Sul tavolo la scissione tra Lega e Federazione, i diritti tv, ma anche il numero degli stranieri, promozioni e retrocessioni e 'salary cap'
Non bisogna attendersi grandi decisioni, ma neppure si può dire che mercoledì sia un giorno banale, per l'hockey su ghiaccio. Sono infatti tanti - e importanti - i temi sul tavolo in occasione dell'assemblea chiamata a chinarsi sul futuro della disciplina che sarà poi deciso il prossimo 27 agosto.
Un comitato ad hoc ha lavorato per due giorni alla seduta nella quale si discuterà, tra gli altri argomenti, di promozioni e relegazioni. Le quali, ricordiamo, sono già state congelate, per quanto attiene la prossima stagione di National e Swiss League, anche se ci sono società che vorrebbero estenderne il blocco per più campionati, in quanto alle prese (si teme per qualche anno ancora) con le pesanti conseguenze finanziarie della crisi sanitaria che ha bloccato i tornei.
Considerato che in futuro la National League potrebbe ospitare più squadre, in discussione vi sarà anche l'aumento del numero di stranieri per club, anche perché già con la situazione attuale a dodici compagini, la domanda di giocatori è superiore all'offerta, con la relativa esplosione dei salari anche di elementi di basso profilo che gravano su casse societarie già provate dalla pandemia.
Altra questione aperta che gode di un certo sostegno da parte dei club è il "salary cap" o fairplay finanziario che presuppone un tetto agli stipendi. Un limite che, se sorpassato, comporterebbe delle sanzioni finanziario per i club trasgressori.
Il tema più caldo, però, non riguarda il gioco o la formula, bensì la struttura stessa della Lega: National e Swiss League vorrebbero infatti rendersi indipendenti dalla federazione svizzera. I club resterebbero soci della Sihf (Swiss Ice Hockey Federation), ma potrebbero costituire una Società anonima, comparire nelle trattative come persona giuridica e gestire direttamente la vendita dei diritti televisivi relativi alle partite. Così facendo, i soldi derivanti dai diritti televisivi non finirebbero su un conto della federazione, bensì direttamente nelle casse della Lega. La quale, poi, ne verserebbe una parte alla Sihf, per finanziare la formazione e le squadre nazionali.
Le strutture della federazione della federazione cambiano in media ogni dieci anni. La Lega viene riformata anch'essa regolarmente. È da un paio di decenni che i club rivendicano maggiore potere, per cui questo potrebbe davvero essere l'anno dei grandi cambiamenti. In tal senso, un primo impulso lo diede Philippe Gaydoul, artefice della riforma ormai datata 2009 che per la Sihf comportò il passaggio da un gremio di sei persone (con tre rappresentanti della Lega) a un comitato centrale con cinque membri. tre dei quali sempre in rappresentanza della Lega.
«Il problema - ricorda Gaudenz Domenig, presidente dell'Hc Davos - è che anche se provengono dalla Lega, i dirigenti che entrano a far parte della federazione, dal momento in cui vi mettono piede non fanno che i suoi interessi, e quelli della Nazionale». Domenig sa di cosa parla, perché fu l'ultimo presidente dell'allora Parlamento dell'hockey smantellato proprio per effetto della citata riforma del 2009.
Insomma, l'attuale struttura non soddisfa le società. «È la Lega - rincara Domenig - a incassare i soldi, ragion per la quale spetta a noi il diritto di decidere chi riceve, e quanto».
Alle società brucia che la Lega non ha il controllo sui costi della Federazione. Diciassette anni fa alla Sihf mancavano 4,7 milioni di franchi. Furono giorni febbrili, in 40 giorni bisognava 1,1 milioni per evitare il fallimento. «In quell'occasione la Lega salvò la federazione». Domenig è conscio che nel frattempo le condizioni sono decisamente mutate, ma ritiene che in federazione confluiscano risorse esagerate. Un parere condiviso da altri colleghi. Stando infatti all'ultimo resoconto finanziario, la Sihf spende 14 milioni solo per il personale, le riserve ammontano a 2,5 milioni. Cifre importanti, in un momento storico in cui i club lottano quotidianamente per ogni singolo franco.
L'hockey svizzero dai diritti televisivi incassa più di 35 milioni a stagione: le società si devono accontentare di 22, i restanti 13 restano in federazione, che nel pacchetto dell'offerta inserisce solo le amichevoli della Nazionale e paga 12,5 milioni di provigione alla "Profile Partners München".
Presidente della federazione, Michael Rindlisbacher è conscio della volontà di maggiore autonomia da parte dei club, per cui sul tavolo delle trattative ci sono delle proposte e una bozza di progetto. Si tratta però di colmare il divario tra quanto chiesto dai club e quanto invece offerto dalla federazione: gli introiti dei diritti televisivi confluiranno in un conto gestito dalla Lega. Per le sue spese, la federazione dovrebbe poi fare richiesta alla Lega stessa, la quale poi concederebbe i finanziamenti richiesti. «La federazione - interviene Marc Lüthi, Ceo dell'Sc Berna - potrà in ogni momento chiederci soldi per i progetti che ha. Da parte nostra, ci impegneremmo a fare in modo che alla formazione e all'hockey amatoriale arrivano i finanziamenti di cui necessitano. «Il rapporto tra i rappresentanti della Lega e le Nazionali - aggiunge Domenig - sono eccellenti. Non c'è club che non veda l'importanza di una Nazionale di successo per tutto il movimento hockeistico elvetico».
Si annunciano tempi cupi, per la federazione. Sulla falsa riga di quanto è avvenuto nello sci con l'esplosione del "caso Lauberhorn". Anche lì la federazione incassa i diritti televisivi che sono per lo più dovuti ai singoli organizzatori delle gare. Nel caso dell'hockey, la Sihf è in balìa dei club, se questi decidono di rendersi indipendenti. Dovrebbe limitare il proprio raggio d'azione e agire al risparmio.