L’iniziativa del Centro propone un meccanismo vincolante, il controprogetto solo un monitoraggio. Si vota il 9 giugno. Risposte alle principali domande
Cosa chiede l’iniziativa?
Di introdurre un freno ai costi nel settore sanitario. La Confederazione, di concerto con i Cantoni, le casse malati e gli altri fornitori di prestazioni, dovrebbe garantire che l’aumento dei costi a carico dell’assicurazione malattie obbligatoria (Lamal) non sia nettamente superiore all’incremento dei salari medi e alla crescita dell’economia nazionale.
Come funziona il meccanismo?
Se due anni dopo l’accettazione dell’iniziativa (nel 2026, dunque) l’aumento medio dei costi sanitari per assicurato è superiore di oltre il 20% all’aumento dei salari nominali e i partner tariffali (Cantoni, ospedali, medici, casse malati, farmacisti, laboratori, case di cura) non hanno ancora adottato misure vincolanti, Confederazione e Cantoni devono intervenire imponendo provvedimenti per contenere i costi, con effetto a partire dal 2027.
Di quali misure si parla?
L’iniziativa non lo specifica. L’Alleanza del Centro, che l’ha lanciata nella primavera del 2020, menziona alcune piste, alcune già battute invano, altre in corso di attuazione: digitalizzazione del settore sanitario (dossier elettronico del paziente incluso), riduzione del prezzo dei farmaci (generici inclusi), riduzione del prezzo degli esami del sangue, ‘ambulatorializzazione’ degli interventi oggi effettuati in regime stazionario. Sarà comunque il Parlamento, se del caso, a stabilire nella legge d’attuazione di quanto potranno aumentare i costi a lungo termine, che forma prenderà il meccanismo e quali misure Confederazione e Cantoni potranno adottare.
Perché il tema è rilevante?
Perché in Svizzera i costi del settore sanitario superano ormai i 90 miliardi di franchi (2022: 91,5 miliardi). Oltre un terzo (34,5 miliardi) sono finanziati dall’assicurazione di base. Tra il 2012 e il 2022 i costi per abitante a carico di quest’ultima sono aumentati del 31%, dal 2000 sono più che raddoppiati. Anche se venissero adottati correttivi, il sistema entro il 2040 sarebbe di due terzi più caro, secondo uno studio pubblicato nel 2022 dal Boston Consulting Group. Da un lato, dunque, costi della salute (e premi di cassa malati, che ne sono il riflesso) in forte crescita; dall’altro, Prodotto interno lordo (+10% tra il 2012 e il 2022) e salari nominali (+6%) che non tengono il passo: non è un caso se l’onere dei premi sul budget familiare è indicato da molti svizzeri come la preoccupazione numero uno.
Perché i costi della salute aumentano?
È naturale che aumentino: ciò è dovuto, non solo in Svizzera, sia all’evoluzione demografica (cresce il numero delle persone anziane e dunque quello dei malati cronici), sia ai progressi della medicina (nuovi e costosi farmaci e apparecchiature sempre più performanti, ai quali si ricorre con sempre maggior frequenza). Una parte dell’incremento dei costi, tuttavia, è evitabile: è quella riconducibile a doppioni, incentivi controproducenti e strutture inefficienti, che determinano numerosi trattamenti ingiustificati dal punto di vista medico.
Non è stato fatto niente per contrastare questa evoluzione?
Qualcosa si è fatto. Il Consiglio federale, ad esempio, negli ultimi anni ha adottato diverse misure (intervento sul tariffario medico Tarmed, riduzione periodica del prezzo dei farmaci, adeguamento delle tariffe dei laboratori, ecc.) che hanno permesso di ridurre i costi sanitari di svariate centinaia di milioni di franchi l’anno. Dal 2018 il Governo ha anche proposto al Parlamento un paio di ‘pacchetti’: buona parte delle misure che contenevano sono state respinte o annacquate. Dal canto loro, i Cantoni sono responsabili della pianificazione ospedaliera e possono pilotare l’apertura di nuovi studi medici. Ma su questo fronte non si segnalano progressi nel contenimento dei costi.
Perché c’è anche un controprogetto?
Perché anche il Consiglio federale e il Parlamento riconoscono che occorre affrontare “un problema grave”. Vogliono però tenere conto del fatto che esistono ragioni comprensibili (l’invecchiamento della popolazione, i progressi della medicina) per cui i costi della salute aumentano. Il controprogetto indiretto (a livello di legge) prevede che il Consiglio federale stabilisca ogni quattro anni, previa consultazione dei fornitori di prestazioni, quale sia l’aumento massimo dei costi a carico dell’assicurazione di base. Anche i cantoni possono stabilire propri obiettivi di costo e di qualità, tenendo conto di quelli del Consiglio federale. Una commissione di monitoraggio vigilerà sull’evoluzione dei costi nei vari settori e sulla qualità delle prestazioni erogate; emanerà raccomandazioni all’attenzione della Confederazione e dei partner tariffali circa le misure correttive da adottare qualora gli obiettivi venissero superati. Il controprogetto (contro il quale può essere lanciato il referendum) entra in vigore se l’iniziativa viene respinta.
Chi è per l’iniziativa? Chi è contro?
L’iniziativa è stata lanciata nel 2020 dall’Alleanza del Centro. Quello di Gerhard Pfister e il Pev (evangelici) sono gli unici partiti a sostenerla. Per il sì è schierata anche Santésuisse, una delle due organizzazioni mantello degli assicuratori malattia. Curafutura invece raccomanda di votare no. Anche Consiglio federale, Parlamento e Cantoni respingono l’iniziativa. A combatterla è un ampio comitato formato da esponenti di tutti gli altri partiti (Udc, Ps, Plr, Verdi, Verdi liberali) e da numerose organizzazioni del settore sanitario, tra le quali la Fmh (medici), H+ (ospedali), l’Associazione svizzera infermiere e infermieri (Asi), quella dei medici di famiglia e dell’infanzia (Mfe) e pharmaSuisse (farmacisti).
Cosa dicono i favorevoli?
Cosa dicono i contrari?
Cosa dicono i sondaggi?
A inizio marzo l’iniziativa del Centro raccoglieva un 72% di pareri favorevoli (37% ‘sì’, 35% ‘piuttosto sì’), secondo un sondaggio commissionato da Tamedia/20 Minuten. Lo scorso dicembre l’istituto Sotomo ha sondato gli umori della popolazione per conto dell’associazione Gesundheitswesen mit Zukunft (Settore sanitario con futuro), formata da Fmh, H+ e da altre organizzazioni contrarie all’iniziativa: solo un 39% degli interpellati si era detto intenzionato a votare sì.