L'improvvido gesto del presidente della Federcalcio spagnola sta facendo discutere ovunque nel mondo
Al giorno d’oggi, sbagliare a comportarsi o fare battutacce su certi argomenti implica dei rischi anche al bar con gli amici, figuriamoci se quando sgarri sei in diretta televisiva mondiale. E così Luis Manuel Rubiales Béjar, presidente della Federcalcio spagnola, ha scatenato un putiferio stampando un bacio sulla bocca, del tutto fuori luogo, a una giocatrice della Nazionale iberica che a Sydney, una decina di giorni fa, ha vinto il titolo iridato.
Un gesto concepito forse senza malizia, ma che in quest’epoca dalle sensibilità ipertrofiche sarebbe stato molto meglio evitare, specie in seno al calcio spagnolo, che nel settore femminile già durante l’ultimo anno aveva vissuto scandali, polemiche e scioperi proprio per via di certi comportamenti degli alti papaveri, ritenuti lesivi della sfera privata e sessuale delle giocatrici.
Eppure, il 46enne ex terzinaccio mal pagato – e con qualche presenza nella Liga – la legge dovrebbe conoscerla piuttosto bene, essendo laureato in giurisprudenza. Si è specializzato presso la Bar Association di Madrid, che non c’entra nulla col consumo di alcolici – è infatti qualcosa di simile all’Ordine degli avvocati –, anche se certi suoi exploit farebbero pensare il contrario. Pare infatti che, in pieno lockdown da Covid, il personaggio più chiacchierato dell’ultima settimana si dilettasse a organizzare orge a Villa Luxury Paradise, prestigiosa dimora nei dintorni di Granada che prendeva in affitto usando soldi della Federazione spagnola.
Forse sono soltanto speculazioni – dato che finora non se ne sapeva nulla – ma del resto, quando sei ormai immerso per metà nel guano, non ti viene perdonato più nulla, nessuno ti allunga una mano per sfilarti dalla cloaca, al contrario ti premono la suola sul cranio per fartici sprofondare ancor di più. Non a caso si mormora che fra chi oggi chiede la sua testa ci sia qualcuno che, più che allibito per il bacio galeotto, sia soltanto felice di avere un pretesto per tentare di prenderne il posto sulla poltrona più ambita del calcio iberico. Lui, comunque, a dimettersi non ci pensa neanche di striscio: tra Fifa, Uefa e Federcalcio si porta a casa quasi 700mila euro, cifra sufficiente a farlo meditare a lungo prima di fare mosse avventate.
Da giocatore – e poi da numero uno dell’Associazione calciatori – per la sua lealtà, la grinta e la solidarietà verso i colleghi, Rubiales era soprannominato Pundonor, mentre ora, non senza colpe ritrovatosi in un ginepraio, viene ormai universalmente identificato col deshonor. Ex paladino delle minoranze del mondo del pallone, ha finito dunque – più o meno scientemente – per diventare il loro aguzzino.
In campo era un difensore arcigno, e una figura simile è proprio ciò che gli servirà in tribunale, dove la vicenda verosimilmente avrà la sua conclusione: l’accusa della Procura nei suoi confronti è grave assai, si parla infatti di aggressione sessuale. Forse è eccessiva, specie tenendo conto che in questo affaire tutti hanno sbagliato qualcosa. Compresa la madre del diretto interessato che, barricandosi in chiesa e annunciando uno sciopero della fame contro il linciaggio mediatico ai danni del figlio, ha conferito al caso esilaranti toni almodovariani.
E la parte lesa – cioè la centrocampista Jenni Hermoso – che ruolo ha avuto in questa vicenda in bilico fra tragedia e farsa? Purtroppo per lei si tratta di una posizione piuttosto ambigua, che agli occhi di qualcuno la fa passare – invece che da vittima – per approfittatrice. Pare infatti che subito dopo il fattaccio avesse scagionato Rubiales, parlando di una normale dimostrazione di affetto fra persone in buoni rapporti, salvo poi (legittimamente) ricredersi dopo averci riflettuto e una volta che qualcun altro in sua vece ha iniziato a parlare di prevaricazione. E la faccenda, inevitabilmente, ha assunto connotati politici.
La sola cosa certa è che il calcio femminile, a livello tecnico in eterna attesa di sdoganamento, purtroppo fa parlare di sé quasi soltanto per quanto accade fuori dal campo e non per ciò che attiene ai 90 minuti di gioco.