Malgin, una delle star di questa Svizzera, parla della sua esperienza in Nordamerica e del suo futuro. ‘Quando ho saputo dello scambio ero sotto shock’
Di lui dicono che è una persona tranquilla, a cui non piace troppo essere sotto le luci della ribalta. Anche se sul ghiaccio, in verità, quando il disco arriva nel terzo avversario, con i suoi dribbling ubriacanti Denis Malgin non passa certamente inosservato. Lui che oltretutto è figlio d’arte, visto che suo padre Albert – che gli insegnò a giocare a hockey quando aveva appena tre anni – in Svizzera vestì le maglie di Coira, Bienne e Olten (la città che ha dato i natali al più giovane dei suoi due figli), prima di allenare a Martigny, Basilea e Seewen.
Arrivato a Riga come una star («per me è sempre stato chiaro che sarei venuto al Mondiale, nel caso in cui ne avessi avuto l’opportunità», dice senza esitazioni), Denis Malgin ora come ora non ha un contratto per la prossima stagione, quindi i campionati del mondo gli potranno anche servire da vetrina. Dopo che in una primavera piuttosto travagliata è stato costretto a fare le valigie per trasferirsi da Toronto (dove aveva collezionato soli quattro punti in ventitré partite) al Colorado, con la maglia degli Avalanche ha poi messo a segno 17 punti in 42 partite di regular-season. «All’inizio, quando ho saputo che mi avevano scambiato, ero scioccato – racconta il ventiseienne solettese che, dopo aver mosso i primi passi nelle giovanili del Bienne si era trasferito nell’organizzazione degli Zsc Lions –. L’ho saputo al mattino, quando sono arrivato per l’allenamento. Ho vissuto davvero un momento di stress, ma poi mi sono detto che, in fondo, andavo a Denver per giocare nella squadra che la stagione prima aveva vinto la Coppa Stanley. E poi, per dire il vero, negli Stati Uniti la vita mi piace pure di più. E il Colorado è un bel posto, si vedono anche le montagne, anche se la città non è grande come lo è Toronto. Poi, ho avuto la possibilità di giocare per la prima volta nei playoff Nhl, in un ambiente davvero speciale, peccato soltanto che non siamo riusciti ad andare avanti».
Insomma, tornato in nordamerica per la seconda volta dopo le quattro stagioni già vissute in Nhl tra il 2016 e il 2020, Malgin nel Colorado sembra aver trovato una nuova dimensione dopo un inizio di stagione non facile con i Maple Leafs. «In verità io trovo che a Toronto non ho giocato male. Il problema è che non segnavo, ma non sono nemmeno stato messo in condizione di farlo. Il fatto è che non è mai facile riuscire a emergere, questo indipendentemente dalla squadra in cui giochi. Lo sanno anche gli altri svizzeri, penso a quelli che conosco bene sin dai tempi di Zurigo, ovvero Pius Suter, Siegenthaler e Fiala: siamo cresciuti assieme e siamo arrivati dove avremmo voluto essere, ovvero in Nhl. Ed è normale: se chiedi a qualunque giocatore cosa vorrebbe fare nella sua vita, molti di loro ti diranno che vogliono giocare in Nordamerica. In ogni caso, da quando sono atterrato in Colorado le cose per me sono andate meglio, non soltanto sul piano dell’hockey ma anche a livello personale, e a quel punto i dischi hanno ripreso a entrare».
Ora bisogna soltanto capire cosa riserverà il futuro a Denis Malgin. Lui che, appunto, a Denver è in scadenza di contratto. «Adesso sono ‘Restricted free agent’ (in sostanza, può firmare ovunque in Nhl ma la franchigia per la quale gioca ora ha il diritto di fare una controfferta con una differenza massima del 10%, ndr), e vedremo cosa succederà. Trovo di essere reduce da una buona stagione, e di aver dimostrato di poter giocare in Nhl: nel mio futuro non vedo nient’altro». Insomma, una risposta indiretta a chi specula sul possibile ritorno in Svizzera di Malgin, lui nell’estate del 2021, un anno prima di volare in Canada, aveva sottoscritto un contratto valido fino al 2025 con gli Zsc Lions, e che – di conseguenza – nel caso in cui tornasse in patria sarebbe chiamato a rispettare.