Secondo i media australiani il tennista avrebbe dichiarato di non aver viaggiato nei 14 precedenti l’arrivo in Australia. Ma il 2 gennaio era a Marbella
Nuove ombre gettate sulla procedura di ingresso di Novak Djokovic in Australia per difendere il titolo agli Australian Open di Melbourne: dopo l’accoglimento del ricorso del tennista contro il diniego del visto di ingresso e la temporanea collocazione in un centro di detenzione per migranti, il ministro dell’Immigrazione Alex Hawke si è riservato un altro giorno per decidere se esercitare i propri poteri e revocare l’autorizzazione all’ingresso del n.1 al mondo.
Come rivelano i media australiani, fornendo la prova documentale, Djokovic avrebbe dichiarato di non aver viaggiato in altri Paesi nei 14 giorni precedenti l’ingresso in Australia: ma ciò non corrisponderebbe al vero, in quanto il 2 gennaio è apparso a Marbella, quattro giorni prima dell’arrivo in Australia, come provato da numerosi video sui social.
We can confirm @DjokerNole is ready for @AustralianOpen if possible! pic.twitter.com/q9WJFzBU41
— SotoTennis Academy (@SotoTennis) December 31, 2021
Peraltro sul modulo in cui è formulata la domanda: “Avete viaggiato o viaggerete nei 14 giorni precedenti il vostro volo per l’Australia?” è chiaramente specificato che “dare informazioni false o ingannevoli è un reato grave. Si può anche essere soggetti a una sanzione civile per aver dato informazioni false o fuorvianti”. Djokovic si è giustificato davanti ai funzionari di frontiera sostenendo che la dichiarazione di viaggio australiana era stata compilata da Tennis Australia suo nome.
La dichiarazione di ingresso di Djokovic in Australia
Il ministro dell’immigrazione, dunque, potrebbe decidere domani se annullare la concessione del visto al tennista serbo, ciò che dovrebbe essere motivato con ragioni di “ordine pubblico” o di “salute pubblica”.