Reduce da una stagione rovinata da un serio infortunio, il ventenne attaccante vodese sa di giocarsi tutto. ‘Vivo alla giornata, ma ti aiuta a crescere’
Ambrì – Promosso al centro della terza linea, sabato sera, nell’amichevole vinta sugli Eisbären di Berlino (con André Heim salito in seconda in virtù dell’assenza dell’infortunato Shore), in queste settimane di avvicinamento al campionato Josselin Dufey sa di giocarsi buona parte delle chance di restare in Leventina. «Di sicuro è già buona cosa poter tornare a giocare e avere a disposizione minuti di ghiaccio – racconta il ventenne attaccante vodese, nato nelle campagne del Lavaux –. Il fatto di essere finito in terza credo sia legato solo a quella partita: devo ancora trovare i miei spazi, abituarmi al tipo di gioco e soprattutto ritrovare l’intensità dopo il serio infortunio».
A proposito: il polso ora come va?
Direi bene, ma ho comunque bisogno di riabituarmi a ciò che facevo prima. Serve adattarsi al ritmo, riprendere le buone abitudini, e credo che le tre settimane intense che ho vissuto con l’Ambrì indubbiamente faranno bene.
Quanto può pesare un infortunio del genere?
Parecchio, perché sul piano psicologico sono momenti difficili: pensiamo solo al fatto di dover restare tanto a lungo senza potersi allenarsi, né giocare. Duca, Cereda e Matte mi hanno davvero aiutato molto, in questo: sono rimasti in contatto con me, si sono interessati a come stavo e non è così scontato quando sei un giovane. Basta quello a non farti sentire invisibile, a sentire di far parte del gruppo.
Quando si è una scommessa, come il Dufey allora diciottenne su cui l’Ambrì aveva puntato due anni fa con un triennale più opzione, è scontato che il periodo decisivo sia l’estate. Mentre gli altri se la prendono comoda, si fa per dire, voi giovani dovete dimostrare di valere il posto che occupate.
È così, anche se sappiamo tutti che una stagione è lunga e ricca di infortuni. Però (sorride, ndr) tocchiamo legno: io non auguro a nessuno di farsi male. Comunque è vero, noi giovani già ad agosto dobbiamo essere al cento per cento. Anzi, di più: non solo al coach, dobbiamo dimostrare anche ai compagni che fanno bene a riporre fiducia in noi. Infatti siamo qui per loro, per lavorare con loro, e quel posto lo meritiamo.
Ventidue partite in due stagioni con gli élite biancoblù, cinquantacinque con i Ticino Rockets e una sola in prima squadra con l’Ambrì, più le amichevoli: i veri compagni di Josselin Dufey chi sono?
Sono due anni che vivo alla giornata, senza sapere esattamente dove mi allenerò la volta dopo (ride, ndr). Ma di sicuro non è una brutta cosa: anzi, direi proprio che fa parte del processo di crescita. E quando da sopra ti dicono che la tua chance è arrivata non stai più nella pelle. Quell’energia positiva, che avverti quando la chiamata arriva, finirà per dare ulteriore slancio al tuo gioco, e la sfrutterai anche quando ti toccherà tornare nel farm team.
Quanto l’eredità delle tre stagioni vissute a Notre Dame, nelle giovanili canadesi, può aver aiutato a capire come funziona il business?
Diciamo che c’è una bella differenza tra l’hockey giovanile e quello dei professionisti che hanno una decina d’anni più di te. È vero, a Notre Dame sono stato anche capitano, quindi ho potuto avere un assaggio di cos’è la leadership, ma qui è totalmente diverso. Ed è un bene poter giocare presto con degli adulti per raggiungere una certa maturità.
Questa è la tua terza stagione in Ticino, ma guardando alla scadenza del contratto potrebbe anche essere l’ultima: quanto è forte la pressione, adesso?
La pressione indubbiamente c’è. Anche perché so di aver perso una buona metà stagione l’anno scorso a causa dell’infortunio al polso, e come se non bastasse l’anno prima di mesi ne avevo persi altrettanti per riadattarmi al nostro hockey. Quando sono rientrato dal Canada, infatti, a livello di gioco diciamo che non ero proprio esemplare. Quindi sì, adesso c’è molta pressione, ma non mi faccio troppe preoccupazioni: ho bisogno di giocare, che sia con l’Ambrì o con i Rockets, e ogni minuto che passerò sul ghiaccio lo sfrutterò per dare tutto me stesso.
In cosa devi crescere?
Sul piano del gioco, senz’altro, ma ho pure bisogno di avere più fiducia nelle mie qualità. E devo sfruttare meglio la mia velocità. Ma soprattutto devo giocare. Semplicemente. Senza pensarci su.
Dovessi scommettere su una tua permanenza ad Ambrì, quanto punteresti?
Non scommetterei e basta. Fosse per me, firmerei subito, ma appunto non sta a me. E direi che è davvero troppo presto per parlare del futuro. Mi serve ghiaccio, ho bisogno di giocare e voglio farlo divertendomi. Poi vedremo cosa succederà.