Meglio avrebbe fatto l’Asf a censurare la condotta di Shaqiri e Xhaka. E poi ci si lamenta perché si distoglie l’attenzione dal calcio?
La federcalcio svizzera (Asf) tutto sommato minimizza, e si rammarica perché il gesto di Xhaka e Shaqiri – l’ormai famigerata aquila mimata dopo i gol alla Serbia – ha distolto l’attenzione dalla bella vittoria della Svizzera di venerdì, piccola grande impresa firmata a Kaliningrad.
Meglio avrebbe fatto a condannare senza esitazioni un gesto che, se è riuscito ad alimentare il fuoco delle polemiche spostando il dibattito dal contesto sportivo a quello politico, forse tanto innocuo non è. Quella dei due rossocrociati è stata una provocazione grave, intimidatoria, nonché premeditata.
Si ha un bel dire che la politica non deve immischiarsi con lo sport, e poi che si fa? Non si punisce chi la politica stuzzica con grave superficialità?
Passi per gli scarpini con la bandiera del Kosovo, una forma di riconoscenza alle proprie radici da parte di giocatori che non hanno mai fatto mistero di avere un cuore che batte per i rispettivi Paesi d’origine più che per la Svizzera (la Nazionale è multietnica, ed è una delle sue forze), ma la palese provocazione rivolta alla Serbia è giunta da due rappresentanti in maglia rossocrociata. Prendere le distanze non avrebbe messo in croce Xhaka e Shaqiri (non è quello lo scopo), ma li avrebbe quantomeno richiamati alla responsabilità di calciatori che godono di una visibilità mondiale e che di tale notorietà non hanno il diritto di abusare, quantomeno non per i fini politici alla base del loro gesto.
L’azione incriminata può sì essere scatenata dall’irrazionalità delle emozioni (le provocazioni sono un alibi un tantino leggero, i calciatori di questo livello ne hanno già viste e vissute di tutti i colori), ma le sue conseguenze non sono state soppesate a dovere dai due protagonisti. Avendolo premeditato (alla spontaneità sull’onda delle emozioni stentiamo a credere), avrebbero dovuto riflettere su quali sarebbero state le reazioni. Quindi, delle due, l’una: o non sono stati in grado di fare una riflessione seria (essere stati incauti non li assolve), o se ne sono infischiati bellamente, concentrati com’erano sulla loro voglia di protagonismo, spacciata per un senso di appartenenza alle radici e alla famiglia lodevolissimo, ma non quando viene esibito sfruttando la mondovisione. Non a scapito del senso di responsabilità che dovrebbe albergare in ciascun essere umano, sportivi compresi.
Massimo rispetto per il passato, e per il vissuto anche tragico di certi popoli, ma non è sul campo da calcio, dove la posta in gioco è solo un misero risultato sportivo, che si devono sfogare certe tensioni. Si può anche tradurre un gol in rivalsa, personale e di tutta la propria famiglia, anche di un popolo intero, ma in quel caso l’esternazione deve tenere conto del contesto in cui avviene. L’esultanza anche sopra le righe è ammessa, siamo d’accordo, ma la provocazione gratuita no.
Suvvia, è fin troppo chiaro che la connotazione del gesto era politica. Mica hanno mimato un aquilotto che simpaticamente spicca il volo. È stato un gesto forte. Forte, simbolico e irresponsabile.
Se non lo fosse stato, se fosse stata una ragazzata dopo la quale minimizzare e andare oltre, non avrebbe sollevato il polverone che invece si è alzato, mettendo in ombra la prestazione sportiva, quella che poi ci si lamenta perché è passata in secondo piano. Se il dossier non fosse spinoso e la cosa seria, non ci sarebbe stato bisogno di una presa di posizione dell’Asf, né la Fifa avrebbe aperto un procedimento disciplinare, esteso anche a capitan Lichtsteiner, reo non tanto di aver assunto la difesa dei compagni (da buon capitano, non poteva agire diversamente, quantomeno non a caldo), bensì di un’imitazione del gesto solo abbozzata più che altro per farsi beffe dei compagni, ahilui ripresa dalle telecamere. Né, per chiudere, avremmo dovuto sorbirci la triste caduta di stile del ct serbo Krstajic, il quale ha parlato a sproposito di giustizia selettiva solo nei confronti della Serbia, e ha chiesto di mandare di fronte al tribunale dell’Aja (dove ben altri furono i fatti giudicati...) l’arbitro Felix Brych. Una dichiarazione di inaudita violenza, una violenza scatenata dal gesto riprovevole di cui sopra, che l’Asf ha preferito catalogare come un incidente di percorso dalla contenuta gravità. Se fosse stato grave, cosa avrebbe scatenato?