L’Ambrì si piega al Rapperswil nell’overtime (3-4). Di Maillet la prima rete stagionale dei biancoblù, imitato poi da Kubalik e Muggli
Il confine tra una vittoria e una sconfitta, a volte, può essere davvero esile. E allora basta un nonnulla per ribaltare tutto, passando dall’altare alla polvere o (e) viceversa. Contro il Rapperswil, nella prima stagionale, queste emozioni l’Ambrì Piotta le prova tutte, in una sorta di andata-ritorno-andata che si chiude con un punto per i biancoblù. Sì capaci di portare i sangallesi fino all’overtime al termine di una rincorsa durata quasi due tempi, ma pure incapaci di completare il rocambolesco comeback quando ne hanno avuto l’occasione. Quella che capita sul bastone di Müller a due passi da una porta sguarnitissima a una quarantina scarsa di secondi dalla terza sirena, col numero 17 dei leventinesi che svirgola il disco. Un vero peccato, perché sarebbe stata la ciliegina sulla torta di una serata raddrizzata cammin facendo e chiusa in netto crescendo. Poi, però, la doccia fredda di Jensen, che in backhand al 61’18” trafigge per la quarta (e ultima) volta Juvonen.
In sede di analisi, questi primi sessanta e rotti minuti di campionato dei biancoblù si prestano ad alcune considerazioni. Da una parte è innegabile che non ancora tutti gli ingranaggi funzionino a puntino (e ci mancherebbe). Soprattutto in difesa, dove spesse volte Juvonen (nemmeno lui esente da pecche) non è stato sorretto a sufficienza dai difensori, permettendo agli avversari di fiondarsi per primi sui rebound in più di un’occasione. Da migliorare, poi, è anche l’uscita dal terzo: «Loro hanno applicato un forechecking molto aggressivo, ma è innegabile che dobbiamo migliorare le nostre uscite dal settore difensivo», ammette Tim Heed. La partita con il Rapperswil, poi, lascia in bocca anche il gusto amaro del rammarico. Quello per il citato disco non capitalizzato da Müller nel finale dei tempi regolamentari, certo, ma anche quello per aver perso anzitempo Zwerger. Proprio quando l’austriaco sembrava aver ritrovato quella perfetta alchimia che aveva instaurato con Kubalik ancora ai tempi della Valascia, e che con il Rapperswil è sfociata nel 2-3 del ceco. «Dobbiamo anche riuscire a praticare un forechecking più aggressivo sull’avversario – prosegue nella sua analisi il difensore svedese –. Nei primi 40’ i sangallesi erano molto più presenti. Poi l’inerzia del confronto è cambiata, e nel terzo tempo siamo stati noi a gestire il gioco, dettandone il ritmo». «Peccato non averla vinta – gli fa eco Philippe Maillet –. È stata una partita tiratissima, e in futuro questo genere di confronti dovremo essere capaci di farli nostri. La mia rete? È arrivata al momento giusto: ha portato dalla nostra parte il ‘momentum’, che fin lì era in mano ai nostri avversari». Proprio il canadese, appunto autore del momentaneo 1-2, è tra le note positive della serata in casa biancoblù. Così come Ang, tra gli uomini di Cereda più in luce nella prima metà del confronto, e Muggli, buttato nella mischia al posto di Douay (tolto di scena da una discata nel primo tempo) e capace di cavare dal cilindro un numero da grande maestro per completare la lunga rincorsa dei leventinesi quando il tempo residuo era ormai agli sgoccioli.
Per coach Luca Cereda, «è stata una partita tutto sommato positiva, con diverse cose che hanno funzionato bene e altre no. Nei primi due tempi abbiamo concesso loro troppo spazio nella nostra zona difensiva, e questa è una cosa che andrà sistemata prima della prossima partita. Dobbiamo anche essere più veloci a smistare il disco in uscita dal nostro terzo».
“Il contatto fisico rilassa la mente”. È lo slogan che accompagna una delle pubblicità – che verte sull’importanza, anche, degli abbracci – che scorrono sul grande schermo del tabellone della Gottardo Arena durante le interruzioni di gioco. La prima volta, nel primo tempo, scivola via quasi inosservata. Ma poi, nella replica poco prima di metà partita, le cose cambiano: qualcuno, infatti, sembra essersene accorto. In particolare il biancoblù Dominic Zwerger e il ‘sangallese’ Jacob Larsson, che allo squillare della seconda sirena decidono di passare ai fatti e... mettere in pratica quanto suggerito dal tabellone. Se le danno di santa ragione, tanto che gli arbitri lasciano che i due si sfoghino per benino per diversi secondi prima di intervenire, quando ormai sono entrambi distesi sul ghiaccio, avvinghiati in una sorta di abbraccio. Eccola, la loro interpretazione di ‘contatto fisico’, presa né più né meno alla lettera. E il relax se lo prendono eccome, visto che per entrambi la partita finisce infatti lì. A ogni buon conto meglio prendere nota: in futuro per eventuali altri slogan, meglio evitare frasi del tipo “costa un occhio della testa (o altri organi)” o, ancora “vendere la pelle dell’orso”, non si sa mai...