Le Olimpiadi si avvicinano, ma i problemi organizzativi invece di essere risolti si moltiplicano, a cominciare dall'acqua sudicia della Senna
Organizzare un’Olimpiade non è semplice come mettere in piedi una costinata fra amici, ok, ma il percorso che conduce a Parigi 2024 pare ancora più perturbato di quanto sia avvenuto per le passate edizioni dei Giochi. Ultimo degli inconvenienti giunto a turbare il sonno degli organizzatori è stato il furto, un paio di giorni fa, di un pc e di una chiavetta contenenti ogni dettaglio dei piani relativi al sistema di sicurezza che dovrà garantire l’incolumità di chiunque si recherà nella capitale francese per la kermesse muscolare (26 luglio-11 agosto).
A un ingegnere del Comune di Parigi è stato infatti sottratto alla Gare du Nord, mentre già si trovava sul treno che l’avrebbe ricondotto a casa nella banlieue, lo zainetto che aveva appoggiato sulla cappelliera e che conteneva come detto tutto ciò che avrebbe invece dovuto restare segreto. Un mezzo genio, insomma. Sta di fatto che, così a occhio, bisognerà rifare tutto daccapo.
Si tratta soltanto dell’ultimo dei molteplici inconvenienti sopraggiunti a minare la perfetta realizzazione del progetto olimpico parigino, fra i quali è d’obbligo citare innanzitutto la minaccia di attentati, che secondo alcuni sondaggi rappresenta il maggior timore espresso dalle persone intervistate, anche perché a tenerla in particolare considerazione sono gli organizzatori stessi. E del resto non potrebbe essere altrimenti, dato che la Ville Lumière è stata teatro di alcuni fra i più terribili episodi di terrorismo degli ultimi anni.
Non bastasse lo spauracchio di bombe e kalashnikov – di stampo islamista o di qualsiasi altra matrice – nelle ultime settimane a preoccupare tutti quanti si è aggiunto il pericolo che a causare problemi possano essere gli agricoltori, le proteste dei quali – in mancanza di soluzioni in tempi brevi – potrebbero protrarsi fino all’estate, quando appunto i campi di gara potrebbero trasformarsi nel palcoscenico ideale per esternare le proprie rivendicazioni.
Un impatto certamente minore, ma comunque assai fastidioso è quello che potrebbe avere un inconveniente di tipo igienico, e non si tratta della mancanza dei bidet nei bagni degli hotel, di cui sempre si lamentano i turisti italiani. Parliamo invece delle cimici dei letti, minuscoli insetti parassiti – assai difficili da debellare – che da tempo ormai infestano l’intera città , dagli alberghi ai mezzi pubblici, dai cinema ai bed and breakfast. Pare una bazzecola, ma in realtà è una delle battaglie più dure a cui deve far fronte il comitato organizzatore.
Il guaio che però più di ogni altro pare preoccupare le autorità è quello relativo allo stato di salute della Senna. Il grande fiume che attraversa la capitale, infatti, non sarà chiamato a ospitare soltanto la cerimonia inaugurale, ma pure alcune delle gare inserite nel programma olimpico, come triathlon e nuoto in acque libere.
Il problema è che il corso d’acqua in questione è così inquinato che la balneazione vi è vietata da oltre cent’anni. Per secoli, infatti, il fiume ha raccolto ogni rifiuto prodotto dalla metropoli e dai suoi abitanti, finendo per diventare un’immensa cloaca.
Negli ultimi anni, va detto, massicci interventi di bonifica sono stati messi in atto, ma a quanto pare i risultati non si stanno ancora dimostrando soddisfacenti, tanto che la scorsa estate si era dovuta annullare la gara di Coppa del mondo di nuoto in acque libere – che sarebbe servita come prova generale per le Olimpiadi – e, ad oggi, gli uffici di sanità pubblica ancora non hanno dato il loro benestare per lo svolgimento delle competizioni previste la prossima estate. Il grosso degli interventi, in teoria, pare fatto, ma restano ancora da risolvere alcune questioni, come ad esempio quella delle case galleggianti, che non sono poche e che continuano a sversare in acqua detersivi e deiezioni umane.
La sindaca Anne Hidalgo ha detto che, fra non molto, lei stessa si esibirà in un tuffo nella Senna, per rassicurare gli atleti. Aveva promesso di farlo, nel 1990, anche Jacques Chirac, che però morì trent’anni dopo senza riuscire a mantenere la parola.