Non sono pochi i campioni sportivi sparsi per il mondo che portano cognomi tipici della nostra regione, tradizionale terra di emigrazione
Mentre raccoglievo informazioni su atleti d’alto livello originari della Svizzera italiana sparsi per il mondo, oltre ai citatissimi Alcides Ghiggia, Roque Maspoli e Peter Bonetti - tutti e tre in grado di laurearsi campioni del mondo di calcio - mi sono imbattuto in diverse altre figure, non così conosciute, ma non per questo meno degne d’attenzione.
Davvero curiosa, ad esempio, è la storia di Ronald Dale Barassi Junior, antenati ticinesi e del Varesotto, che fu capace non solo di distinguersi nella disciplina che da giovanissimo scelse di praticare - che gli diede il pane per quasi quindici anni - ma addirittura di diventarne il miglior interprete in assoluto nella storia.
Mi riferisco al football australiano, sport di cui alle nostre latitudini si sa poco o niente ma che, in Oceania, in fatto di popolarità se la gioca senza per nulla sfigurare col rugby, tanto da superarlo addirittura per numero di praticanti.
Si gioca su enormi campi ovali fra due squadre di diciotto elementi, con palla anch’essa ovale e regole meticce fra rugby, football e calcio gaelico. Ebbene, Ron Barassi, classe 1936, era così forte da guadagnarsi il primo ticket da Leggenda per la Hall of Fame della disciplina, da vedersi dedicare diversi monumenti (oltre al più importante torneo internazionale di questo sport), ma soprattutto da riuscire perfino a dare il proprio nome alla linea immaginaria che divide l’Australia fra la zona in cui a predominare è il rugby e quella dove invece prevale il football australiano, detta appunto Barassi Line.
Il personaggio che però più ha catturato la mia attenzione, mentre navigavo in cerca di chicche, è stato Dustin Pedroia, i cui avi a fine Ottocento lasciarono Brione sopra Minusio per andare a guadagnarsi la vita in California.
Quarant’anni appena compiuti, Peewee - com’è da sempre soprannominato - nei tre lustri che hanno preceduto la pandemia è stato seconda base e autentica leggenda nientemeno che dei Boston Red Sox, una delle squadre più importanti della storia del baseball.
Per definire la grandezza di Dustin, basti sapere che ha vinto con la sua franchigia tre volte le World Series - cioè il massimo campionato al mondo - mentre a livello personale è stato uno dei soli tre giocatori nella storia ad aver vinto il premio di miglior rookie e quello di Mvp in due stagioni consecutive della Major League.
Le righe che seguono sono inevitabilmente assai parafrasate, visto il proverbiale raffinato eloquio dei giocatori di baseball, che non mondato risulterebbe impubblicabile.
Un giorno Pedroia litiga in campo col catcher avversario, che gli domanda: ma che diavolo vuoi, Dustin? Accorre desideroso di menar le mani un compagno del ticinese. Ehi, Peewee, come caspita ha osato chiamarti quel figlio di madre ignota? Vuoi che gli faccia la bua dove non batte il sole? Tranquillo, gli viene risposto, mi ha solo chiamato Dustin.
E che mai significherebbe, si stupisce l’energumeno. In che senso, chiede Pedroia: è il mio nome! Cosa intendi dire, ribatte il compagno. Così mi chiamo da una vita, credimi. Credevo che il tuo nome fosse Peewee. Amico - gli spiega Pedroia dopo un attimo di smarrimento - abbiamo giocato insieme 1600 partite, e avrai sentito lo speaker annunciare almeno 5000 volte ‘Si prepara a battere, col numero 15, Dustin Pedroia’. Uh, non ci ho mai fatto caso, si giustifica quello col prurito alle mani, e si allontana.
Ma poi, dopo averci rimuginato un paio di secondi, Pedroia lo rincorre e lo chiama. Ci hai ripensato, Peewee, vuoi che gli rompa le ossa, indaga speranzoso il compagno. Non dire sciocchezze e piuttosto dimmi come puoi aver potuto credere per tutti questi anni che i miei genitori mi avessero davvero dato un nome come Peewee. Io non mi stupisco più di nulla, ribatte l’altro, specie da quando mio padre ha fatto il diavolo a quattro per riuscire a far battezzare la mia sorellastra De Lashawnelle!