Hockey

La parabola del figliol prodigo

Michael Fora è tornato ad allenarsi ieri con l'Ambrì dopo l'avventura negli States: 'Deluso,n ma nemmeno tanto. Avevo già intuito quale potesse essere il mio destino'

23 ottobre 2018
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Ambrì –  Cappellino sulla testa, quello dell’Ambrì Piotta col numero 29, borsone rosso e bastone sotto il braccio. Bastone peraltro recuperato in fretta a casa, visto che quelli usati oltre Oceano non erano ancora arrivati a destinazione. È così che si ripresenta alla Valascia Michael Fora. Che, prima di raccontare della sua esperienza nordamericana, si concede un’oretta di ghiaccio, con qualche esercizio di controllo del disco, una rigenerante pattinata e due parole con Lerg, al suo terzo allenamento sul ghiaccio. «Bryan mi ha parlato della sua esperienza oltre Atlantico, e mi ha raccontato dei suoi primi mesi qui, della situazione della squadra – spiega poi il giubiaschese –. Anche se durante la mia permanenza negli Stati Uniti mi sono tenuto aggiornato sull’Ambrì e ho pure visto qualche partita». Nel rimettere piede in pista, il suo sguardo è subito corso verso le volte della Valascia. Cosa hai provato? «Una grande emozione. È come se il tempo si fosse fermato, anche perché, a dire il vero, di tempo dalla mia partenza non ne è passato moltissimo». E soprattutto  meno di quello che si augurava... «Un po’ di delusione per come è andata c’è, ma meno di quanto mi aspettavo. Alla fine è prevalso l’orgoglio: quando il coach mi ha comunicato le sue intenzioni, ho subito capito che la scelta migliore che potessi fare era quella di tornare qui. Non ho dovuto pensarci molto: il mio istinto e il mio cuore mi hanno indicato la via. Sin dall’inizio era chiaro che sarebbe stata dura. Al camp ci sono molti ragazzi pronti a battersi al massimo per un posto in squadra; io ero e sono consapevole dei miei limiti. Non avendo giocato nemmeno un’amichevole con i Carolina Hurricanes, ho tirato le somme e capito che le mie chance erano minime. Bene o male avevo intuito cosa sarebbe stato di me: forse è anche per questo che la delusione è stata minore. Nelle settimane successive ho avuto modo di farmi un’idea di quale sarebbe stato il mio destino, e quando è arrivato quel momento, quasi me l’aspettavo». Meno, forse, il suo passaggio dalla Ahl alla Echl... «Avrei accettato di restare per un po’ in Ahl, ma non la prospettiva di finire in un campionato minore. E infatti non ho accettato la proposta di trasferimento in Florida, e ho deciso di tornare. Quando sono arrivato a Charlotte ho lavorato tanto sul ghiaccio, ma non ho avuto grandi colloqui con lo staff tecnico: non mi hanno dato molte motivazioni sulle loro scelte, a parte alla fine, quando mi hanno comunicato la loro intenzione di dirottarmi in Echl».

Esperienza comunque utile

Cosa ti è rimasto della tua seconda parentesi oltre Atlantico (nel 2014/15 aveva già giocato con i Kamloops Blazers, in Whl, ndr)? «È stata un’esperienza che mi ha fatto crescere, come persona e come giocatore. Toccare con mano la Nhl, e vedere cosa serve per arrivarci, allenarsi con grandi giocatori e vedere come si preparano, cosa fanno dentro e fuori dal ghiaccio, è stato istruttivo: ne farò tesoro. Anche se corta, è stata un’esperienza che mi tornerà sicuramente d’aiuto. In quel poco tempo che sono rimasto negli States ho avuto la conferma di quali sono i punti su cui devo ancora lavorare». Ad esempio? «Il pattinaggio, soprattutto. Un aspetto, questo, che mi ha un po’ frenato in tutti questi anni». Lasciati gli Stati Uniti, Michael Fora ritrova l’Ambrì Piotta. Che dall’anno scorso è un po’ cambiato, o no? «Da quanto ho visto, la squadra ha fatto un bel passo avanti, e adesso deve proseguire nel solco. Io, invece, dovrò lavorare duramente per reintegrarmi nel gruppo e ritrovare il feeling personale sul ghiaccio. Ma conosco gran parte dei compagni e ho fiducia in loro, come loro ne hanno in me, e questo sicuramente aiuta».

Il sogno della Nhl di Michael Fora è stato definitivamente accantonato o è solo un arrivederci? «Non si sa mai. Non l’ho messo definitivamente da parte. Ma ora è sicuramente il momento di lasciarsi alle spalle ciò che è stato il passato e concentrami sull’Ambrì Piotta». Un Ambrì Piotta che nel frattempo ha trovato in Elias Bianchi il suo nuovo capitano... «La ‘C’ sul petto era sicuramente qualcosa di speciale, ma non è una lettera sulla maglia che fa di te un leader della squadra. E soprattutto non sarà una ‘C’ che cambierà la mia persona, cosa che del resto avevo già detto l’anno scorso quando l’avevo ricevuta». 

‘Utile la sua intensità in partita e allenamento’

Ambrì – Quando Fora rimette piede sul ghiaccio della Valascia, attorno a mezzogiorno, il cerchio abbozzato un venerdì di metà giugno (il 15) – giorno in cui viene fatto l’annuncio della sua firma (un biennale two-ways) con i Carolina Hurricanes – si chiude. Un mese e mezzo dopo (il 29 luglio), il giubiaschese saluta per l’ultima volta la Valascia in occasione della presentazione al pubblico della prima squadra per la stagione 2018/19. Il resto è storia recentissima: domenica l’Ambrì Piotta annuncia il ritorno del figliol prodigo, che l’indomani mattina (ieri) si ripresenta alla Valascia.

«Personalmente il suo ritorno non può che farmi piacere – sottolinea il tecnico dei leventinesi Luca Cereda –. Una delle sue doti è quella di essere un grande lavoratore: l’intensità che ci mette, tanto in partita quanto in allenamento, sarà assai utile alla squadra. Porterà benefici sia nelle partite, sia in allenamento. Col suo rientro nei ranghi possiamo disporre di cinque linee difensive, cifra con cui mi piace lavorare in allenamento. Sicuramente questo alzerà la sana competizione interna per un posto da titolare, e noi, come staff tecnico, avremo più possibilità fra cui scegliere su chi mandare in pista. In ogni caso, prima della fine avremo bisogno di tutti. Del resto, la concorrenza è la migliore benzina per gli allenamenti».

Fosse già schierabile contro il Friborgo, lo manderesti già in pista? «È una possibilità che non escludo a priori, visto che si è tenuto in allenamento. Ma ci sono anche altri fattori da considerare, come il jet-lag, oppure il fatto che ora come ora abbiamo trovato un certo equilibrio nel reparto difensivo: dovremo valutare bene i pro e i conto».