Il ticinese: ‘Giocando in casa, moltiplicheremo i nostri sforzi per cercare il risultato anche a livello sportivo’
È una sorta di replica per Manuele Celio. Che due anni dopo la spedizione a Krasnoyarsk, in Russia, è pronto a raccogliere nuovamente la sfida di guidare la squadra svizzera di hockey alle Universiadi invernali. Una sfida che per il ticinese è ancora più intrigante, visto che la trentesima edizione della kermesse avrà il suo epicentro a Lucerna, con le partite del torneo maschile di hockey decentrate alla Bossard Arena di Zugo e quelle femminili a Sursee. «Quella maturata in Russia sarà sicuramente un’esperienza che ci tornerà molto utile per questa edizione – sottolinea lo stesso Celio –. A Krasnoyarsk era andata tutto sommato bene. Chiaramente non eravamo competitivi come lo erano una Russia o un Kazakistan, che hanno portato in pista una selezione che poco o nulla aveva da invidiare a una selezione nazionale a tutti gli effetti, ma ci siamo comunque comportati in modo più che egregio, togliendoci pure qualche bella soddisfazione, fra cui il successo sulla Svezia. Il nostro è comunque stato un risultato notevole, considerando che nella rosa avevo solo un paio di elementi che avevano maturato esperienza in Swiss League e qualcun altro in Prima Lega. In sé, sportivamente parlando, in Russia ci eravamo andati senza particolari obiettivi sul piano sportivo, consci dei nostri limiti per rapporto alla concorrenza. A cominciare dai padroni di casa, che hanno interpretato il torneo come fosse un’Olimpiade vera e propria, anche per fare bella figura davanti alle massime autorità del loro Paese, visto che alla cerimonia di apertura aveva presenziato Putin in persona, mentre il suo braccio destro Medvedev era stato l’ospite d’onore di quella di chiusura. Per noi è comunque stata una grandissima e utilissima esperienza».
Quest’anno però, per voi, le cose cambiano, visto che sarà appunto la Svizzera a fare gli onori di casa in questa trentesima Universiade invernale… «Beh, quest’anno sì, qualcosa effettivamente cambia per noi. Saremo i padroni di casa, e logicamente moltiplicheremo i nostri sforzi per cercare anche il risultato a livello sportivo. In più, complice la pandemia, questa edizione va in scena con sei mesi di ritardo rispetto alla scaletta originale, cosa che mi dovrebbe permettere di allestire una rosa più competitiva. Oltre che con i rigori delle temperature di fine febbraio–inizio marzo, a Krasnoyarsk avevo pure dovuto fare i conti con qualche reticenza da parte di taluni club nello svincolare questo o quel giocatore perché impegnato con la sua squadra nei playoff. Quest’anno sotto questo aspetto non dovrebbero esserci problemi per allestire una rosa competitiva, visto che l’Universiade è stata programmata dall’11 al 21 dicembre, ossia proprio nel periodo in cui anche i vari campionati dovrebbero essere fermi per il break internazionale. Ciò potrebbe aprire le porte della mia selezione anche a qualche studente universitario che milita in National League...». E non sono pochi quelli che appunto abbinano una carriera con un bastone in mano e i pattini ai piedi a quella fra i banchi di una scuola universitaria: «Sì, quasi ogni squadra di Lega Nazionale ha uno o due studenti universitari nelle sue file. E sono anche di più in quelle squadre di una cittadina universitaria, come Friborgo, Losanna, Zurigo o Ginevra… E poi non va dimenticato che nel novero dei selezionabili rientrano pure gli studenti che seguono i corsi delle scuole universitarie professionali. A patto che, in ogni caso, abbiano meno di 25 anni».
C’è anche qualche ticinese fra i potenziali papabili per un posto nella selezione di Manuele Celio? «Qualcuno con il potenziale per una selezione effettivamente c’è, anche se devo ancora guardare di fino le liste complete dei giocatori arruolabili. Nelle scorse settimane abbiamo invitato tutti i club, dalla National League fino alla Prima Lega, a volerci fornire una lista di tutti gli studenti di una scuola universitaria tesserati per loro. In base a questo elenco cercheremo di fare una prima selezione e poi, idealmente in agosto o settembre, organizzeremo una giornata per conoscerli un po’ più da vicino e scremare ulteriormente il gruppo. Ovviamente ci sarà gente che bene o male avremo già visto calcare la scena di National o Swiss League, ma ci saranno altri che sarà interessante scoprire. Non avremo la possibilità di fare un vero e proprio campo di allenamento, ma cercheremo di sfruttare nel migliore dei modi quegli incontri per capire il potenziale che ognuno ha».
Per alcuni di questi giovani, l’Universiade potrebbe rappresentare un interessante trampolino di (ri)lancio della propria carriera hockeistica, oltre che una vetrina per farsi notare a livello internazionale: «Indubbiamente. Si tratta di un’occasione unica per respirare un po’ d’aria internazionale, di confrontarsi con altre realtà e altre culture. Per questi giovani, l’Unversiade può anche essere lo stimolo che stavano cercando per andare alla ricerca di altri traguardi sportivi, come potrebbe essere la partecipazione a un’Olimpiade vera e propria». E per te, cosa rappresenta questo incarico? «È un onore e un onere. Ma soprattutto un piacere: quello di portare la mia esperienza maturata prima come giocatore che ha partecipato a un’Olimpiade, poi come studente del Politecnico e non da ultimo come head coach delle Nazionali U18 e U20 e di assistente di quella maggiore a un gruppo di giovani, guidandoli in un torneo internazionale di livello. La mia missione in questo gruppo sarà quella di cercare di predisporre tutto al meglio affinché questi giovani siano nelle condizioni di dare il massimo delle loro possibilità».