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La ‘questione verde’ al cuore della legge sull’elettricità

Quale prezzo devono pagare natura e paesaggio per accrescere la produzione di energia elettrica? Pareri discordanti tra gli ecologisti sul ‘Mantelerlass

Il fotovoltaico è il perno della legge in votazione il 9 giugno
(Keystone)
1 giugno 2024
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A favore


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Greta Gysin, consigliera nazionale dei Verdi

Signora Gysin, chi combatte questa legge sostiene che la natura verrà deturpata, i più bei paesaggi della Svizzera devastati. Chi sono i veri ecologisti: voi o loro?

Chi ha lanciato il referendum esagera. È grazie al nostro impegno se siamo riusciti ad arrivare a una legge che concilia l’importante interesse alla produzione di elettricità con quello, altrettanto importante, alla protezione della natura e del paesaggio. Questa è una soluzione equilibrata, un compromesso con il quale facciamo un passo avanti verso una maggior sicurezza dell’approvvigionamento senza arretrare sul fronte della protezione della natura e del paesaggio.

A fine gennaio, all’assemblea dei delegati dei Verdi, si è levata qualche voce critica: il vostro gruppo parlamentare non ha accettato di ingoiare troppi rospi?

La stragrande maggioranza dei delegati ha approvato la legge. Le critiche a mio avviso non si giustificano. Sono assolutamente convinta che questa sia una buona soluzione. I biotopi di importanza nazionale continueranno a essere protetti, non vi si potrà costruire alcun impianto per la produzione di energia elettrica. Inoltre restano tutte le possibilità di partecipazione democratica che abbiamo oggi, salvo per quanto riguarda i 16 progetti di costruzione o innalzamento delle dighe previsti. Progetti che però sono stati a lungo discussi in una tavola rotonda con le principali organizzazioni ambientaliste, che alla fine hanno dato il loro beneplacito.

La legge rompe comunque un tabù: quello della protezione assoluta dei biotopi di importanza nazionale. Sono infatti previste eccezioni, e non di poco conto. Ad esempio: una centrale idroelettrica potrà sorgere a monte di un biotopo, se solo il deflusso residuale viene a trovarsi nell’oggetto protetto.

Essenziale è che rimanga garantito il principio secondo cui all’interno dei biotopi di importanza nazionale non si costruisce. Le eccezioni sono limitate a pochi casi. E un impianto potrà essere realizzato solo se vengono comprovate la sua assoluta necessità e l’assenza di pregiudizi significativi alla zona protetta. Ma al di là di questi aspetti, dovremmo chiederci cosa succede se adesso rinunciamo a sviluppare le nostre capacità di produrre elettricità a partire dalle fonti rinnovabili.

Cosa succede, a suo parere?

I danni per la società intera, per il clima, ma anche proprio per la natura e per il paesaggio, sarebbero molto maggiori. Dobbiamo sempre ponderare gli interessi in gioco. E ripeto: per i Verdi – ma anche per la stragrande maggioranza dei parlamentari di tutti gli altri partiti, delle associazioni ambientaliste e degli attori del settore elettrico – questa è una legge equilibrata.

“Questa legge non rafforza la protezione della natura e del paesaggio, anzi: la indebolisce”, martellano i contrari.

Non sono d’accordo. Per realizzare la svolta energetica e proteggere il clima, così come ha voluto il popolo svizzero, dobbiamo ‘elettrificare’ di più. Altrimenti rimarremo dipendenti dall’importazione di energie fossili dall’estero, con tutti i rischi che ormai conosciamo, in particolare per il clima. E sappiamo quali catastrofiche conseguenze possono avere i cambiamenti climatici per la natura, la biodiversità e il paesaggio. Questa legge rafforza la loro protezione, non il contrario: piccoli, puntuali compromessi ci permettono infatti di evitare danni ben più gravi. Non dimentichiamo, poi, che gli impianti [eolici e solari, ndr] che potrebbero essere costruiti anche in campo libero potranno facilmente essere smantellati, se un giorno scopriremo una nuova fonte energetica pulita grazie allo sviluppo tecnologico.

