Novak Djokovic ha vinto gli Us Open, il suo 24° titolo dello Slam. Battuto il russo Medvedev 6-3, 7-6, 6-3. ‘Fino a pochi anni fa non pensavo ai record’
Un monumentale Novak Djokovic ha conquistato la 24esima corona Major, staccando Serena Williams (23) ed eguagliando il record di tutti i tempi detenuto da Margaret Court.
L'intramontabile 36enne di Belgrado ha vinto sul cemento di New York, sul medesimo campo dove - due anni fa - venne "scippato" del Grande Slam, perché battuto da un certo... Daniil Medvedev (alla sua prima e a oggi unica gioia in uno dei quattro tornei più importanti). Memore di quell'impresa, quest'ultimo aveva messa nel mirino un altro sgambetto, ma il serbo stavolta non ci è cascato. Raramente (se non mai), in carriera Nole ha infatti sbagliato due volte di fila. Seppur terminata in tre set - 6-3, 7-6(5), 6-3 il punteggio scaturito dopo 3h17' di gioco - la finalissima è stata d'altissimo livello.
Djokovic ha sorpreso a freddo l'avversario rubandogli il servizio in occasione del suo primo turno di battuta, per poi controllare il set. Nel secondo abbiamo invece assistito a un vero e proprio spettacolo, con scambi straordinari e in alcuni frangenti anche incredibili. Sotto 6-5, Nole ha salvato un match point del russo prima di portare la sfida sul 2-0 al termine di un tie-break altrettanto vibrante. Nell'ultima frazione Djokovic ha infine trovato la zampata vincente nel sesto game, andando a vincere il confronto e dicendo al mondo intero di non avere nessuna intenzione di fermarsi.
Djokovic è tornato re di New York a distanza di cinque anni dall'ultima incoronazione... «Era da due stagioni che non giocavo un torneo su suolo americano. E a New York l'ultima volta ho perso contro lo stesso giocatore che ho battuto oggi. Nelle ultime 48 ore ho fatto di tutto per far entrare nella mia testa l'importanza di questo momento e della posta in palio. Due anni fa avevo giocato male e avevo perso, ho imparato la lezione. La mia squadra e la mia famiglia sapevano che nelle ultime 24 ore non dovevano parlarmi della storia o della posta in gioco (sorride). Ho fatto tutto il possibile per affrontare questa partita come qualsiasi altra partita che si può vincere. Ma, ovviamente, i pensieri sono tanti: i “se”, i “ma”, la possibile vittoria o la possibile sconfitta. Ho cercato di bloccare tutto. Ma in queste ultime 24 ore è stata una grande battaglia».
Prima tanti pensieri, poi la gioia per la vittoria... «Ho provato soprattutto sollievo. Per questo non sono scoppiato di gioia. Mi ha sollevato vedere il suo ultimo dritto fermarsi in rete. Per rispetto, volevo arrivare a rete il prima possibile per stringergli la mano e dirgli qualche parola. E poi, quello che volevo davvero era baciare mia figlia, che era seduta nella tribuna di fronte, proprio di fronte alla mia panchina. Mi sorrideva e ogni volta che avevo bisogno di lei mi trasmetteva quell'energia innocente dell'infanzia. Nei momenti più stressanti, soprattutto nel secondo set, mi sorrideva e mi mostrava il suo pugno chiuso. Mia figlia ha sei anni, mio figlio nove, ed erano entrambi lì. Quando sono diventato padre, uno dei miei desideri era che i miei figli potessero vedermi vincere un torneo del Grande Slam e che fossero abbastanza grandi per riuscirci. Sono super fortunato che sia successo, qui e già a Parigi».
Ubna stagione che può essere paragonata a quella delle grandi sfide con Federer e Nadal? «Quest'anno ho disputati quattro finali derl Grande Slam e tutte con avversari diversi. Per la maggior parte degli anni in cui eravamo tutti nel tour al massimo livello, le probabilità di affrontare Roger o Rafa o Andy erano molto alte. Ora è diverso. Non mi dispiace affrontare giocatori diversi, a patto di vincere (sorride). Ma quest'anno ho giocato tre partite epiche contro Alcaraz ed è lì che si è parlato di una nuova rivalità. I giocatori vanno e vengono, e lo stesso varrà per me. Un giorno, tra 23 o 24 anni, lascerò il circuito (ride) e ci saranno nuovi giocatori. Ma fino ad allora, credo che continuerete a vedermi».
Ancora uno Slam e Djokovic raggiungerà vette mai toccate da nessun altro essere umano che abbia calcato un campo da tennis… «Da bambino, il mio obiettivo era vincere Wimbledon e diventare numero 1. Quando è successo, ho dovuto fissare un nuovo traguardo, perché per gli sportivi professionisti è importantissimo avere una meta da raggiungere, per poter continuare ad allenarsi con la massima motivazione. Con l'avanzare della mia carriera, mi sono posto obiettivi sempre più alti. Ma, a dire il vero, non ho mai pensato troppo al numero di settimane trascorse come numero 1 o al numero record di titoli del Grande Slam fino a circa tre anni fa. È stato allora che ho capito che non ero così lontano dal record di settimane in vetta alla classifica e che avevo la possibilità di raggiungere il record di titoli del Grande Slam se fossi rimasto in salute e avessi continuato a giocare bene. Ho iniziato a credere di potercela fare. Per quanto riguarda il futuro, non mi pongo un obiettivo per il numero di Slam che voglio vincere prima della fine della mia carriera. Rimarranno i miei tornei prioritari, e questo non cambierà né nella prossima stagione né in quelle successive, finché sarò ancora in forma».