevoli, 42% di contrari, 7% di indecisi) emerge dal primo sondaggio Tamedia/‘20 Minuten’. Poiché il sostegno alle iniziative in genere diminuisce nel tempo, difficilmente il 22 settembre uscirà un sì dalle urne. Anche perché serve la maggioranza dei Cantoni, un ostacolo che – nonostante il ragguardevole budget a disposizione (3,3 milioni di franchi, oltre la metà dei quali provenienti da Pro Natura) – dovrebbe rivelarsi invalicabile per i fautori dell’iniziativa, il cui messaggio stenta a passare nelle zone rurali.

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