L’impressione – al di là della legge di cui si parla – è che la biodiversità sia, se non la vittima, quantomeno il parente povero nel dibattito sulla transizione energetica e climatica. Ci sbagliamo?

Sì. Proteggendo il clima e favorendo la svolta energetica, proteggiamo anche la biodiversità. Tutte queste crisi sono strettamente interconnesse.

La parte del leone, in questa legge, la fa il fotovoltaico. I Verdi hanno sempre insistito sullo sfruttamento dell’enorme potenziale di tetti e facciate degli edifici e delle infrastrutture esistenti. Ma per raggiungere gli obiettivi di produzione stabiliti non si potrà prescindere da grandi impianti in campo libero, come ad esempio parchi solari in montagna. Questo non vi preoccupa?

Più dell’80% dell’elettricità supplementare attesa dai nuovi impianti sarà prodotta su tetti e facciate esistenti, tutelando così la natura. È un peccato che la discussione tenda a concentrarsi sul restante 20% scarso. La legge prevede che continueranno a essere versati contributi finanziari a chi vorrà installare impianti fotovoltaici. Ci sarà la garanzia di un prezzo minimo uniforme in tutta la Svizzera, che i gestori dovranno pagare a chi immette in rete elettricità solare. Infine, scatterà l’obbligo di installare pannelli solari per chi costruisce edifici con una superiore ai 300 metri quadrati. Tutti questi strumenti renderanno gli investimenti di privati e aziende nel fotovoltaico ancora più sicuri e attrattivi da un punto di vista finanziario. Sono convinta che daranno i loro frutti, così come le misure – nuove o già in atto, come il collaudato Programma edifici – destinate a migliorare l’efficienza energetica.

Contro


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Pierre-Alain Bruchez, co-fondatore dell’Unione per la natura e il paesaggio, che ha lanciato il referendum

Signor Bruchez, la sua Unione per la natura e il paesaggio ha lanciato il referendum. Cosa non vi piace di questa legge?

In generale, il fatto che concede dei poteri inediti di intervenire all’interno dei paesaggi più belli della Svizzera e persino nei biotopi di importanza nazionale, la ‘crème della crème’ dei luoghi pregiati del Paese dal punto di vista naturalistico. Non sappiamo come queste possibilità verranno utilizzate in futuro, ma sta di fatto che saranno ormai messe nero su bianco. A sentire i suoi fautori, si ha quasi l’impressione di essere di fronte a una legge che in realtà protegge la natura e il paesaggio [ride]. Invece non è così. Ad esempio: si dà il via libera alla costruzione di impianti per la produzione di elettricità da fonti rinnovabili in paesaggi protetti, iscritti nell’Inventario federale dei paesaggi, siti e monumenti naturali d’importanza nazionale (Ifp), senza che debbano essere prese misure di protezione, ripristino, sostituzione o compensazione.

Non si tratta però di una rinuncia generale a queste misure: i progetti d’ordinanza del dipartimento di Albert Rösti lo confermano.

D’accordo, ma finora ciò non era possibile. Questo è un punto importante, non un dettaglio. E non c’è solo questo. Ci si è permessi persino di introdurre eccezioni per consentire la costruzione di impianti all’interno dei biotopi di importanza nazionale. Senza dimenticare, poi, che gli ambiziosi obiettivi di produzione stabiliti da questa legge sproneranno i cantoni a designare nei rispettivi piani direttori un numero maggiore di ‘zone adeguate’. E se queste saranno mal concepite, il popolo non potrà nemmeno lanciare un referendum.

Le principali organizzazioni ecologiste confidano nelle ordinanze d’applicazione, che a loro giudizio sono prudenti. Ma chi ci dice che saranno effettivamente tali? E poi un’ordinanza può essere modificata facilmente dal Consiglio federale, senza che esista la possibilità di lanciare un referendum. Noi non ci sentiamo affatto rassicurati.

La legge garantisce esplicitamente che ogni progetto continuerà a essere valutato e autorizzato singolarmente.

