Un ottimo Lugano costretto alla resa dal powerplay sangallese. Gianinazzi: ‘Dobbiamo crescere in boxplay e stare alla larga dalla panchina’
C’è una sensazione d’impotenza sui volti dei giocatori bianconeri. Impotenza certamente non legata né alla mole di gioco superiore da parte dei loro avversari, né alla qualità delle occasioni da rete che il Rapperswil riesce a creare in sessanta minuti. La frustrazione, semmai, sta nel fatto che è dura sul serio riuscire a imporsi in una corsa ad handicap quando di fronte c’è un avversario simile, capace di sfruttare addirittura quattro superiorità numeriche su quattro. Al di là dei demeriti avversari, oltretutto.
Così, in una domenica bestiale tutta passata a rincorrere, il Lugano deve metter fine alla striscia vincente di quattro successi filati. Nonostante, a ben vedere, i meriti dei ticinesi vadano al di là di ciò che dice il risultato, visto che a cinque contro cinque sono proprio i bianconeri a impressionare maggiormente: dischi recuperati, impegno fisico, determinazione, relativa facilità nell’arrivare nello slot e, di conseguenza, diverse ghiotte occasioni per segnare. Alcune trasformate, altre no. Più una rubata, si fa per dire, dall’accortezza della panchina sangallese: siamo al quarantasettesimo minuto, quindi un paio di minuti dopo il terzo gol di Schroeder, e Fazzini arma un tiro dei suoi lasciando di stucco Melvin Nyffeler, battuto sul primo palo. I bianconeri esultano, lo staff tecnico del Rapperswil invece mette mano al tablet e chiama subito il coach’s challenge, perché dalle immagini tivù ci si accorge che Troy Josephs ha un pattino nell’area di porta sangallese. Siccome (proprio su richiesta dei club, oltretutto) quest’anno in Svizzera s’è voluto puntare sulla tolleranza zero nell’area di porta, con l’obiettivo di tenere una linea che fosse la più uniforme possibile, dopo aver rianalizzato a video l’azione agli arbitri non resta nient’altro da fare se non annullare il gol. Ed è già la seconda volta che i direttori di gioco si debbono accomodare davanti alla moviola, dopo che nel primo tempo il gioco era andato avanti addirittura per più di due minuti, tra l’11’35’’ e il 13’51’’, prima che si verificasse una qualunque interruzione che potesse permettere agli arbitri di capire se quel tiro fulmineo di Connolly, l’autore del provvisorio 1-1, prima di tornare in pista avesse sbattuto sulla traversa o sulla parte interna della gabbia.
In quel primo tempo, tra l’altro, proprio le due penalità ingenue sul conto di Guerra e Morini erano costate ai ticinesi il gol dell’1-0 di Cervenka e quello del 2-1 di Noreau. Da quel momento in poi, i bianconeri hanno cercato di fare il possibile per evitare i falli non strettamente necessari, riuscendoci però soltanto in parte. «Se sono soddisfatto? A cinque contro cinque sicuramente – dice a caldo, ai microfoni di Rsi, il coach bianconero Luca Gianinazzi –. Direi che in situazione di parità numerica sul ghiaccio abbiamo fatto un’ottima partita: per il resto, dobbiamo imparare a stare lontani dalla panchina dei penalizzati e dobbiamo giocare meglio in boxplay. Sono queste le due cose che abbiamo imparato stasera».
Naturalmente, però, rimane l’amarezza per quel gol annullato a Luca Fazzini. Rete che nella scorsa stagione, prima che si dicesse d’inasprire la norma sulle invasioni di porta, sarebbe stata perfettamente regolare. «Trovo sia una regola controversa – aggiunge Gianinazzi –. Sin da quando i ragazzi hanno 13 anni insegniamo loro ad andare davanti al portiere per disturbarne la visuale, perché è uno dei modi che ti avvantaggia per segnare: è chiaro che, poi, se quando arrivi nel massimo campionato della medesima nazione non puoi più farlo perché non ti concedono i gol, è un po’ un controsenso». C.S.