Stans tra ‘Hopp Schwiiz!’ e l’evento al Bürgenstock. La montagna poco amata, la popolazione scettica. La bambina ali d’angelo e il messaggio di pace
“Dove bisogna guardare oggi: al Bürgenstock, dove la Svizzera ospita la conferenza sull’Ucraina (...)? O a Colonia, dove la Svizzera alle 15 affronta l’Ungheria nel suo primo match degli Europei di calcio?” Questo sabato anche la ‘Nidwaldner Zeitung’ pone l’arduo quesito. In prima pagina.
‘Da oben’, o ‘hier unten’: lassù, o quaggiù? Al chiosco del paese non hanno dubbi. «Brutto tempo», dice un anziano signore imbacuccato in una mantella gialla. «Nel pomeriggio migliora», ribatte l’edicolante. «Speriamo. Hopp Schwiiz!». «Hopp Schwiiz!». Facciamo gli ingenui: «Ma allora cos’è che conta di più?». «Guardi lì dietro». Una maglietta rossa è appesa a una gruccia: sul petto, la scritta bianca ‘Schweiz ist geil’ (la Svizzera è fica).
Dal monumento a Winkelried, che veglia sulla piazza di Stans, il Bürgenstock (Bürgenberg, in realtà) stamattina non si vede: è quasi del tutto avvolto dalle nubi. Ieri invece l’avevamo visto. Un massiccio, tozzo promontorio. Un muro di alberi verde cupo. Addolcito da poche chiazze più chiare qua e là. E dalle rocce che, in cima, formano una parziale corona color beige. Il ‘balcone’ pregiato, dove a quasi 900 metri di altezza è situato il resort che questo fine settimana ospita i big del mondo (e dove in passato hanno soggiornato Audrey Hepburn, Sofia Loren e via dicendo), è rivolto a nord-ovest, guarda verso Lucerna. Lì poi la montagna scende a precipizio per circa 400 metri, infilandosi nel Lago dei Quattro Cantoni. Da questa parte, invece, volta le spalle a Stans e ai suoi 8mila abitanti.
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Vista dal ‘balcone’ pregiato del Bürgenstock, verso nord-ovest
E questi non glielo perdonano. Perché non è una semplice questione topografica. «È più una montagna per stranieri che per noi», dice un signore. «I responsabili del resort cercano di mostrarsi aperti. Ma non basta: la gente di qua – abituata a vestire in modo semplice – non si sente la benvenuta quando ci va». «Non è la più amata, ma è sicuramente la più cara» delle montagne dei paraggi, spiega una coppia di simpatici anziani. «Noi ci andiamo il weekend, a fare delle passeggiate. Ma è meglio non fermarsi: un caffè 6 franchi e 50, un tè 10 franchi, il parcheggio 10 franchi all’ora», dice lei. Il marito, che sorregge il carrello della spesa, ammicca con un sorriso. La ‘loro’ montagna è il ben più popolare Stanserhorn.
Lo sospettavamo. Arrivando dal Ticino in autostrada, un cartello lungo la A2 lo annuncia poco prima dell’uscita di Stans-Süd, lungo la piana ai piedi del Bürgenstock che ospita gli stabilimenti della Pilatus. Quelle officine che, nell’estate del 1964, vennero trasformate nella Auric Enterprises Ag, il covo del malvagio Auric Goldfinger. Qui James Bond sfasciò la sua Aston Martin, prima di venire catturato (Sean Connery poi si consolerà soggiornando al Palace Hotel sul Bürgenberg con tutta la troupe).
Andiamo alla redazione locale della ‘Nidwaldner Zeitung’. Ci dicono che tra la popolazione serpeggia scetticismo sulla conferenza. Vuoi per le misure di sicurezza (taluni le giudicano sproporzionate, altri tutto sommato accettabili), vuoi per i costi. Oppure perché si pensa che non valga la pena, viste le premesse. «Speriamo almeno che serva a qualcosa», dice ancora la coppia di anziani. «Perché a noi contribuenti comunque qualcosa costerà. Un paio di milioni, no? E intanto un ricco russo investe 3,5 milioni per rinnovare una villa vista lago qui vicino, a Beckenried!». I due non nascondono una certa stanchezza. Vivono vicino alla caserma dei pompieri di Stans, ai piedi del Bürgenstock: «Da 40 giorni è un viavai continuo: polizia, militari, pompieri, eccetera». Solo lunedì si torna alla normalità.
