Il punto alla situazione in casa Ambrì Piotta a metà del guado della stagione regolare dei leventinesi con il direttore sportivo Paolo Duca
Mentre il Berna è ancora fermo a quota 19 partite, raggiunte il 5 gennaio, Rapperswil e Ambrì Piotta, che sono quelle che ne hanno giocate più di tutte le altre, hanno già oltrepassato da un po’ il giro di boa di metà stagione: ventinove partite a testa. Per un bottino che, tanto per i sangallesi quanto per i biancoblù, si attesta a quota 32 punti, per una media di 1,10 punti a partita. Un bilancio che soddisfa? «Sì e no, sia per risultati, sia per prestazioni – commenta il direttore sportivo dell’Ambrì Piotta Paolo Duca –. La squadra ci ha messo un po’ a carburare, ma poi, strada facendo, ha preso slancio: abbiamo avuto anche delle gran belle prestazioni, ricavandone però un po’ poco in termini di risultati. Trovo che la squadra abbia comunque lavorato bene, adattandosi in maniera ottimale a una situazione che per tutti era qualcosa di inedito e non facile gestire, tanto sul piano fisico quanto su quello mentale. Il nostro prossimo obiettivo, a cui stiamo in verità lavorando da diverse settimane, è quello di ricercare maggiore costanza nelle prestazioni, perché ancora troppo spesso non riusciamo a dare l’auspicato seguito alle ottime prestazioni».
Un discontinuità di risultati e prestazioni imputabile, in parte, anche alla pandemia, che sta scombussolando i piani di un po’ tutte le squadre. Una (il Berna) già costretta a fermarsi tre volte da ottobre a oggi per osservare una quarantena, diverse altre confrontate con due stop. In Leventina, da questo punto di vista, è andata un po’ meglio, visto che gli uomini di Luca Cereda, per ora, restano fermi a quell’unica quarantena di inizio novembre, quasi in concomitanza con quella che sarebbe dovuta essere la prima pausa per lasciar posto alla Nazionale. «Sì, in un certo senso finora ci è andata bene sotto questo aspetto, anche se penso che si tratti più di fortuna anziché di meriti particolari: certo, abbiamo sempre cercato di osservare in maniera scrupolosa i protocolli sanitari, come sono comunque certo che abbiano fatto tutte le altre società, Berna compreso. È però anche vero che il fatto di essere stati costretti a un solo stop forzato ci ha portati a giocare praticamente ininterrottamente per diversi mesi, e alla lunga questo si fa sentire: nell’hockey professionistico le pause sono necessarie per rifiatare. I giocatori sono abituati a quei break internazionali che questa stagione la pandemia ha di fatto azzerato. Per noi, lasciata la quarantena alle spalle, da novembre in poi è stata un’unica tirata, con tutte le conseguenze del caso, a cominciare da un certo affaticamento. E a peggiorare il quadro della situazione è tutta quell’incertezza dettata dalla pandemia che permea un po’ tutto, hockey compreso: flessibilità e adattamento ai frequenti cambiamenti di programma comporta un ulteriore dispendio di preziose energie. Tutte premesse che comportano un certo rischio maggiorato di infortuni, tendenza che del resto si registra in quasi tutti i club della Lega». Parole, quelle del direttore sportivo dell’Ambrì Piotta, che sono ben riassunte dal bollettino dell’infermeria biancoblù: martedì, a Langnau, a mancare all’appello di Cereda causa acciacchi vari erano otto giocatori (Bianchi, Conz, D’Agostini, Isacco Dotti, Incir, Kneubuehler, Mazzolini e Nättinen). Rispetto a un anno fa come sta andando sotto questo punto di vista: avete fatto paragone per natura e gravità degli infortuni con la passata stagione? «In generale, ritengo ci sia una certa correlazione tra il numero degli infortuni e lo stress derivato da un periodo prolungato di attività senza sosta. Nello specifico, per quantità di giocatori feriti siamo comunque in linea con la passata stagione: non ho notato cambiamenti significativi».
Perdendo anche Nättinen, però, visto il protrarsi della convalescenza di D’Agostini, sullo scacchiere di Cereda però ci sono solo due pedine d’importazione. E lo stesso coach, al termine della partita di martedì, aveva espresso il desiderio di tornare sul mercato per allargare la rosa: vi state muovendo in questo senso? «Siamo sempre vigili sul mercato. Ma lo siamo con un occhio, mentre con l’altro ben attento a quelle che sono le nostre possibilità. Vogliamo far tutto il possibile per mettere la squadra nella condizione di essere competitiva, dotando il suo arco di tutte le frecce necessarie, ma facendo il passo sempre secondo la gamba dal punto di vista finanziario. Ciò detto, se dovessimo trovare la soluzione che faccia al caso nostro, siamo più che pronti a muoverci». È un buon periodo per guardare al mercato? «Ci sono diversi giocatori ancora alle prese con campi allargati e ’tryout’, attualmente senza contratto ma con ancora qualche carta da giocare, per cui ora come ora non è forse il momento ideale per portarsi a casa qualche pezzo pregiato. I giovani in particolare, preferiscono prima giocare tutte le loro carte prima di prendere delle decisioni».
Detto del presente, parliamo del futuro: come ti stai muovendo sul mercato internazionale in vista della prossima stagione? «Al momento attuale è praticamente impossibile agire in proiezione futura: ci sono ancora troppi aspetti che prima devono essere regolati prima di pensare a una pianificazione a medio termine. A cominciare dalla questione legata ai contributi a fondo perso, alle condizioni che andranno soddisfatte per potervi accedere... In attesa che vengano regolare queste questioni, non possiamo far altro che focalizzarci su questa stagione».