L’Ambrì Piotta di Luca Cereda è pronto a ritrovare la competizione. ‘È stata una pausa lunga, ora ci attende un tour de force’
Il campionato, per l’Ambrì Piotta, si è fermato all’11 novembre. Quella sera, un sabato, i leventinesi uscirono vittoriosi dalla sfida di Porrentruy contro l’Ajoie. Poi è arrivata la pausa per far posto alla Nazionale e, successivamente, quella, stavolta forzata, imposta dal coronavirus. Che ha rovinato i piani dei leventinesi per la fine dell’anno, cancellando gli ultimi impegni di campionato del 2021 e pure la partecipazione alla Coppa Spengler. Ma tutto questo è ormai un brutto ricordo: alla Gottardo Arena si è infatti già ripreso a lavorare, e pure con intensità, visto che all’orizzonte si profila una settimana particolarmente impegnativa per gli uomini di Luca Cereda, con tre partite in sei giorni. Covid-19 permettendo, visto che tanto la sfida con il Ginevra di domani è a rischio di rinvio per insufficienza di giocatori nelle file dei romandi visti i parecchi positivi (mentre quella contro il Berna di giovedì è nel frattempo già stata rinviata). «Finalmente la pausa per noi è finita – sottolinea il tecnico dei biancoblù –. È stato un lunghissimo stop, ma finalmente siamo pronti per riprendere il discorso là dove l’abbiamo interrotto a metà dicembre. A questa ripresa ci presentiamo in buone condizioni atletiche, e anche con un buon morale. Anche se per capire quanto saremo competitivi, fisicamente e psicologicamente, perché uno stop così prolungato porta con sé indubbiamente qualche incognita, dovremo attendere l’atto pratico del primo confronto. Anche perché negli scorsi giorni, vista la nostra condizione, di cose pianificabili ce ne sono state davvero poche». Una lunga pausa forzata che ha almeno avuto il pregio di permettere al tecnico di Sementina di recuperare tutti gli acciaccati. Uno su tutti Fora, pronto a riprendere il suo posto di leader del reparto difensivo dei biancoblù. «Sì, a Ginevra non dovremmo più accusare assenti per infortunio. L’inattività prolungata ha permesso a ognuno di recuperare da quegli acciacchi che bene o male sono all’ordine del giorno sull’arco di una stagione: questo, se vogliamo, è un risvolto positivo dello stop forzato a cui siamo stati costretti». Ma c’è però anche il rovescio della medaglia... «Essere costretti alla completa inattività per due settimane nel bel mezzo della stagione non è certo l’ideale, né per la condizione fisica, né dal profilo psicologico». Ti è mancata la Coppa Spengler? «Beh, era uno dei nostri obiettivi stagionali, e ci eravamo pure preparati in modo specifico per quell’appuntamento: ritrovarci invece a casa, costretti a trascorrere i primi giorni tra Natale e Capodanno sul divano, senza nemmeno poterci allenare, è stata una cosa dura da accettare, anche se d’altro canto non potevamo fare altrimenti... Il fatto che alla fine il torneo sia stato completamente cancellato ha reso il tutto un po’ meno amaro, ma anche così la mancata partecipazione a Davos è stata un grosso rammarico, anche perché eravamo stati costretti ad alzare bandiera bianca prima che la Spengler venisse appunto annullata, e dunque la nostra amarissima pillola l’avevamo già dovuta deglutire».
L’Ambrì Piotta, a ogni buon conto, da quest’ondata di ritorno ci è già passato e se l’è lasciata alle spalle. Altre squadre, come appunto il Ginevra e il Berna, sono ancora nel pieno della recrudescenza di contagi che li ha investiti: come si gestisce un periodo simile? «È vero che noi il peggio ce lo siamo lasciati alle spalle, ma anche così, come tutti, dobbiamo fare i conti con un periodo caratterizzato dalla grande incertezza. Adesso più che mai dobbiamo vivere il presente il più possibile senza curarci di ciò che potrebbe essere domani». Reduce da oltre tre settimane di pausa, l’Ambrì Piotta è pronto a rituffarsi nella realtà del massimo campionato. Che dopo altre quattro settimane (e dieci partite) osserverà però un altro stop per far posto alle Olimpiadi, dal derby del 27 gennaio, data dell’ultimo impegno pre-Pechino dei biancoblù, al 22 febbraio, quando gli uomini di Cereda saranno di scena a Losanna per la loro prima partita dopo i Giochi. Un ritmo certo non ideale: non sarebbe stato meglio giocare qualche partita delle parecchie rinviate durante lo stop olimpico? «Sicuramente sarebbe stato meglio dal profilo mentale e della preparazione atletica dei giocatori. Ma per una serie di ragioni, anche legate alla copertura televisiva, ciò non è stato possibile. Certo che sarà strano riprendere subito con un tour de force (giocheremo sei partite in sedici giorni), per poi dover staccare nuovamente la spina per quasi un mese appena qualche giorno dopo. D’altro canto è un aspetto che non possiamo influenzare né cambiare, per cui, a maggior ragione, cerchiamo di focalizzarci sul presente. Ogni giorno cerchiamo di costruire qualcosa, e l’indomani vedremo se potremo fare un ulteriore passo avanti oppure se rivedere le basi gettate il giorno prima».
Come hai vissuto questo stop prolungato? «Per mia natura non sono una persona che ama stare con le mani in mano, per cui questa inattività forzata ho fatto fatica ad assorbirla. Ho cercato di pianificare quel poco che si poteva, analizzando un po’ la nostra situazione e guardando gli altri campionati. E pure l’inizio dei Mondiali U20, prima che venissero a loro volta cancellati. Mi sono anche tenuto in contatto con altri allenatori in Nordamerica per cercare di carpire qualche trucco del mestiere. Insomma, ho cercato, per quanto possibile, di fare qualche passo avanti... dal divano di casa».
Nel frattempo, per la prosecuzione del campionato, la Lega ha votato l’aumento del numero minimo di giocatori necessari per disputare una partita, portandoli da dodici a quindici (più un portiere): come valuti questo accorgimento? «Trovo che sia stato un cambiamento opportuno. Soprattutto perché un po’ tutte le squadre in queste settimane saranno sottoposte a un carico di lavoro superiore alla norma. Noi, ad esempio, se dovessero essere mantenute tutte le partite in programma, ne disputeremo cinque in otto giorni: già con quindici giocatori arruolabili sarebbe dura, ma sarebbe impensabile giocarle con soli dodici giocatori di movimento. Il rischio di mettere in serio pericolo la salute dei giocatori sarebbe eccessivo». Una condizione, quella di una squadra a ranghi ridottissimi, con cui sarà confrontato domani il Ginevra Servette: non c’è il rischio che queste assenze sfalsino un po’ risultati e classifica? «A corto termine non penso, anche perché nel nostro campionato sono diverse le squadre che giocano in prevalenza con tre linee. A lungo andare, però, quando ti ritrovi davanti a un tour de force come quello che ci attende nei prossimi giorni, una rosa ridotta ai minimi termini può effettivamente rivelarsi problematica, anche perché a complicare ulteriormente il quadro possono subentrare altri infortuni. D’altro canto siamo comunque tutti più o meno sulla medesima barca, per cui il rischio che una situazione come questa possa effettivamente spostare gli equilibri del campionato è relativo. È comunque logico che chi ha maggiori mezzi a disposizione farà un po’ meno fatica rispetto agli altri, per i quali, ad ogni buon conto, questa situazione può anche rappresentare un’occasione per provare soluzioni alternative. Più che subirla passivamente, preferisco insomma pensare a questa situazione come un’opportunità».