È così nella legge attuale. Il problema è che il ‘Mantelerlass’ [atto mantello, così è stata definita la legge, ndr] attribuisce invece in linea di massima alla produzione di elettricità da impianti di una certa dimensione la priorità rispetto alla protezione della natura e del paesaggio. Sarà questa la nuova regola in futuro. Certo, nel caso concreto si potrà prescindere da questo ‘principio’ generale. Ma le deroghe resteranno comunque delle eccezioni.

Questa legge è il frutto di un compromesso perseguito a lungo in Parlamento, anche con l’attiva partecipazione dei Verdi. Tutto sommato, queste piccole concessioni sembrano accettabili se teniamo presente l’interesse ‘superiore’: produrre più elettricità da fonti energetiche rinnovabili.

‘Piccole concessioni’?!? Dal momento che mettete in discussione l’Ifp e i biotopi d’importanza nazionale, dal momento che attribuite una priorità di principio alla produzione di elettricità, siete in contrasto con le disposizioni costituzionali. Le possibilità di ricorso vengono salvaguardate, ma solo formalmente. I tribunali, infatti, non potranno sottrarsi a quanto la legge predetermina.

Rinfacciate ai sostenitori della legge di sacrificare la biodiversità sull’altare della svolta energetica e climatica. Loro vi rimproverano esattamente l’opposto. Qualcuno ha torto, dunque.

Noi siamo assolutamente per la transizione energetica, per un rafforzamento della sicurezza dell’approvvigionamento, per lo sviluppo delle rinnovabili e l’obiettivo emissioni nette zero entro il 2050. Semplicemente, vogliamo che li si persegua nel rispetto della natura, del paesaggio e della democrazia.

Ma come, se non con questa legge? Col risparmio energetico e lo sviluppo del fotovoltaico sugli edifici e le infrastrutture esistenti, non andremo lontano.

Andremmo molto lontano, se davvero facessimo qualcosa in questi ambiti. Invece, per quanto riguarda l’efficienza, gli obiettivi fissati dalla legge sono estremamente modesti, persino rispetto alle stime fatte dallo stesso Ufficio federale d’energia.

Sul fotovoltaico: senza obblighi più estesi, non si vede come il potenziale sul ‘costruito’ possa essere maggiormente sfruttato.

Potremmo introdurre obblighi più estesi, o incentivi finanziari. Risparmiare elettricità e installare pannelli fotovoltaici su edifici e infrastrutture esistenti è meno costoso che costruire enormi parchi solari nelle Alpi.

I Verdi hanno insistito su questi aspetti in Parlamento. Invano.

Sì. Ma forse se blocchiamo la possibilità di costruire parchi solari nelle Alpi, allora non resteranno molte altre alternative.

La capogruppo dei Verdi Aline Trede vi ha trattato da ‘talibani’. Cosa risponde?

Gli estremisti non siamo noi, ma coloro che vogliono costruire parchi fotovoltaici nelle Alpi, qualcosa di inimmaginabile solo due anni fa. Tanto più che – lo ripeto – le alternative esistono. I Verdi e le principali organizzazioni ecologiste continuano a paragonare questa legge con la sua prima versione, ancor meno rispettosa della natura. Ma il bilancio finale del ‘Mantelerlass’ rimane chiaramente negativo.

Chi sono

Greta Gysin

Greta Gysin (Verdi), 40 anni, è in Consiglio nazionale dal 2019. Attualmente ne presiede la Commissione delle istituzioni politiche. È anche vicepresidente del gruppo ecologista alle Camere federali. In precedenza è stata in Gran Consiglio (2007-2015) e nel Consiglio comunale di Rovio (2004-2012). Dal 2019 è presidente del sindacato transfair.

Pierre-Alain Bruchez

Il vallesano Pierre-Alain Bruchez, pensionato, è tra i co-fondatori dell’Unione per la natura e il paesaggio. L’organizzazione si prefigge di “proteggere davvero la natura e il paesaggio” in Svizzera. Ha promosso il referendum contro la legge sull’elettricità, sostenuto poi anche dalla Fondazione Franz Weber e dall’associazione Freie Landschaft Schweiz (Paesaggio libero Svizzera).

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