Da una panchina del centro raccolta rifiuti, il suono dei campanacci delle mucche al pascolo si confonde con il segnale dei passaggi a livello della linea ferroviaria della Zentralbahn, che taglia in due la cittadina. Non lontano, gli elicotteri dell’esercito sorvolano il Bürgenstock. Sullo sfondo, ogni tanto si percepisce il rombo dei caccia F/A-18 dell’esercito che – sopra le nubi – pattugliano il cielo nidvaldese. Un uomo in tenuta da biker armeggia con il suo rampichino, messo a gambe in su, con la catena a terra: «Non ha per caso un coltellino». «No, mi dispiace. Sono un giornalista, vado al Bürgenstock». «Ah, allora meglio di no». Ride, malgrado il contrattempo.
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La colonna sonora dell’evento: il rumore degli elicotteri che pattugliano lo spazio aereo sopra il Bürgenstock
Gli 007 della Confederazione temono che qualche spia si insinui nelle delegazioni ufficiali. E che poi riesca a mettere il Novichok nella salsa dell’insalata. Ma anche senza James Bond in giro, possiamo stare abbastanza tranquilli. La montagna è sigillata (sono stati tirati 6 km e mezzo di filo spinato). L’unico accesso stradale è presidiato da centinaia di agenti e soldati. Nulla è stato lasciato al caso.
Dalla stazione di Stans ogni mezz’ora partono i ‘Media Shuttles’. Ci mettiamo quasi un’ora e mezza per arrivare alla meta. Dal mini-schermo del bus, il cancelliere tedesco Olaf Scholz “smorza le aspettative sul Bürgenstock”. Uno scettico corrispondente del ‘New York Times’ dice che «la Cnn non ha nemmeno mandato il giornalista di stanza in Europa». Reduce dal G7 in Puglia, zaino in spalla e trolley rosso («con delle bottiglie d’olio d’oliva»), la collega che riferisce per i servizi russi di ‘Voice of America’ confida di essere «esausta».
A Stansstad la strada comincia a inerpicarsi. Sul marciapiede c’è una bambina con ali d’angelo blu e gialle. Regge un cartello: ‘Your power, our peace. We believe in you’ (‘Il vostro potere, la nostra pace. Crediamo in voi’). Accanto a lei, due ragazzi alzano la bandiera ucraina.
Stefano Guerra
‘Il vostro potere, la nostra pace’
Si sale. Siamo nella zona rossa. Qui possono stare solo i 430 residenti autorizzati, senza però poter fare granché (jogging, barbecue e altre attività sono proibite). Vediamo due donne avventurarsi nell’erba alta, con un labrador al guinzaglio. Soldati e poliziotti non sembrano essersene accorti.
Colonna. Si sta fermi diversi minuti. Poi nella palestra di Obbürgen ritiriamo il ‘badge’. Controllo di sicurezza: ultima stazione, quindi dritti fino in cima. Nella sala stampa, ad ascoltare Viola Amherd e Volodymyr Zelensky, ci sono già centinaia di giornalisti (500 circa quelli accreditati). I colleghi ucraini e russi lavorano allo stesso tavolo, almeno per un po’. Sui quattro grandi schermi scorrono le immagini delle delegazioni che alla spicciolata atterrano nell’eliporto approntato dall’esercito nella conca qua sotto, a Obbürgen.
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La sala stampa principale nel Media Center allestito sul Bürgenstock, a poca distanza dall’edificio dove si riuniscono le delegazioni ufficiali
Sfogliamo la ‘Nidwaldner Zeitung’ di venerdì. Sulla ‘prima’, un bollino pubblicitario con fiori colorati, stile Peace & Love: ‘For a peaceful Future’, promette ‘aneas Raumgestaltung’. Nelle pagine locali troviamo tutti gli indirizzi dove vedere la partita: a Stans, Alpnach, Hergiswil ed Ennetbürgen. Ma ormai è tardi. Tardi anche per il ‘Poetry-Slam’ alla casa della letteratura di Stans. Oggi è la Giornata internazionale del rifugiato. All’evento partecipa anche una ucraina, Irina Podolska, vive da due anni in Svizzera.
Siamo nella Svizzera primitiva, qui la neutralità è tenuta in gran conto. Poche settimane fa, sempre alla Literaturhaus, hanno dedicato una serata a Iwan Bunin, primo russo a ricevere il premio Nobel per la letteratura. La sua traduttrice Dorothea Trottenberg e l’editore Thomas Grob hanno parlato della loro passione per lo scrittore e dell’attualità della sua opera. Proprio in un periodo in cui – leggiamo nell’ultimo numero di ‘Stans!’, l’organo ufficiale del comune – “il rapporto con la Russia è difficile”.
Facile, molto più facile – per molti abitanti di Stans – la ‘scelta’ tra il match della ‘Nati’ e la conferenza sul Bürgenstock.